Esteri

Taiwan, storia di un voto apparentemente democratico

15
Gennaio 2024
Di Flavia Iannilli

“Taipei non è mai stato uno Stato e mai lo sarà”. Nel day after delle elezioni a Taiwan quasi tutto il mondo si congratula con il candidato del Partito Democratico Progressista (DPP) William Lai Ching-te per la vittoria. A storcere il naso una Cina che non vede di buon occhio le posizioni del vincitore, noto per essere contrario alle ingerenze cinesi.

La vigilia del voto
Il 12 gennaio 2024 arriva la specifica della messa in campo di tutte le misure necessarie per interrompere qualsiasi tentativo di indipendenza di Taiwan da parte dell’esercito popolare di liberazione della Cina. Queste le intenzioni dichiarate dal portavoce del ministero della Difesa cinese, Zhang Xiaogang, il quale, in un attacco al Partito Democratico Progressista, ha aggiunto: «per i propri interessi egoistici spendono i sudati soldi del popolo per comprare armi statunitensi».

Puntualizzazioni che si sono allargate a macchia d’olio fino all’Australia. L’ammonimento arriva dall’ambasciatore cinese a Canberra: eventuali “errori di calcolo” nei rapporti con il nuovo governo di Taipei vedrebbero il popolo australiano “spinto oltre l’orlo di un abisso”. Intervento concluso con un avvertimento tutt’altro che democratico: «Vorrei sottolineare che Taiwan è la Taiwan della Cina, una parte inalienabile del territorio cinese».

Parole seguite dalla rilevazione di 8 jet e 6 navi militari cinesi intorno all’isola di Formosa nelle 24 ore che hanno preceduto l’apertura degli oltre 18mila seggi.

Il voto
Grande partecipazione popolare ed entusiasmo collettivo, alle urne il 70% degli aventi diritto. A due ore dall’inizio dello spoglio Lai Ching-te ha ampliato il proprio vantaggio rimanendo in testa con il 43% dei voti; seguito da Hou You-ih, candidato del Kuomintang (Kmt) partito di opposizione nettamente più aperto al dialogo con la Cina. Al terzo posto Ko Wen-jie del Partito Popolare di Taiwan (Tpp), formazione moderata e centrista, con il 22%.

La vittoria di William Lai Ching-te
Una democrazia in cui gli sconfitti non contestano il voto. Hou Yu-ih, candidato dei nazionalisti filo-cinesi (Kmt), ha ammesso la sconfitta: «Grazie a tutti. Ho fatto del mio meglio sono molto triste di non aver potuto completare il cambio di governo». Ed è proprio la democrazia il focus del discorso di Lai Ching-te: «Questa sera abbiamo dimostrato al mondo quanto Taiwan abbia a cuore la sua democrazia. Il popolo taiwanese ha resistito con successo alle pressioni di forze esterne per influenzare le elezioni». Parole spese a spoglio quasi ultimato con il 98% delle schede scrutinate e un 40,2% di voti per William Lai contro il 33,4% del principale rivale Hou Yu-ih.

Il “segnale gravemente sbagliato”
Se da una parte Taiwan non ferma la propria crociata volta a sollecitare la Cina ad “affrontare la realtà” e a rispettare il risultato delle elezioni rinunciando ai piani di repressione di Taipei affinchè si possano creare delle interazioni positive tra le due sponde; dall’altra Pechino continua con la linea rossa e rincara la dose: “Esiste una sola Cina e Taiwan ne fa parte” ha dichiarato il ministro degli esteri cinese, Wang Yi. Dichiarazioni che arrivano dopo le congratulazioni del segretario di stato americano a William Lai Ching-te. Una contrapposizione che non trova pace. Pechino sottolinea di aver duramente contestato la posizione del Dipartimento di Stato americano sulle elezioni a Taiwan poiché in grave violazione sia del principio dell’Unica Cina, sia dei tre comunicati congiunti sino-americani. A quanto pare, stando alla posizione cinese, gli Stati Uniti hanno inviato un “segnale gravemente sbagliato”, sulla base del quale la Cina ha intenzione di presentare “severe rimostranze”.

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