Politica

Energia, cosa sta facendo l’Italia per l’approvvigionamento di gas

17
Marzo 2022
Di Jacopo Bernardini

«Guardando i dati dell’approvvigionamento di gas, quello che trovo incredibile è che la quota di gas russo importato in Italia è aumentata molto negli ultimi dieci-quindici anni. Quello che è veramente straordinario è che è aumentata fortemente anche dopo l’invasione della Crimea nel 2014. Questo dimostra non solo una sottovalutazione del problema energetico, ma anche una sottovalutazione di politica internazionale».

Le parole del premier Draghi all’indomani dell’invasione russa in Ucraina non lasciano spazio a dubbi: sono stati commessi errori. Adesso è giunto il momento di rivalutare alcune scelte e di diversificare il nostro approvvigionamento energetico.

Motivo per cui l’Italia sta portando avanti trattative con diversi Paesi che potrebbero aiutarci a diversificare le nostre fonti per l’approvvigionamento di gas. Quattro di questi, Algeria, Qatar, Congo e Angola, negli ultimi 20 giorni, sono stati visitati dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e da Claudio Descalzi, Amministrato Delegato di Eni – la società che intermedia gran parte del gas usato in Italia.

Negli ultimi anni l’Italia ha consumato mediamente, tra aziende e privati, circa 70 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Circa il 95% di questo gas viene importato dall’estero, mentre appena 3,3 miliardi di metri cubi derivano dalla produzione nazionale.

I dati del 2021 ci dicono che il nostro gas arriva per il 40% dalla Russia, seguita da Algeria (31%), Azerbaigian (10%), Qatar (9%) e Libia (4%). L’obiettivo finale per l’Italia è di poter sostituire completamente i 29 miliardi di gas russo che ogni anno arrivano nel nostro Paese. 

Partiamo dall’Algeria, secondo Paese per import di gas che, secondo le ultime stime, a febbraio 2022 avrebbe già sorpassato la Russia. Per arrivare in Italia, il gas algerino passa dal gasdotto Transmed, che parte dal deserto, attraversa la Tunisia, e poi il mar Mediterraneo fino a Mazara del Vallo, in Sicilia, e risale l’Italia arrivando a Minerbio, in provincia di Bologna. Può trasportare circa 30 miliardi di metri cubi in un anno: nel 2021 ne ha trasportati 21 miliardi, dunque c’è spazio per aumentare la fornitura.

Un altro Paese che può avere un ruolo cruciale nella partita per l’approvvigionamento di gas è il Qatar: è il terzo produttore di gas naturale al mondo (oltre 177 miliardi di metri cubi all’anno), per l’Italia si tratta del primo esportatore di gas naturale liquefatto, con una fornitura di 6,9 miliardi di metri cubi l’anno pari a quasi il 10% del totale delle importazioni, che ha promesso di aumentare di 2 miliardi. 

Il GNL (gas naturale liquefatto) arriva in Italia passando per uno dei tre rigassificatori attivi sul territorio, impianti che, come suggerisce il nome, riportano la sostanza allo stato gassoso e poi la immettono nei gasdotti nazionali. 

Si trovano a Porto Viro, in provincia di Rovigo, in mare al largo di Livorno e a Panigaglia, in provincia di La Spezia. Attualmente sono usati per il 60%, quindi potrebbero trattare quantità maggiori di GNL. È inoltre in programma l’installazione di un quarto rigassificatore galleggiante.

L’incontro di Di Maio e Descalzi in Qatar è stato anticipato da una chiamata di Draghi all’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, dopo che il premier a metà febbraio aveva incontrato a Palazzo Chigi il vice-primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed Al Thani, proprio per discutere di collaborazione energetica.

L’ultimo viaggio della delegazione Di Maio-Descalzi, in ordine di tempo, è stato quello in Angola e Congo. Il dossier prevede la realizzazione di due impianti di liquefazione, fino a 2 milioni di tonnellate l’anno che potrebbero, dal 2023, salpare verso l’Italia; il 10 marzo anche Mario Draghi ne avrebbe parlato in una chiamata al presidente del Congo Dénis Sassou Nguesso.

Un ultimo Paese non ancora visitato ma che non può non essere coinvolto nella partita è l’Azerbaigian, per cui l’infrastruttura di riferimento è il gasdotto TAP A fine febbraio Draghi ha avuto una conversazione telefonica con il presidente, Ilham Aliyev, hanno parlato del “rafforzamento della cooperazione bilaterale, in particolare nel settore energetico”: nel 2021 – il TAP è entrato in funzione a fine 2020 – l’Azerbaigian ha contributo alle importazioni italiane di gas con una quota del 10% circa.

Ci sono poi da ravvivare le produzioni in Libia, dove anni di guerra civile hanno più che dimezzato i 10 miliardi di capacità del tubo GreenStream. Infine, c’è la produzione nostrana, scesa negli ultimi anni a 3,3 miliardi di metri cubi anche a causa veti politici e burocratici, che il governo punta a raddoppiare in tempi brevi con agevolazioni in fase di approvazione.

Il ministro per la Transizione Ecologia Roberto Cingolani ha stimato in 24-30 mesi la possibilità per l’Italia di sganciarsi dalle forniture russe. Stando a quanto riferito dallo stesso ministro Di Maio, grazie alla strategia messa in atto, rispetto alla fornitura proveniente dalla Russia «già così ne compenseremo la metà in due mesi, ma sono ottimista, si può riuscire ad andare anche oltre».

Quella dell’approvvigionamento di gas è una partita delicata e complessa quanto cruciale, che se portata a termine con successo consentirebbe al contempo di peggiorare le condizioni economiche della Russia e liberare le mani dell’Italia e, di riflesso, renderebbe più libera l’Europa.

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