Politica

Riciclo della plastica, il “modello Italia” si schiera contro il nuovo regolamento Ue

18
Aprile 2023
Di Alessandro Caruso

Squadra che vince non si cambia, l’Italia inizia a battere i pugni sul tavolo contro il nuovo regolamento Ue che vuole cambiare la normativa sugli imballaggi in plastica. Gli obiettivi della Commissione europea sono chiari: si vogliono innanzitutto ridurre i rifiuti di imballaggio e, in secondo luogo, renderli economicamente sostenibili entro il 2030, aumentando l’uso di plastica riciclata. Ma il problema italiano è che il nostro sistema di riciclo della plastica è una best practice riconosciuta a livello internazionale e le nuove misure in discussione rischiano di comprometterne la funzionalità. Sulla base della normativa vigente, infatti, in Italia siamo stati bravi a costruire un vero e proprio modello industriale che ha prodotto risultati da primi della classe. E a dirlo sono i numeri, basti pensare che l’Italia ha registrato i tassi più alti dell’intera Ue nell’attività di riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio, con un tasso pari al 73,3% nel 2021, superiore non solo all’obiettivo europeo del 65% fissato per il 2025, ma anche a quello del 70% previsto per il 2030.

Per questo nelle commissioni per le Politiche Ue di Camera e Senato le forze politiche sono pressoché tutte d’accordo nel riconoscere l’inopportunità di tale provvedimento. E in queste ore, come appreso da The Watcher Post, si sta articolando il parere negativo della commissione Politiche Ue della Camera sui principi espressi dal nuovo regolamento europeo.

Quello che rischia di colpire, più del resto, il tessuto imprenditoriale italiano è l’imposizione di nuove tecnologie che, sostanzialmente, stravolgerebbero i processi industriali di riciclo della plastica già in atto, non solo compromettendo l’efficienza di un modello che già funziona, ma anche costringendo le aziende a sostenere costi economici insostenibili per il rifacimento di intere filiere.

Non solo. Secondo la commissione la proposta in esame non è fondata su un’adeguata valutazione dell’impatto economico e sociale dei reali vantaggi ambientali che essa determinerebbe. In sostanza colpendo gli imballaggi, anche quelli realizzati coerentemente con i criteri di sostenibilità ambientale, la nuova normativa sembra affermare un modello di produzione e di consumo in base al quale il contenitore è più importante del contenuto da proteggere, da conservare, da fare utilizzare in maniera appropriata.

Gli obiettivi stabiliti dalla Commissione europea, questa la via italiana, si sarebbero potuti perseguire anche solo rafforzando e affinando le norme contenute nella direttiva vigente, in modo più rispettoso delle specificità e innovazioni economiche e industriali dei singoli stati membri.

Il momento cruciale per conoscere il futuro della normativa sarà quando la proposta di regolamento passerà per il voto del Parlamento europeo, nei prossimi mesi. Fino a quel momento l’Italia può continuare a far ascoltare la sua voce, anche se i rumors provenienti da Strasburgo e da Bruxelles riferiscono di un orientamento che a maggioranza sembrerebbe piuttosto in contrasto con la linea italiana. Mesi fa Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue con delega al Green Deal, presentando la proposta aveva rassicurato le imprese italiane: «Nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo della plastica che funzionano bene o mettere in pericolo gli investimenti sottostanti. So che in Italia moltissimo già è stato fatto sul riciclo. Vogliamo ancora di più, non di meno. Se l’obiettivo è diminuire i rifiuti di materiale di imballaggio e quindi anche il materiale di imballaggio usato – aggiungeva – il riutilizzo degli imballaggi è chiaramente uno dei modi migliori per raggiungere questo obiettivo».
La verità si scoprirà solo quando il Parlamento europeo dovrà pronunciarsi in proposito.