Politica

I primi passi della XVIII Legislatura

15
Marzo 2018
Di Redazione

Dopo lo shock per l’esito dirompente della tornata elettorale di domenica è tempo di ragionare su cosa potrebbe serbare l’avvio della nuova legislatura.

L’attività parlamentare entrerà subito nel vivo: la prima riunione delle Camere è fissata per venerdì 23 marzo, giorno in cui Montecitorio proverà a eleggere il suo presidente, mentre il giorno seguente sarà la volta di Palazzo Madama. L’elezione dei vertici del Parlamento rappresenta un passaggio da non sottovalutare, giacché l’intesa sulla seconda e terza carica dello Stato dirà molto su come potrà dipanarsi il dialogo fra i partiti quando sarà il momento di dar vita alla maggioranza di governo. Al tempo della Prima repubblica e fino al primo go- verno Berlusconi (1994), la prassi parlamentare prevedeva l’assegnazione di uno dei due presidenti al maggior gruppo di opposizione. Oggi la tradizione sembra rinverdita dagli abboccamenti fra M5s e Lega per la “spartizione” dei due più importanti scranni parlamentari, detentori di un ruolo decisivo per il funziona- mento e l’attività delle Camere.

Deputati e senatori hanno tempo fino a domenica 25 marzo per comunicare il loro gruppo d’iscrizione mentre due giorni dopo è prevista l’elezione dei rispettivi capigruppo. Dopo i 231 cambi di casacca avvenuti soltanto a Palazzo Madama nel corso della XVII legislatura, lo scorso dicembre il Senato ha approvato a maggioranza assoluta una modifica al proprio regolamento volta, fra le altre cose, ad arginare il fenomeno del trasformismo. Da questa legislatura sarà di fatto impossibile creare nuovi gruppi al Senato poiché al parlamentare che vorrà abbandonare la propria componente sarà permesso di confluire soltanto nel Misto. Tramonta così la possibilità di replicare un’esperienza come quella del gruppo parlamentare AL-A (Alleanza liberal-popolare per le Autonomine) che, dal 2015, è stato deci- sivo per la sopravvivenza al Senato degli esecutivi a trazione PD. 

Contestualmente alla strutturazione del nuovo parlamento, procederà anche il cambio della guardia a Palazzo Chigi. Il primo ministro Paolo Gentiloni si dimetterà il 23 marzo, pur restando in carica per sbrigare gli affari correnti e comunque fino alla designazione di un nuovo esecutivo. Il governo Gentiloni continuerà così a gestire l’ordinaria amministrazione, termine che non deve trarre in inganno: vi rientra la presentazione del Def (atteso entro il 10 aprile), la rappresentanza dell’Italia ai vertici europei, per non parlare di eventuali interventi ec- cezionali legati al verificarsi d’improvvise emergenze.

Nel mentre, il capo dello Stato darà il via alle consultazioni, che potranno scattare dal 29-30 marzo. Al Colle si succederanno per primi i presidenti neoeletti di Camera e Senato, i presidenti emeriti della Repubblica e quindi le delegazioni dei partiti. Le consultazioni proseguiranno fino all’assegnazione di un “pre-incarico” al leader politico individuato come capace di coagulare su di sé sufficiente sostegno in Parlamento oppure di un “mandato esplorativo” a una carica istituzionale per l’individuazione di una maggioranza possibile.

L’attesa in tal senso è davvero forte: si tratterà del leader della prima coalizione (Salvini), del primo partito (Di Maio) o piuttosto di una terza figura?