Politica

Vertice europeo, “consiglio di guerra”, battaglie di parole fra divisioni e impotenze

23
Marzo 2024
Di Giampiero Gramaglia

Lo hanno definito un ‘consiglio di guerra’. E, in effetti, il Vertice europeo di primavera, svoltosi a Bruxelles il 21 e 22 marzo, ha avuto accenti bellici tesi e vibranti sul fronte ucraino e accorati e allarmati su quello mediorientale. Di decisioni concrete, però, non ne sono venute: l’impressione è che i 27 alzino i toni verso la Russia, quasi a fare argine, proprio nel momento in cui Washington riduce, per beghe interne agli Stati Uniti, gli aiuti a Kiev; e mascherino dietro l’intensità emotiva delle loro dichiarazioni l’impotenza di fronte a quanto avviene nella Striscia di Gaza.
Come nota Angela Mauro su Huffington Post, “la guerra può aspettare: ci sono le elezioni europee” dal 6 al 9 giugno. Questa era l’ultima occasione per i capi di Stato e/o di governi dei Paesi dell’Ue di vedersi tutti insieme, prima del rinnovo del Parlamento europeo e del rimescolamento ai vertici delle istituzioni che ne seguirà: la volta giusta per mostrare i muscoli senza muovere un muscolo; e per strizzare l’occhio a frange di malcontento fra i cittadini europei, specie agricoltori e allevatori.
“Pronti alla guerra?”, s’interrogava alla vigilia Politico, indicando che Il Vertice europeo doveva sciogliere i dilemmi strategici su Russia e Ucraina, a pochi giorni dalla plebiscitaria riconferma, nelle elezioni presidenziali, di Vladimir Putin. Il leader russo ha oggi, davanti a sé, una prospettiva di altri sei anni di potere quasi assoluto: sarà ancora in carica quando nessuno degli attuali leader occidentali prevedibilmente lo sarà.
I capi di stato e/o di governo dei Paesi dell’Ue hanno discusso praticamente di tutto: dei conflitti e della politica europea di sicurezza e di difesa, per cui però non c’è intesa su come finanziarla (l’idea degli eurobond piace all’Italia e ad altri, ma ha molti oppositori), dell’allargamento e dei migranti, delle riforme e di economia.
I lavori sono preceduti da una riunione con il segretario generale dell’Onu Antonio Gutierres e dall’intervento da remoto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sul Medio Oriente, i 27 denunciano “la tragedia umanitaria” a Gaza e chiedono un ‘cessate-il-fuoco sostenibile’, che non è ben chiaro che cosa voglia dire, mentre nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu s’infrange sul veto russo e cinese una mozione in tal senso degli Stati Uniti, che a loro volta avevano bloccato col veto analoghe mozioni nei giorni scorsi. I 27 cercano, senza trovarla, la formula per combinare tregua e ingresso degli aiuti umanitari: Guterres e il capo della diplomazia europea Josep Borrell denunciano concordi “il fallimento dell’umanità a Gaza”.
Zelensky manifesta tutta la sua contrarietà per i ritardi europei nella fornitura di munizioni e sistemi di difesa antiaerea, denuncia una situazione “umiliante” per il suo Paese: “L’Ue può fare di più… Non perdete tempo per attivare la produzione di strumenti di difesa…”. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, spiega che è già stata attivata una prima fetta di nuovi aiuti, 4,5 miliardi di euro dello Strumento per l’Ucraina, che un altro miliardo e mezzo dovrebbe arrivare ad aprile; e che si studia la possibilità di utilizzare i beni russi congelati per scopi militari. Il Vertice lascia però trapelare anche screzi fra i Paesi dell’Ue, con l’Ungheria del premier Viktor Orban più vicina al Cremlino che ai partner.
Ma l’Europa della Difesa resta nell’iper-uranio delle idee da concretizzare e da finanziare, malgrado la consapevolezza dei rischi che le interferenze russe possono avere sulla vita dei cittadini europei, anche se – dicono molti leader – “non c’è il rischio di guerra”. Esempi: un attacco cibernetico russo al sistema sanitario può portare alla morte di pazienti che dipendono da macchinari; e un attacco alla filiera alimentare può causare caos sociale”; e sono possibili attacchi “a sistemi bancari e amministrativi e a servizi pubblici e privati”.
Invece, sull’adesione dell’Ucraina all’Ue non si muove foglia: il percorso passa per la ricostruzione e le riforme, due tappe che hanno come pre-condizione la cessazione delle ostilità. I 27, invece, danno l’ok all’avvio dei negoziati di adesione con la Bosnia.
Resta al vaglio la proposta della Commissione di introdurre dazi all’import dei prodotti agricoli dalla Russia – grano in testa -: un passo per dare una nuova sferzata all’economia russa, ma, soprattutto, per dare qualche risposta ai malumori degli agricoltori europei, che protestano contro tutte le facilitazioni concesse ai prodotti agricoli ucraini.
Parigi, con Varsavia e Budapest, chiede limiti più stringenti per grano, pollame, uova e zucchero ucraini. Solo che le tutele commerciali ai prodotti europei si scontrano con il sostegno all’Ucraina: una contraddizione evidenziata dallo stesso Zelensky, l’Ue attualmente frena il grano ucraino, ma non quello russo. A correggere questo paradosso dovrebbero servire i nuovi dazi sui prodotti russi: von der Leyen scandisce l’impegno in tal senso, in attesa che i 27 li decidano la prossima settimana.