Esteri

Cina-Taiwan, l’altro asse che deciderà l’ordine mondiale

26
Maggio 2022
Di Giampiero Cinelli

C’è un altro fronte che agita il mondo. Quello del Pacifico tra Cina e Taiwan. Recentemente la Cina ha avviato manovre militari di pattugliamento ed esercitazioni belliche a ridosso di Taiwan, in risposta alle parole del presidente Usa Joe Biden, il quale aveva dichiarato che sarebbe intervenuto militarmente a difesa dell’isola, in caso di azioni da parte di Pechino. Per adesso, sono solo reciproci segnali di avvertimento.

Le parole di Biden non vengono a caso, anche se subito dopo sono state smentite. Gli americani tengono conto delle intenzioni rese pubbliche da Xi Jinping di riprendersi Formosa entro il 2049, in occasione del centenario della rivoluzione comunista. Ricordiamo che lo status politico dell’isola è controverso. Originata dalla fazione che aveva perso la guerra civile cinese, Taiwan è stata identificata a livello diplomatico come Repubblica di Cina. Nutrendo sentimenti separatisti nei confronti della Repubblica Popolare Cinese di Pechino, ha mantenuto rapporti politici ed economici con vari Stati, sebbene la stragrande maggioranza di questi, tra cui l’Italia, non la riconosca formalmente. Molto intensi i legami con gli Usa, tanto che a Taipei, la capitale, si usa una versione taiwanese del dollaro.

LA POSTA IN GIOCO

Perché la questione è così importante e perché proprio adesso, quando un teatro di guerra esiste già in Ucraina? Le analogie, anche solo potenziali, sono limpide. Così come Mosca ha rivendicato uno spazio territoriale confinante, di cui prima disponeva, rimarcando anche ragioni di sicurezza, così Pechino vuole rientrare in possesso di Taiwan perché quell’isola così vicina può rivelarsi un avamposto statunitense nel Pacifico. Alle logiche di sicurezza, vere o presunte che siano, si affiancano quelle di potenza. La Cina mal sopporta che nell’area taiwanese orbitino gli Stati Uniti poiché questo non facilita il suo sbocco sull’indo-pacifico da un punto di vista commerciale. Controllare Taipei, significa dunque porre un tassello fondamentale al percorso che porterebbe la nazione ad essere la vera prima grande potenza mondiale. Un obiettivo che il presidente cinese non nasconde. Per essere egemone, appunto, fattori strategici miliari e fattori economici devono intrecciarsi alla perfezione.

GLI SCENARI

Dunque Washington ha corretto il tiro facendo intendere che, in caso di attacco della Cina a Taiwan, non entrerebbe in guerra, limitandosi com’è prevedibile a inviare armi e a fornire assistenza, sulla falsa riga della questione ucraina. Già questo sarebbe qualcosa di molto saliente nello scenario internazionale. Ma forse quella di Biden non è solo una gaffe. Più precisamente, potrebbe rappresentare un’opzione che l’America non può escludere, se vuole impedire alla Cina di innalzare il suo potere globale portando a sé un’entità di 23 milioni di abitanti, dove la produttività è fiorente e avanzata, e vincendo un’altra partita nello scacchiere orientale.   

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