Politica

Cernobbio, Roma, Milano, il butterfly effect che ha coinvolto Mps

06
Settembre 2023
Di Alessandro Caruso

La notizia è che lunedì il titolo di Mps ha perso il 3,67% a 2,44 euro, in controtendenza rispetto al settore bancario, che ha chiuso la giornata in sostanziale parità. La spiegazione sta in quello che è successo prima, vale a dire le dichiarazioni circolate sulla stampa durante il weekend, un classico caso di butterfly effect che ha scatenato un uragano mediatico e un piccolo caso politico.

Cernobbio. Nell’intervista a BloombergTv, che riprendeva quella fatta dal direttore di Milano Finanza Roberto Sommella, il ministro degli Esteri Tajani afferma che il governo potrebbe accelerare nella privatizzazione di Mps, cioé nella cessione della quota del Tesoro (64%). Il day after le principali testate titolano sulle divisioni della maggioranza sulle privatizzazioni, perché nel frattempo erano dovuti intervenire il sottosegretario alle Finanze Federico Freni (sabato) e poi lo stesso ministro dell’Economia Giorgetti (domenica) a tranquillizzare la piazza, confermando il processo di privatizzazione, coerentemente con quanto chiesto dall’Unione europea, ma senza alcuna fretta, rispettando le tempistiche più opportune per lo stato e per la banca senese, la più antica del mondo. E al dibattito avevano preso parte anche il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso (sabato), che condivideva la posizione di Tajani ma sulle valutazioni e le tempistiche della dismissione rimandava alle considerazioni del Tesoro, e Bagnai (sempre sabato), cerchio magico di Salvini, che bollava: «La vendita delle quote di Mps non è all’ordine del giorno».

Il risultato? Gli investitori intravedono confusione nelle strategie di governo su Mps e titolo va giù.

Il danno, però, ormai era fatto ed Mps lunedì ha invertito quella rotta che dallo scorso 31 ottobre (giorno della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi effettuata dal Mef) aveva portato il titolo a guadagnare il 27,9%, incrementando il proprio valore di 670 milioni.

La banca al momento è partecipata al 64% dal Tesoro, che da tempo sta valutando quali siano le possibili soluzioni per una sua uscita. Una delle formule più interessanti sotto il profilo finanziario resta quella di Banco Bpm SpA come possibile partner per l’ipotesi di aggregazione, con il fine di creare un terzo polo bancario di grandi dimensioni dopo Intesa e Unicredit.

Ad ogni modo la preoccupazione generata dalla volubilità mediatica sul caso Mps non trova particolari appigli nella realtà, visto che il gruppo gode al momento di una solidità granitica. Sotto la guida del ticket Maione Lovaglio, infatti, il quattro agosto in occasione dell’uscita dei conti semestrali sono stati registrati utili per 619 milioni di euro. Il processo di privatizzazione è inevitabile, sui possibili “pretendenti” è ancora fantafinanza. Il resto è dibattito. Intanto la banca continua a fare il suo. E a farlo bene.

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