Cronache USA
Trump sei mesi dopo: due alleati forti, due incubi pesanti
Di Giampiero Gramaglia
Il bilancio dei primi sei mesi del secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca è per lui molto positivo sui fronti interni, grazie alla sudditanza del Congresso a maggioranza trumpiana e alla condiscendenza della Corte Suprema in prevalenza conservatrice. Ed è fortemente deficitario sui fronti internazionali, dove, come in un gioco dell’oca planetario, ci si ritrova, in Medio oriente e in Ucraina alla casella di partenza, con decine di migliaia di morti in più e ulteriori devastazioni.
E, nelle ultime settimana, due incubi sono venuti ad angustiare il magnate presidente: Elon Muk, spettro vivente e Jeffrey Epstein, zombi d’oltretomba. In particolare in questi giorni, la vicenda Epstein genera molto nervosismo alla Casa Bianca: Trump si sforza di spegnere l’incendio e critica i suoi sostenitori, accusandoli di essere caduti in una trappola democratica (mentre era stato proprio lui, in campagna elettorale, ad alimentare le teorie cospirative).
Trump 2: i fronti internazionali, il gioco dell’oca in Ucraina e Medio oriente
Andiamo con ordine. I fronti internazionali. Dal 20 gennaio ad oggi, in ognuno dei 181 giorni di questo semestre, Trump ha dettato l’agenda mediatica interna e internazionale: annunci fragorosi, retromarce repentine, minacce, lusinghe. Ma la tempesta di notizie non ha prodotto molti cambiamenti allo scenario mondiale.
L’invasione dell’Ucraina, che doveva cessare il giorno dopo il suo insediamento, va avanti: colpa all’inizio di Zelensky che non voleva arrendersi, ora di Putin che non la smette di bombardare, sempre di Biden, mai di Trump.
E il massacro nella Striscia di Gaza, che pure doveva cessare il giorno dopo il suo onsediamento, va avanti implacabile, con le tregue rinviate di settimana in settimana e occasionali appendici: a giugno la ‘guerra dei 12 giorni’ all’Iran; adesso la crociata pro-drusi contro i nuovi signori siriani, tagliagola jihadisti promossi da Trump a interlocutori rispettabili, ma verso cui Netanyahu mantiene profonda diffidenza.
E la guerra dei dazi? Sei mesi fa, temevamo che scoppiasse; e ancora lo temiamo; perché Trump l’ha dichiarata più volte, ma l’ha sempre rinviata. Adesso, l’ora X è imminente, il 1° agosto, ma nessuno è pronto a scommettere che non ci siano colpi di scena nei prossimi dieci giorni. Intanto, l’incertezza fa più danni delle tariffe: investimenti paralizzati, affari in stallo, l’inflazione che torna a crescere.
Trump 2: i fronti interni, avanti spediti su migranti, tagli, ridimensionamenti
L’agenda interna procede più spedita, con un Congresso pavido esecutore delle volontà trumpiane e il una Corte Suprema nume tutelare: in una dozzina di occasioni almeno, il collegio, quasi sempre diviso tra conservatori (sei) e progressisti (tre), ha autorizzato Trump ad attuare le proprie politiche: tutte sentenze provvisorie, che non entrano nel merito delle questioni costituzionali sollevate, ma dicono che un singolo giudice federale non può bloccare un ordine presidenziale su tutto il territorio dell’Unione. Restano, però, pendenti i ricorsi sul merito dei provvedimenti, alcuni dei quali, come il diconoscimento dello ius soli, appaiono palesemente incostituzionali.
Il risultato è che Trump tira dritto sui fronti della deportazione dei migranti; dei tagli dei programmi a favore dei meno abbienti; del ridimensionamento dell’apparato burocratico federale; del contrasto alle ‘woke culture’ e, quindi, alle politiche di diversità, equità e inclusione; di una rilettura No-Vax della prevenzione sanitaria; della revoca di misure di contrasto al cambiamento climatico. Ha avuto dal Congresso, dove pochissimi repubblicani osano contraddirlo, la legge finanziaria “bella e grande” che voleva per ridurre le tasse ai ricchi e tagliare la spesa sociale e sanitaria. Ed insiste nelle azioni d’intimidazione degli oppositori, dei media, degli atenei, degli studi legali ‘nemici’.
Trump 2: gli intoppi Musk ed Epstein
I due più grossi intoppi del Trump 2 sono Musk ed Epstein. Il primo, divenuto da sodale rivale, ha però le ali tarpate: l’uomo più ricco al Mondo ipotizza un nuovo partito, ma deve soprattutto badare alle sue aziende, su cui affari pende la spada di Damocle del vendicativo presidente.
Per Trump, i cui indici di popolarità non sono alti, l’insidia viene dal ‘caso Epstein’, che lascia scontenta e attomita la sua base, quei ‘Maga’ nutriti di populismo e cospirazionismo. Per capre l’impatto della vicenda, ci vuole un po’ di background: ricchissimo e depravato, Epstein morì suicida in carcere, a New York, nel 2019.
Prima di finire in prigione per le sue frequentazioni sessuali seriali di minorenni, vantava amicizie e conoscenze altolocate nel mondo dei vip della politica, della finanza e dello ‘show business’, oltre che fra le teste quasi coronate della Vecchio Europa – leggi il principe Andrea -.
In campagna elettorale, l’allora candidato Donald Trump, i cui rapporti con Epstein sono noti, ma non hanno mai innescato accuse, aveva promesso alla sua base di rendere pubblici tutti i documenti del caso, su cui circolano le teorie complottiste più disparate. Adesso, il presidente Trump, tramite la segretaria alla Giustizia Pam Bondi, fa sapere che Epstein s’è davvero suicidato e che nelle carte non c’è niente che valga la pensa di essere divulgato. La base fatica a crederci e insorge. E Trump ordina a Bondi di chiedere a un giudice di autorizzare la pubblicazione di parte dei documenti, cioè delle testimonianze rese a un Grand Jury.
Sospettosa, la base Maga si chiede se davvero non vi sia qualcosa da tenere nascosto, specie dopo che il Wall Street Journal, sotto la foto già nota di Epstein sorridente accanto a un Trump relativamente giovane, che gli mette una mano sulla spalla sorridendo a sua volta, rivela che gli amici di Epstein nel 2003 gli mandarono messaggi di auguri “osceni” per il suo 50° compleanno, raccolti in un album rilegato in pelle e confezionato per l’occasione.
Uno di questi messaggi è firmato Donald: c’è il disegno di una donna nuda e un biglietto, non è chiaro se dattiloscritto o scritto al computer, che simula una conversazione immaginaria tra Trump ed Epstein, in terza persona. Il dialogo si chiude così: “Avere un amico è una cosa meravigliosa. Buon compleanno e che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto”.
L’album fu curato da Ghislaine Maxwell, partner sessuale e organizzatrice degli incontri di Epstein, attualmente in carcere. Il presidente Trump dice che la lettera che lo coinvolge “è un falso” e che lui non sa fare disegnini: querela il Wall Street Journal e il suo editore Rupert Murdoch, che è lo stesso della rete televisiva a lui amica Fox.
Basterà ai Maga? Il New York Times quasi si diverte a raccontare 15 anni di amicizia fra Trump ed Epstein, rotta non per le turpitudini sessuali del magnate pedofilo, ma per una rivalità d’affari immobiliare. Tutti i media ricordano che schizzi di Trump sono stati messi all’asta per beneficienza. E i democratici, come spesso capita in questa stagione, non sanno bene che pesci pigliare: attaccare Trump, corteggiando i complottisti, o restare alla finestra.
A complicare il quadro, c’è stato, la scorsa settimana, il licenziamento, da parte del Dipartimento della Giustizia, della procuratrice che aveva istruito il caso Epstein, Maurene Comey – solo una degli oltre 40 magistrati federali non allineati alla Casa Bianca ‘fatti fuori’ in questi mesi -, Non è però chiaro se Maurene abbia pagato il fatto di essere figlia di James Comey, l’ex direttore dell’Fbi che Trump detesta, o il suo ruolo nella vicenda Epstein.





