Esteri

Guerra Israele – Hamas: il sud della Striscia di Gaza sotto attacco

05
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Le truppe e i carri armati di Israele sono entrati nel Sud della Striscia di Gaza, portandovi morte e devastazione: dopo avere preso il controllo di gran parte del Nord, l’esercito israeliano ora avanza nell’ultima porzione della Striscia rimasta nelle mani di Hamas. La notte scorsa, il volume di fuoco è stato il più intenso, dalla ripresa delle ostilità. L’operazione potrebbe concludere il conflitto, che è giunto al 60° giorno, se dovesse raggiungere gli obiettivi: decapitare l’organizzazione palestinese, eliminandone i capi, ed eradicarla dal territorio.

Con volantini, la popolazione civile è stata di nuovo invitata a sfollare, verso Rafah questa volta: soldati distribuiscono ai civili piantine della Striscia suddivisa in centinaia di zone, alcune che saranno toccate da bombardamenti e combattimenti, altre invece sicure. I residenti devono lasciare le “aree di guerra”. L’Onu calcola che 1,8 milioni di persone a Gaza, circa l’80% della popolazione, hanno già dovuto abbandonare le proprie case e sono profughi dentro la Striscia.

I combattimenti sono ripresi all’alba di venerdì primo dicembre, dopo una tregua di sette giorni che ha permesso la liberazione di un centinaio di ostaggi e il rilascio di oltre 200 detenuti palestinesi, donne e minori. Almeno 137 ostaggi restano nelle mani di Hamas e di altre sigle combattenti palestinesi – 115 uomini, 20 donne e due bambini, secondo i conti di Israele contestati da Hamas, che dice di non avere più né donne né bambini -: Israele si ripromette di liberarli e di eliminare Hamas, “anche se per farlo ci vorranno anni”. Per il Financial Times, la campagna di Israele contro i fondamentalisti andrà avanti un anno o più.

La nuova fase delle ostilità ha già fatto centinaia di morti fra i civili palestinesi – dati del Ministero della Sanità della Striscia -. In totale, le vittime palestinesi di quasi due mesi di conflitto avvicinano le 16 mila, con oltre 40 mila feriti. La guerra è stata innescata dagli attacchi terroristici di Hamas in territorio israeliano che fecero, il 7 ottobre, 1200 vittime.

Israele dice di aver ucciso, sabato, un comandante di Hamas protagonista dei raids del 7 ottobre: Wisam Farhat della brigata Shajaiyeh. L’escalation di morte e violenza provoca sussulti terroristici in varie parti del mondo: domenica, l’Isis ha attaccato una comunità cattolica nelle Filippine – quattro deceduti, oltre 40 feriti -; sabato, c’era stato un attacco letale a un turista tedesco di 24 anni a Parigi, nei pressi della Torre Eiffel.

Guerra Israele – Hamas: diplomazia e rivelazioni
La diplomazia continua a tessere le fila per una ripresa dei negoziati – formalmente sospesi la notte tra il 30 novembre e il primo dicembre -. La Cop 28 in corso a Dubai offre un’ulteriore opportunità negoziale, con un intreccio d’incontri cui ha anche partecipato la premier italiana Giorgia Meloni. E il presidente russo Vladimir Putin s’appresta a recarsi a Riad e Dubai.

Secondo la Cnn, il segretario di Stato Usa Antony Blinken e quello alla Difesa Lloyd Austin hanno entrambi sollecitato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a risparmiare quante più possibili vite civili. Di fronte alle rassicurazioni di Netanyahu, smentite dai fatti, Blinken ha gelidamente osservato: “Le intenzioni contano, ma contano pure i risultati”. E Austin ha prammaticamente osservato: “Se spingete i civili nelle braccia del nemico, trasformate una vittoria tattica in una sconfitta strategica”.

Anche Papa Francesco ha ammonito Netanyahu a non commettere “atti di terrore” nella Striscia. Della telefonata, avvenuta giorni fa, non era stata data notizia: Israele non l’aveva apprezzata, vedendovi una conferma di una posizione filo-palestinese della Santa Sede.

Il New York Times ha intanto ottenuto documenti che provano che l’intelligence israeliana conosceva da oltre un anno i piani di Hamas messi in atto il 7 ottobre, ma li aveva considerati “irrealistici” e troppo difficili da realizzare. Una rivelazione che alimenta le polemiche sull’operato del premier Netanyahu, che l’alleato rivale Benny Gantz – secondo Politico – si appresta a scalzare.

Guerra Israele – Hamas: i movimenti sul terreno
Venerdì mattina, la ripresa delle ostilità era stata segnata da scambi d’accuse su chi avesse per primo violato la tregua, mentre i mediatori internazionali ostentavano la speranza di una ripresa delle trattative, che però non s’è finora vista – contatti sotto traccia a parte -. La ripresa delle ostilità “complica gli sforzi di mediazione ed esaspera la catastrofe umanitaria”, constata una fonte del Qatar citata dalla Cnn.

I bombardamenti su Gaza, da terra, dal cielo e dal mare, sono ripresi 30 minuti dopo la fine della tregua. Fra i primi obiettivi colpiti, un grande edificio a Khan Younis, con decine di vittime. In Israele, le sirene hanno suonato per segnalare lanci di razzi – una cinquantina quelli effettivamente sparati -. I media Usa parlano di un piano per inondare i tunnel di Gaza, rendendoli inutilizzabili.

La tregua, inizialmente prevista di quattro giorni, ma durata una settimana, ha consentito, oltre a scambi di ostaggi e prigionieri, la consegna accelerata di aiuti umanitari a Gaza, viveri, medicinali, combustibili. Ma, ora, l’emergenza umanitaria è tornata a essere acuta.

Oltre che provare a ricucire una tregua, la diplomazia s’interroga su quello che sarà l’assetto della Striscia di Gaza dopo la fine della guerra. Gli Stati Uniti valutano quale sia l’opzione migliore “fra scelte tutte cattive”, scrive l’Ap: le preferenze dell’Amministrazione Biden vanno alla gestione della Striscia da parte di una “rivitalizzata” Autorità nazionale palestinese: la soluzione non piace per nulla a Israele e piace poco ai palestinesi, ma potrebbe anche rivelarsi l’unica opzione vitale.

La ripresa delle ostilità coinvolge la Cisgiordania, dove gli Stati Uniti chiedono a Israele di frenare le violenze dei militari e dei coloni e intendono negare il visto ai coloni estremisti; e pure il confine con il Libano, dove va avanti lo scambio di colpi – occasionalmente letale – con Hezbollah. I fremiti di guerra arrivano al Mar Rosso, dove missili sparati dai ribelli Huthi dello Yemen hanno colpito tre navi commerciali, mentre una nave da guerra Usa ha abbattuto tre doni in un’operazione difensiva. Gli Huthi hanno rivendicato gli attacchi, spiegando di voler impedire la navigazione nel Mar Rosso a navi israeliane.