Politica

Le due coalizioni usino questo tempo e si preparino a governare la prossima volta

09
Febbraio 2021
Di Daniele Capezzone

Nelle ore in cui scriviamo, non sappiamo ancora che contorni avrà esattamente il governo guidato da Mario Draghi. E’ quasi certa una maggioranza numericamente larghissima, mentre non sono ancora definite le scelte che l’ex governatore Bce compirà rispetto alla squadra (auspicabile un ricambio e una cesura forti rispetto al passato) e al programma (inevitabile una sintesi tra spinte diverse, ma c’è da sperare che alcune priorità siano chiarissime).

In particolare, ci sono due urgenze a cui il governo dovrà porre mano.

Per un verso, c’è l’emergenza di una campagna vaccinale che di fatto non è ancora partita. Inutile girarci intorno: un po’ per gli errori nell’impostazione degli acquisti a livello europeo (denunciati in primo luogo dalla stampa tedesca), e un po’ per ritardi domestici, l’Italia sembra molto indietro. E c’è il forte rischio che serva tutto il 2021 (e che magari un anno intero non basti neppure) per arrivare a numeri adeguati. Se l’obiettivo è arrivare a marzo a un ritmo di 250mila vaccinazioni al giorno (già oggi, per capirci, il Regno Unito viaggia alla media di 5-600mila britannici vaccinati al giorno…), serve uno sforzo immenso, una sfida organizzativa e logistica rispetto alla quale – al momento – non si intravvede quasi nulla di adeguato, di preparato, di pronto. E, con realismo, prendendo atto di questo ritardo, occorrerà una strategia sanitaria articolata: che punti non solo sui vaccini, ma anche sulle terapie, con particolare riguardo a quelle domiciliari, evitando i rischi di una nuova pressione sulla rete ospedaliera.

Per altro verso, c’è l’emergenza economica. I grandi media e il dibattito politico sono molto focalizzati sul tema del Recovery Plan, che indubbiamente il governo Draghi dovrà riconcepire e riscrivere, ma c’è anche un’urgenza meno visibile, eppure drammatica, che riguarda le piccole imprese, esposte a un massacro. Già nel 2020, ci sono state 500mila chiusure, e questo 2021 si annuncia come l’anno di uno tsunami. Chi potrà, chiuderà in modo ordinato, limitando i danni; altri, falliranno senza alcun paracadute.

Proprio Draghi, in un apprezzabile intervento di fine marzo sul Financial Times, colse l’aspetto del rischio di fallimenti di massa, e mostrò di comprendere come il settore privato non potesse (e non possa ora) far fronte a uno choc paragonabile a quello di una guerra mondiale. Dunque, occorre immaginare interventi in questo senso. E soprattutto – per prevenire il peggio – occorre cambiare paradigma rispetto alla stagione del Conte due: non servono protocolli “per chiudere”, ma protocolli “per riaprire” (ovviamente in sicurezza): certo, l’Italia non può permettersi un altro anno di lockdown strisciante.

Ora, se questo è ciò di cui dovrà occuparsi il governo, per un tempo da definire (chi scrive auspica 8-9 mesi, con elezioni generali convocate a settembre, magari in coincidenza con il voto tedesco del 26 settembre; ma è più probabile che si giunga a un biennio pieno, fino a fine 2022), è augurabile che le due coalizioni politiche, di centrosinistra e di centrodestra, usino questa finestra temporale per rigenerarsi e riorganizzarsi. Per rendersi pronte alla prova del governo, quando le elezioni politiche arriveranno.

Non si tratta di un lavoro banale. Significa ridefinire il loro profilo, significa avere decine di uomini e donne pronti (per il governo, per la guida delle Commissioni parlamentari nella prossima legislatura, per altri incarichi di responsabilità), significa svolgere un lavoro approfondito settore per settore e materia per materia, significa costruire esperienze vere e non improvvisate, significa farsi aiutare da think tank e centri studi e luoghi di elaborazione, significa irrobustire o ricostruire una rete affidabile di relazioni internazionali. E’ qualcosa – ci permettiamo di consigliare a destra e a sinistra – che non va rinviato: va avviato con urgenza, come se la scadenza elettorale fosse vicinissima. E un lavoro del genere, pur ingrato, non visibile, non “social”, farà solo un gran bene: a tutti.

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