Politica

Giustizia, intervista con Pietro Pittalis: «Le polemiche? Strumentali. Vi spiego la riforma»

30
Giugno 2023
Di Alessandro Caruso

Dall’abuso d’ufficio al traffico di influenze, fino alla nuova disciplina delle intercettazioni, la bozza di riforma della giustizia ha comportato la levata di scudi delle opposizioni. «Sono polemiche strumentali», chiarisce Pietro Pittalis, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, uno dei principali difensori dell’impianto normativo. La persona giusta per comprendere nel merito cosa cambierebbe con questa proposta di riforma.

Abuso d’ufficio, la modifica sta generando molte polemiche. Da un lato una norma che rende finalmente più agevole il lavoro di molti amministratori locali. Dall’altro, il rischio che del beneficio possa usufruire anche chi commette il reato con dolo. Ci aiuta a fare un po’ di chiarezza?
«Sono polemiche assolutamente strumentali e prive di alcun fondamento logico e giuridico. Come è noto, il reato di abuso d’ufficio ha subìto una serie di modifiche (nel 1990, nel 1997, nel 2012 e nel 2020) segnate dal tentativo di precisare i connotati della condotta punibile, senza però conseguire gli obiettivi prefissati, spesso anche per responsabilità della magistratura che in questi anni ha sempre trovato il modo di vanificare gli sforzi del legislatore riallargando i margini applicativi della fattispecie. Una norma incriminatrice, dunque, desueta e dannosa, perché continua ad essere percepita dai Sindaci, dagli amministratori e dai funzionari pubblici come causa di un’esposizione ad un rischio elevato di responsabilità penale che, nei fatti, se si pensa ai danni prodotti dal solo avvio delle indagini, determina la paralisi dell’azione amministrativa che, in un momento storico in cui occorre portare a compimento le opere pubbliche legate al PNRR, rappresenta un ostacolo alla ripresa e costa al nostro Paese fino al 2% del Pil. Del resto, che si tratti di una norma desueta e dannosa sono i numeri a confermarlo: a fronte di un numero elevatissimo di iscrizioni nel registro degli indagati solo un’esiguità di queste si trasforma in sentenze di condanna!»

Sulla modifica del traffico di influenze quali sono i reali benefici della riforma? Cosa cambia di fatto?
«Il reato di traffico di influenze illecite è una fattispecie che difetta di determinatezza e tipicità soprattutto con riferimento ai concetti di “utilità” e “mediazione illecita”. Sotto il primo profilo, con la modifica si precisa che la utilità deve avere natura patrimoniale mentre, per il secondo, si specifica che per “mediazione illecita” deve intendersi la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. Non solo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate intenzionalmente (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite). Il reato, in altri termini, viene circoscritto a condotte particolarmente gravi e vengono esclusi i casi di mera millanteria, con un aumento delle pene minime da un 1 anno a un 1 anno e 6 mesi».

Uno dei problemi sistemici del sistema giuridico italiano riguarda anche i tempi del giudizio. Secondo lei questa riforma è funzionale, in parte, a questo obiettivo?
«Abbiamo assistito, nella scorsa legislatura, ad un uso disinvolto, anzi diciamo pure ad un abuso, del diritto penale sostanziale ritenendo, secondo un’ottica giacobina e giustizialista, che fosse giusto lasciare le persone eternamente in balia della pretesa punitiva dello Stato, arrivando perfino ad abolire la prescrizione. Questa nuova stagione rappresenterà, ne sono certo, la giusta risposta al populismo penale, al giustizialismo, allo smantellamento delle garanzie della difesa, per riaffermare le regole del giusto processo e della sua ragionevole durata».

Ci spiega la ratio della norma sul limite di età dei giudici in relazione ai processi di mafia e terrorismo? Quale sarà l’effetto della modifica?
«È una norma di interpretazione autentica ad evitare il rischio che siano dichiarate nulle sentenze pronunciate in procedimenti per gravissimi reati di criminalità organizzata e terrorismo alle quali hanno concorso giudici popolari con più di 65 anni. La disposizione introdotta con il disegno di legge conferma in 65 anni l’età massima per i giudici popolari ma tale requisito “è da intendersi rilevante solo con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio”».

L’indirizzo della riforma è decisamente garantista. Un orientamento molto in linea con una concezione liberale della giustizia, da sempre bandiera di Forza Italia. Siete soddisfatti del dialogo tra le forze di maggioranza nella stesura della riforma?
«È un primo passo verso una riforma più ampia del sistema giustizia, ispirata ai valori liberali e garantisti, fondata sulla presunzione d’innocenza, sulla centralità del diritto di difesa, sul contrasto all’abuso della carcerazione preventiva, sul contrasto all’abuso delle intercettazioni telefoniche e del trojan, che consentirà finalmente di attuare i principi del giusto processo e della sua ragionevole durata, anche con la rivisitazione della disciplina sulla prescrizione. Una riforma, dunque, che va nella direzione fortemente voluta da Forza Italia e dal suo fondatore, il compianto Presidente Silvio Berlusconi».

Capitolo intercettazioni, si va verso una stretta. Qual è l’idea di base che si sta seguendo?
«Le modifiche proposte dal Ministro Nordio sulle intercettazioni hanno lo scopo di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento e di tutelarne la privacy, prevedendo il divieto di pubblicazione del contenuto intercettato che non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. La riforma amplia anche l’obbligo di vigilanza del pubblico ministero sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni (i cosiddetti brogliacci), in particolare il dovere del giudice di “stralciare” le intercettazioni, includendovi anche quelle “relativi a soggetti diversi dalle parti”. L’intervento costituisce solo un primo passo cui seguirà, in un tempo successivo, la seconda parte della riforma con una radicale revisione del sistema delle intercettazioni che tuteli anche la correttezza delle indagini e combatta l’uso strumentale che spesso ne viene fatto. Anche perché non si giustifica una spesa di 200 milioni l’anno per intercettazioni che nella maggior parte dei casi si rivelano del tutto inutili».

Come funzionerà il meccanismo di certificazione degli operatori addetti alle intercettazioni. Sarà previsto un organo di controllo? E chi fisserebbe i requisiti tecnici?
«Il decreto ministeriale del 6 ottobre 2022, entrato in vigore il 15 dicembre scorso, in considerazione della particolare delicatezza dei dati trattati e delle operazioni svolte, ha previsto specifici obblighi per i fornitori delle prestazioni con riferimento anche alle garanzie di sicurezza nella conservazione e nella gestione dei dati, stabilendo che l’autorità giudiziaria possa procedere a verifiche e controlli in merito alla funzionalità e alla sicurezza delle attrezzature impiegate e dell’organizzazione complessiva. Mi pare questione di buon senso che gli operatori del settore possano essere sottoposti ad un obbligo di certificazione da parte di enti terzi, qualificati ed accreditati, per i requisiti di sicurezza delle informazioni e dei modelli organizzativi. Ritengo che siano maturi i tempi per la istituzione di un albo ministeriale per i fornitori autorizzati».

Per limitare l’uso di intercettazioni si pensa di intervenire sul budget delle procure? O sulla tipologia di reati per cui disporle? Una limitazione del budget non potrebbe vincolare il lavoro della magistratura?
«Le intercettazioni, ribadisco, costano circa 200 milioni di euro all’anno e uno dei motivi dell’enorme spesa risiede nel fatto che ogni Procura, fino a poco tempo fa, aveva un proprio listino prezzi di riferimento. Importante pertanto definire un budget per le Procure e soprattutto definire quali tipologie di intercettazioni acquistare e quale tipologia di reati per cui disporle. Al riguardo, anchesul fronte della spesa, il precitato decreto ministeriale ha finalmente fissato regole volte ad introdurre uniformità di gestione e parità di trattamento tra le aziende fornitrici, con la previsione di un listino unico nazionale caratterizzato da tariffe e importi fissi associati a ciascuna prestazione. Il che risponde ad una esigenza di razionalizzazione delle tariffe che, però, anche al fine di salvaguardare la qualità del servizio, non può andare a discapito di un’adeguata remunerazione del servizio che deve essere assicurata, così come i tempi di pagamento che mi risulta siano ancora troppo lunghi».