C’era un tempo in cui la famiglia si sedeva attorno a un tavolo e, cenando, dialogava. Un tempo breve, ma sufficiente, per parlare della giornata appena trascorsa. E in quell’oretta, se eri fortunato, si finiva anche per discutere. E se eri molto fortunato si litigava pure! Era un rituale, una quotidiana riunione di famiglia dove nei racconti – apparentemente innocui dei figli – i genitori riuscivano a cogliere le sfumature della tristezza, della delusione, della frustrazione e del pericolo. Il tono della voce e le espressioni del volto venivano lette, interpretate e sviscerate. Celare le emozioni era molto complicato. E forse, noi figli di quel tempo non le nascondevamo più di tanto. In fin dei conti sapevamo che “vuotare il sacco” era decisamente più conveniente che “nascondere la polvere sotto il tappeto”, per due motivi: confrontarci con chi ci era già passato e ne era uscito indenne, trovare un alleato che ci avrebbe sicuramente aiutati in maniera pragmatica. Non servono anche a questo i genitori? Grazie a quelle discussioni abbiamo sviluppato il nostro carattere e la nostra personalità, attraverso quei litigi abbiamo acquisito maggiore sicurezza; scoprendo che non tutti la pensano allo stesso modo e che le opinioni si possono sia esprimere sia cambiare senza che il mondo ci crolli addosso. Abbiamo imparato a essere giudicati, non senza provare timore o imbarazzo. C’era quel tempo e adesso, leggendo l’ultimo rapporto OsMed 2024 e pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), forse non c’è più. In meno di dieci anni i consumi di psicofarmaci sono triplicati nella fascia d’età tra 0 e 17 anni. Oltre un teenager su cento ne fa un uso quotidiano. A registrare un vero boom sono soprattutto i medicinali per curare i disturbi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), con un +25% di vendite in un solo anno. Il tutto facendo salire la spesa farmaceutica del 2024 a 37,2 miliardi di euro, di cui tre quarti a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Insomma, un trend in rapida crescita ma ben lontano da altri Paesi come gli Stati Uniti, dove un adolescente su quattro assume psicofarmaci. Le spiegazioni che si provano a dare sono sempre le stesse: il Covid con i suoi strascichi e le dipendenze dai social e dalla rete. Fatto sta che negli ultimi anni le richieste di aiuto psicologico sono aumentate, passando dal 29% nel 2020 al 39% nel 2024. I dati snocciolati sono incontrovertibili e ci mostrano una vera e propria piaga sociale chiamata “disagio giovanile”. E allora viene da chiedersi: ma quelle cene di famiglia, che fungevano un po’ da seduta psicologica rudimentale, che fine hanno fatto?





