Cronache USA

Fine shutdown imminente e perdono ai sodali, Siria in coalizione anti-Isis

11
Novembre 2025
Di Giampiero Gramaglia

Titoli si potrebbe dire “a reti unificate” sulla stampa Usa questa mattina: il voto del Senato di ieri, dopo quello procedurale di domenica, ha definitivamente sbloccato il compromesso per porre fine dopo sette settimane allo shutdown, cioè alla parziale serrata dei servizi pubblici federali.

A dare la notizia alle 03.45 del mattino – ora italiana – è stata l’Ap: “Il Senato approva la legge che pone fine allo shutdown e la invia alla Camera”. L’Ap spiegava che il voto – 60 sì a 40 no – ha rotto uno stallo paralizzante, durante il quale i democratici chiedevano che i repubblicani concordassero con loro un’estensione dei crediti fiscali previsti dall’Obamacare, cioè dalla riforma sanitaria varata da Barack Obama, che scadono il primo gennaio.

Su questo punto, non l’hanno spuntata. Sulla questione, ci sarà un voto a dicembre, che resta, però, aperto: i repubblicani insistono per non prorogare la misura; i democratici vorrebbero, invece, renderla permanente; L’ipotesi di compromesso di una proroga di un anno non è passata.

Proprio questo ha innescato divisioni e malesseri nella delegazione democratica al Senato, dove nove su 43 senatori democratici hanno votato con i repubblicani. L’ala progressista del partito, reduce dai successi elettorali della scorsa settimana, rimprovera all’attuale leadership di non essere riuscita a ‘monetizzare’ in questa trattativa quei risultati.

L’accordo raggiunto in Senato contiene, però, almeno una misura cui i democratici tenevano molto, cioè la riassunzione dei dipendenti federali licenziati durante lo shutdown; e impedisce l’attuazione d’ulteriori licenziamenti di massa fino al 30 gennaio. I dipendenti messi in congedo forzato riceveranno una retribuzione retroattiva.

La serrata potrebbe protrarsi per qualche giorno: i deputati, che non erano in sessione da metà settembre, devono tornare a Washington per votare il provvedimento. Il presidente Donald Trump ha già segnalato di appoggiare il compromesso, assicurando: “Riapriremo il Paese molto in fretta”. Tuttavia, nella giornata di ieri, l’Amministrazione Trump ha proseguito le schermaglie giudiziarie sul pagamento dei sussidi alimentari, portando fino alla Corte Suprema i ricorsi contro ordinanze che imponevano di continuare ad erogarli ai 42 milioni di cittadini americani che ne dipendono per il loro sostentamento.

Trump imbarca il leader ex jihadista nella coalizione anti-Isis
Gli sviluppi sullo shutdown sovrastano, sui media Usa, altre due notizie che avrebbero altrimenti avuto bel altro rilievo. Trump ha ieri accolto alla Casa Bianca il presidente siriano Ahmad Al Shara: è stata la prima visita ufficiale di un capo di stato siriano a Washington da quando la nazione è indipendente, cioè dal 1946.

Al Shara, ex jihadista più o meno ‘pentito’, aveva già incontrato Trump, durante una sua missione in Medio Oriente. Fra i temi in discussione, l’adesione formale di Damasco alla coalizione globale contro l’Isis, la revoca delle sanzioni di Washington a Damasco e forme di cooperazione tra forze armate siriane e statunitensi. L’evento evidenzia un cambiamento dell’atteggiamento degli Usa verso la Siria, dopo anni di sanzioni internazionali e di isolamento diplomatico.

Il cambiamento è parallelo alla migrazione della Siria dal campo filo-russo a quello filo-occidentale, senza, però, nessuna certezza di una transizione democratica del Paese medio-orientale, da cui continuano a giungere notizie di scontri e repressioni.

Secondo il Wall Street Journal, l’ingresso della Siria nella coalizione anti-Isis è già avvenuto, almeno operativamente. In un post su X, il Ministero dell’Informazione siriano riferisce che “la Siria ha di recente firmato una dichiarazione di cooperazione politica con la coalizione per sconfiggere l’Isis, confermando il suo ruolo di partner nel combattere il terrorismo e sostenere la stabilità. L’accordo è politico e non include per ora nessuna componente militare”.

Trump perdona i suoi sodali nell’azione eversiva
Il presidente Trump ha concesso il perdono presidenziale a Rudy Giuliani e a numerosi altri suoi sodali e collaboratori per i loro sforzi di rovesciare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, da lui perse contro Joe Biden.

Il perdono a Giuliani & C. si aggiunge alla grazia concessa agli autori dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, già condannati o inquisiti per i loro atti eversivi, ma considerati dal presidente “dei patrioti”.

La misura ora adottata è in larga parte simbolica, perché il perdono presidenziale si applica soltanto ai reati federali e nessuna delle persone ‘perdonata’ è stata incriminata in procedimenti federali. Ma la mossa – scrivono molti media – “evidenzia gli sforzi di Trump di continuare a riscrivere la storia delle elezioni del 2020 e dei fatti che ne seguirono”, fino agli eventi sovversivi del 6 gennaio 2021.

Essa viene pure collegata alle iniziative intimidatorie intraprese nei confronti dei media che trattano le vicende del 6 gennaio 2021 – da ultimo, la vicenda della Bbc e la minaccia d’una richiesta d’indennizzo colossale -.