Salute

Intervista con Abrignani: «Covid come l’influenza, ma il vaccino necessario per ritorno alla normalità»

10
Gennaio 2022
Di Flavia Iannilli

«Da qui a un mese 3mila italiani moriranno per non essersi vaccinati», da una parte l’amara verità delle parole di Sergio Abrignani, immunologo e membro del Comitato tecnico scientifico, dall’altra un messaggio di speranza: «A breve si passerà alla convivenza, da vaccinati, con un virus che ha la stessa letalità di un’influenza». Dall’obbligo vaccinale, tanto discusso, alla dose booster, dalle quarantene più blande alla pillola Anti Covid. Sergio Abrignani, intervistato da The Watcher Post, fa il punto sull’attuale situazione epidemiologica in Italia.

L’aumento dei contagi in Italia ha sorpassato le cifre dell’Inghilterra che tanto ci spaventavano prima del periodo natalizio. Il picco è previsto per fine gennaio, a questo punto è giusto parlare ancora del numero dei contagiati date le cifre odierne delle terapie intensive e dei decessi?
«Io citerei il numero dei contagiati in positivo. Se guardiamo a un anno fa con 30mila contagiati avevamo il triplo sia dei morti che delle terapie intensive rispetto a oggi. Ora abbiamo delle cifre 10 volte superiori: 200mila anziché 30mila con un numero di terapie intensive e decessi notevolmente inferiore. E questo esemplifica la funzione dei vaccini. Senza vaccino staremmo messi male, una conferma arriva dai numeri delle terapie intensive; i tre quarti sono no-vax. Ragionando in percentuale possiamo dire che la maggior parte degli italiani nelle terapie intensive è composta da ultra 50enni, i 2,2mln di non vaccinati rappresentano il 7% della popolazione italiana. Quindi, sui ricoverati in terapia intensiva, i no-vax sono il 75%; una percentuale che spiega l’efficacia dei vaccini».

Ad aprile, quando l’abbiamo intervistata sempre su queste colonne, si stimava una copertura del vaccino di 10 mesi. Oggi sappiamo che, con la nascita di nuove varianti, la copertura è ridotta a 4 mesi. Secondo lei continuerà a scendere il tempo di “efficacia” del vaccino?
«Bisogna intendersi, quando si parla di tempo di efficacia del vaccino, si fa riferimento ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità in Italia. Sappiamo che dopo 4-5 mesi si abbassa la capacità di protezione dall’infezione, la contrazione va dal 75% al 35%; un calo importantissimo. I ¾ dei vaccinati erano protetti dall’infezione a partire da poche settimane dopo la vaccinazione, sapendo che non è un vaccino che copre al 100% dall’infezione e che a distanza di 4-6 mesi scende al 35%, ne consegue che i ⅔ dei vaccinati si possono infettare. Però quello che ci interessa è la protezione dalla malattia severa e quindi si torna al discorso di non guardare ai contagiati. E osserviamo che la protezione scende dal 95% all’83%, quindi rimane una difesa altissima, ma con la terza dose risale al 95%. Quindi c’è un calo importante della protezione dall’infezione, ma è altrettanto vero e importante che rimane una protezione alta dalla malattia severa».

“È accettabile che 9 italiani su 10 debbano pagare per il comportamento di pochi?” Questo è quanto ha dichiarato al Corriere il 26 dicembre, parole che fanno evincere la sua posizione. La Germania ha scelto di intraprendere la strada del lockdown per i non vaccinati e ha registrato un calo dei contagi in sole tre settimane. Secondo lei la vaccinazione obbligatoria rimane la via da percorrere?
«Chiaramente quando ho rilasciato l’intervista al Corriere la vaccinazione obbligatoria per gli over 50 ancora non c’era. Ma le dico di più: quando abbiamo iniziato a parlare di obbligo vaccinale, sia io che molti altri colleghi, non c’era nè il Green Pass e nè il Super Pass; mezzo che, di fatto, obbliga alla vaccinazione. Circa 6-7 mesi fa abbiamo iniziato a parlare di obbligo vaccinale ed è arrivato il Super Green Pass, abbiamo insistito ed è arrivata la vaccinazione obbligatoria al di sopra dei 50 anni. Nel mio campo in tantissimi pensano che sia giusto proseguire su questa strada e la speranza è di arrivare all’obbligo per tutti. La Germania non aveva il Super Green Pass; strumento che in Italia, a breve, sarà necessario per fare la maggior parte delle cose. Il Super Green Pass che entrerà in funzione ora è un mezzo che assomiglia molto ad un lockdown per i non vaccinati».

Invece Macron in Francia ha un’altra strategia: fare arrabbiare i no-vax. Che ne pensa?
«Io sono per la strategia di vaccinare i no-vax, non di farli arrabbiare. Ogni giorno, in Italia, con questo ritmo di 200 morti al giorno, muoiono un centinaio di persone che sono non vaccinati che non dovrebbero morire. Quindi in un mese, da oggi al 10 febbraio, con oltre 200mila infezioni e 200 decessi al giorno, di cui la metà sono evitabili, io so che 3mila italiani moriranno per stupidaggine. E questa consapevolezza mi addolora, perché la scelta è paragonabile ad andare in moto a 200 km/h senza casco; te la vai a cercare».

È d’accordo con la nuova disciplina delle quarantene rese più blande?
«È una mediazione che serve a tenere aperto il Paese, altrimenti saremmo rimasti fermi. Saremmo stati tutti in quarantena con l’attuale ritmo di infezione. Sapendo che i contagiati sono 200-250mila al giorno e almeno altri 50-100mila non lo dichiarano, si arriva a 300mila infezioni giornaliere. In un mese si raggiungono i 9mln di contagiati, ogni persona ha contatto con almeno 10-15 persone, questo significa metà Italia quarantenata. Non risultava più una misura di salute pubblica, ma una follia. Se da un lato abbiamo aumentato il rischio, con l’estensione del Super Green Pass lo abbiamo mitigato. Bisogna essere consapevoli che la coperta ha determinate dimensioni, se la tiri troppo da una parte strangoli il Paese che rimane paralizzato; abbiamo fatto le stesse scelte decise dall’America e da altri Paesi come Spagna e Inghilterra per non incorrere nella paralisi».

In Italia sono arrivate le pillole anti Covid, farmaci autorizzati dall’AIFA per curare il virus. Cosa ne pensa?
«Noi abbiamo dato dei pareri, la prima è stata la pillola della Merck. Potrebbe essere molto utile nel prevenire la morte di una frazione di persone a rischio una volta infettate. Questo è quanto ci dicono i dati clinici, però non confondiamo le cose: l’avvento di pillole che prevengono una frazione della malattia severa non escludono la vaccinazione. Ricordiamoci che prevenire è sempre meglio che curare. L’arrivo di farmaci migliori permette di curare meglio. Ma il modo con il quale si contiene una pandemia, o epidemia, rimane, senza dubbio, la vaccinazione».

Il Professor Bassetti in un’intervista all’Adnkronos ha lanciato un messaggio chiaro: vista la riduzione del Covid ad una semplice influenza per chi è vaccinato ora basta chiusure e basta smart working. È fiducioso rispetto ad un rapido ritorno alla normalità?
«Dipende da cosa si intende per normalità, se intende un ritorno al gennaio 2020 non penso sarà rapido. Se normalità è accettare che ci sia un virus endemico, con una letalità pari a quella dell’influenza se si è vaccinati, allora la raggiungeremo a breve».

È nel direttivo della Fondazione Enea Tech Biomedical, qual è l’importanza strategica di questo strumento ideato dal MISE?
«È una nuova Fondazione che già esisteva, ma era come un fondo di venture capital. Ora è stata aggregata al MISE anche con la funzione di trade union. Quindi con attività di ricerca e studio industriale e di ricerca di fondazioni; ha un ruolo di catalizzatore complessivo alla ricerca biomedica in Italia. Sarà la cinghia di trasmissione fra ciò che è la ricerca accademica e ciò che è la ricerca industriale. Questa dovrebbe essere una delle sue funzioni e mi piace tanto esserci perché ho sempre fatto questo nella mia vita».