Esteri

Israele-Hamas: niente di nuovo sul fronte medio orientale

07
Dicembre 2023
Di Flavia Iannilli

A più di 60 giorni dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas sembra impossibile sperare in una de-escalation. Gli attori internazionali che orbitano attorno alla questione sembrano più propensi a perorare la causa della guerra mettendo benzina sul fuoco che altro.

«La resistenza islamica finora ha risposto in modo forte agli atti di aggressione israeliani e, in linea con questa tendenza, i prossimi giorni saranno davvero terribili per il regime di Israele». Sono le parole di Hossein Amirabdollahian, Ministro degli Esteri iraniano, pronunciate durante un colloquio telefonico con il Premier e Ministro degli Esteri del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. L’equivalente di una pacca sulla spalla, fine a sé stessa.

Una parte di mondo meno dimenticata delle altre che accende le polemiche e non solo. Gli spettatori erano abituati ormai a guardarla vivere la propria quotidianità in uno stato di fragile equilibrio. Nella speranza che Hamas abbandonasse la linea terroristica via via nel tempo per poter concentrare le energie sulla popolazione.

Effettivamente sempre di concentrazione si tratta, ma sull’incremento delle capacità militari fino al punto di non ritorno. Vedendola in maniera positiva, già si pensa a operazioni post conflitto guidate dall’Onu nella quali verranno implicati i Paesi arabi moderati.

Dalle parole del Ministro della Difesa Guido Crosetto, riferite ieri in un’informativa alla Camera, si evince un apprezzamento da parte degli interlocutori dell’Onu sull’apertura per perseguire l’unico traguardo comune: «Permettere all’autorità nazionale palestinese di tornare a governare legittimamente su Gaza in un contesto di legalità con l’obiettivo di giungere finalmente all’attuazione della formula ‘una terra due Stati’».

Ma, ad oggi, oltre a pensare a tavoli di negoziato che possano dare vita ad un nuovo equilibrio, rimane prioritaria la protezione dei civili. «È urgente aprire canali umanitari», dichiara il Ministro della Difesa, sì tanto urgente quanto estremamente difficoltoso.

Crosetto pone l’attenzione sulle prime azioni dell’Italia in campo umanitario. Prima il ponte aereo con l’Egitto per il dispiegamento di aiuti del valore di un milione di euro dal Fondo per le emergenze, che ha permesso l’invio di 16 tonnellate di farmaci e beni di prima necessità attraverso due C-130 dell’aeronautica militare. Poi lo schieramento della nave-ospedale Vulcano della Marina militare, la quale precedentemente ha imbarcato un team di medici e i primi feriti palestinesi, che punta a coordinarsi con quella francese Dixmude al porto di Al-Arisha in Egitto (poco distante dal valico di Rafah). E ancora lo stretto coordinamento tra Esteri e Difesa, che si avvalgono della task force tra tutti i ministeri.

Ma è necessario fare luce anche sulla seconda linea d’azione che riguarda l’Operazione Levante. Complessa sia dal punto di vista logistico che strategico Levante prevedrà, quando possibile, lo schieramento di un ospedale da campo nel sud di Gaza. In attesa del quale sono in corso interlocuzioni con Israele, Egitto ed Emirati dai quali è stato dato il via libera a un team militare di supervisionare l’area.

Nonostante la azioni concrete messe in campo dall’Italia per ricostruire una prospettiva di pace in Medio Oriente siano apprezzate, l’On. Fratoianni (Alleanza Verdi Sinistra) sente necessaria l’importanza di rimarcare l’obiettivo finale di tutti gli sforzi dispiegati: «far fuoriuscire quell’area del mondo dal dramma della guerra e per farlo occorre un salto di qualità di cui non troviamo traccia nell’azione del governo Meloni. C’è una piccola domanda che vorrei fare anche qui per niente polemica: ma dove devono andare a nascondersi i palestinesi? Siamo di fronte ad una strage di civili senza fine, siamo amici di Israele e siamo convinti che debba esistere in piena sicurezza, ma non si può andare avanti così. Che cosa intende fare il nostro governo?».

Per quanto il traguardo collettivo sia quello di giungere ad una pace stabile, le posizioni rimangono distanti anche in Italia. C’è poi chi crede che sia di poca rilevanza la spaccatura dell’opinione pubblica o istituzionale dell’occidente, ma che il vero nodo lo debba voler sciogliere lo stesso Medio Oriente.