Politica

Tutti i nodi della Meloni, dalla presidenza delle camere alla squadra di governo

12
Ottobre 2022
Di Alessandro Caruso

Il percorso della XIX legislatura inizia in salita. Via della Scrofa è il centro nevralgico del paese in queste ore, soprattutto oggi, alla vigilia del voto per la presidenza delle camere. E sono proprio le camere il centro di gravità permanente su cui si incardinano tutti i principali nodi del nuovo futuro governo. Proprio così. Iniziamo dalla camera “alta”, il Senato. Non è un caso che la Meloni voglia affidarne la presidenza a un fedelissimo (il nome di Ignazio La Russa prende sempre più piede, ndr) e il motivo lo abbiamo spiegato anche su queste colonne pochi giorni fa: al Senato la maggioranza è piuttosto fragile, il centrodestra può contare su 113 senatori su 200 (più i senatori a vita) e il presidente dell’aula è una garanzia sul monitoraggio dei lavori parlamentari perché ha poteri decisionali su diversi aspetti procedurali, come ammissibilità di emendamenti alle leggi in discussione, assolutamente non trascurabili. Non solo. Il presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, è un ruolo di grande autorevolezza e per Fratelli d’Italia sarebbe uno strumento di “branding” politico all’interno della coalizione e all’esterno.

COME FUNZIONA L’ELEZIONE DELLA PRESIDENZA DELLE CAMERE
Le modalità di elezione sono diverse per i due rami del Parlamento. Al Senato si chiude necessariamente entro il quarto scrutinio: primo e secondo voto sono a maggioranza assoluta dei componenti, terzo voto è a maggioranza assoluta dei senatori presenti; se nessuno raggiunge nemmeno questa maggioranza si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue un voto in più. Non ci vorrà molto tempo, dunque.
Alla Camera al primo scrutinio servono i due terzi dei componenti, al secondo e terzo voto il quorum si abbassa a due terzi dei votanti; dal quarto scrutinio basta la maggioranza assoluta dei voti e si procede a oltranza. Dal 1948 ad oggi non si è mai superato il quinto scrutinio. Entro il 14 ottobre ci saranno quasi certamente i nomi dei presidenti di Camera e Senato. A quel punto il Presidente della Repubblica di prassi convoca le consultazioni per la formazione del nuovo governo, realisticamente da lunedì prossimo in poi.

I NODI AL GOVERNO
Giorgia Meloni deve fare i conti in queste ore anche con la composizione della squadra di governo. I niet incassati da Panetta e Belloni, rispettivamente per economia ed esteri, hanno complicato la questione. Ma soprattutto hanno segnato un allarme per la reputazione di un governo che ancora deve partire. Come vanno letti questi rifiuti? Sono un messaggio di scetticismo verso un governo poco “gradito” a Bruxelles? Il no dei tecnici ha fatto virare la Meloni sulla soluzione politica, tanto da aver dichiarato che questo “sarà il governo più politico di sempre”. Ma con i rapporti nervosi con gli alleati non sarà facile trovare la quadra. Se la Lega dovesse rinunciare alla presidenza della Camera con Molinari, molto probabilmente potrebbe esprimere il ministro all’economia. Si fa il nome di Giorgetti, ma i rumors riferiscono di una sua indisponibilità a ricevere l’incarico.
E poi c’è il nodo Ronzulli. La senatrice di Forza Italia, donna di fiducia di Berlusconi, non può essere sacrificata. Il Cavaliere la vuole a tutti i costi nella squadra di governo, sebbene alla Meloni questa imposizione sembri pesare più del previsto. Molto probabilmente sarà lei il nome indicato per il Turismo, la linea di Fratelli d’Italia, sul suo nome, dovrà cedere per evitare strappi con Forza Italia.

Insomma, tutte le differenze di una coalizione riottosa stanno venendo fuori. Del resto era impossibile pensare che le divergenze dimostrate su molte tematiche dai tre partiti del centrodestra negli ultimi anni potessero risolversi in 24 ore dopo il voto. Sicuramente la Meloni troverà la quadra, come confermano in tanti. Ma il dilemma non sarà tanto questo: il problema non è fare il governo, ma fare un governo che duri.

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