Da Vertice della speranza a Vertice degli assenti: l’incontro di Istanbul tra Ucraina e Russia alla fine si trasforma in un Vertice fantasma, ci sono delegazioni di medio/basso livello, non ci sono i leader: la formula «Vertice degli assenti» è ricorrente sui media Usa e non solo. Nessuno dei tre leader attesi, più o meno pretestuosamente, sul Bosforo, i presidenti ucraino Volodymyr Zelensky, russo Vladimir Putin e Usa Donald Trump, si presenta all’appuntamento; tutti delegano loro emissari.
Trump, che pure nelle varie tappe della sua missione in Medio Oriente aveva alimentato la suspense a forza di «potrei andare», o oggi o domani, alla fine taglia corto: «Non succederà nulla – dichiara, parlando ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, in volo dal Qatar agli Emirati Arabi Uniti – finché io e Putin non c’incontreremo» (con buona pace di Zelensky, di nuovo relegato al ruolo di «yes man»). Dagli Emirati, Trump rientrerà a Washington in giornata.
I media Usa un po’ ci sguazzano: i primi colloqui di pace tra Ucraina e Russia in tre anni abbondanti «dovevano iniziare giovedì, ma fra reciproche rivendicazioni e accuse, sono stati rinviati a venerdì», cioè a oggi, scrive il New York Times. Ma la delusione è più percepibile in Europa che in America: al Vertice della speranza, giornali, tv e social americani non avevano mai creduto davvero.
MO: Trump nel Golfo fa affari, ma attira pure critiche
Non a caso, i titoli d’apertura sono dedicati alla missione in Medio Oriente del magnate presidente, che il New York Times chiama l’«Outsourcer in Chief», accusandolo di «dare via il futuro dell’America hi-tech» con gli accordi d’affari conclusi a Riad, Doha e Abu Dhabi in questi giorni: secondo il giornale, ci sono divisioni, all’interno dell’Amministrazione, se Trump non stia «trasferendo oltre-oceano tecnologie dell’IA cruciali».
Sempre il New York Times vede un Trump «vendicativo in patria e capace di perdono nel Golfo», dove dice ai suoi interlocutori di volere mettere da parte i dissensi del passato, sulla democrazia o sulla parità di genere, in nome della pace e, soprattutto, del profitto. «Non vi diremo più come dovete vivere» – afferma – «se voi ci fate vivere meglio e diventare più ricchi – me, la mia famiglia e i miei sodali in primo luogo».
Altri due titoli sono per l’Iran – Trump dice che i negoziati con l’Iran sul nucleare sono «molto seri» – e alla Siria, la cui ripresa delle relazioni è confermata dall’incontro del segretario di Stato Marco Rubio con il suo omologo siriano, dopo che il presidente aveva incontrato il nuovo leader.
Per la Cnn, Trump «ha messo da parte il suo isolazionismo» nel viaggio in Medio Oriente, mentre il Wall Street Journal parla della «bromance» fra Trump e i leader arabi incontrati, specie il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che il magnate presidente trova «handsome and attractive». Il Washington Post ripropone le preoccupazioni del NYT sull’IA e parla di «atteggiamento meno prudente sulla disseminazione della tecnologia IA ai partner stranieri».
C’è attenzione pure per le aperture di Trump alla Siria, «sdoganando» i nuovi leader – finora terroristi – e levando le sanzioni, e per i negoziati sul nucleare con l’Iran. In un commento, Fareed Zakaria nota che il cambio di rotta di Trump sull’Iran potrebbe essere la decisione più gravida di conseguenze del secondo mandato del magnate presidente.
Ucraina: l’importanza di parlarsi, anche se non al Vertice
Per Stefano Feltri, sui suoi Appunti, il flop di Istanbul conferma che il problema per la pace è Putin e non l’Ucraina o i Paesi europei «bellicisti». In realtà, Zelensky voleva trasformare in un Vertice l’apertura di Mosca a negoziati con Kiev, un Vertice fuori luogo e fuori tempo: i leader di solito s’incontrano al termine di un processo negoziale che ha già definito punti di contatto e magari lasciato aperto qualche passaggio cruciale; non all’inizio, quando tutto è fluido.
Alla fine, com’era prevedibile, a Istanbul si sono ritrovate delegazioni di livello medio/basso, senza ministri degli Esteri. Zelensky arriva ad Ankara per incontrare il «mediatore in capo» sull’Ucraina, cioè il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ma poi non si sposta sul Bosforo, dove, secondo lui, va in scena «più una farsa che una cosa seria». Durissima la risposta della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova: «Chi usa la parola “farsa” è un pagliaccio, un fallito…».
Resta, però, l’importanza di tornare a parlarsi, per la prima volta da quel marzo 2022, a invasione appena iniziata. La delegazione russa è la stessa di allora: il consigliere di Putin (ed ex ministro della Cultura) Vladimir Medinsky e il vice-ministro degli Esteri Alexander Fomin. Quella ucraina ha a capo il ministro della Difesa Rustem Umerov. Per gli Usa, il segretario di Stato Marco Rubio, che era già in Turchia, ad Antalya, per una riunione della Nato, è «scortato» dall’inviato speciale Steve Witkoff. Luogo dell’incontro, il Palazzo Dolmabahce.
L’Ucraina, sostenuta in questo dall’Ue e da Trump, chiede «una tregua incondizionata di 30 giorni». La Russia rifiuta, temendo che Kiev ne approfitti per riarmarsi; e chiede a sua volta i territori finora occupati e lo stop all’invio di armi all’Ucraina. «Siamo pronti a riprendere il corso dei negoziati, siamo pronti a compromessi», fa sapere Medinsky, che vuole dare un messaggio di ragionevolezza.
Secondo Mattia Bernardo Bagnoli, l’inviato dell’Ansa, «il Cremlino, spiazzato da Zelensky che voleva trasformare Istanbul nel “summit dai mille e un negoziato”, tenta di costruire una cortina fumogena intorno al potenziale flop, ad uso e consumo di Trump e del cosiddetto Sud globale, dove è alla costante ricerca di consensi per mostrare che la Russia non è isolata».
L’Europa vede la tregua come una precondizione per arrivare alla pace, la Russia vuole discutere «tutto per tutto», gli Usa ondeggiano come fa Trump di solito. Rubio, da Antalya, abbassa il livello delle aspettative: «Vogliamo vedere progressi: il presidente è stato più che chiaro, la guerra deve finire; ed è aperto a qualsiasi meccanismo che porti a una pace giusta e duratura».
Certo, ci sono pure segnali di segno opposto. A lanciare l’allarme è la Cnn: la Russia sta radunando forze in prima linea per «una possibile nuova offensiva» volta a conquistare altro territorio ucraino. «Putin cercherà di prendere tutto il territorio possibile, fino alla periferia di Kiev».
L’Europa, che a Istanbul non c’è, s’interroga sul da farsi per non restare fuori dalla partita e continua a sostenere Kiev. La linea resta quella fissata nella capitale ucraina durante la missione dei leader di Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia: punire Mosca con sanzioni draconiane se si sottrae ai negoziati.





