Il 10 settembre prossimo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen terrà il suo discorso presso il Parlamento europeo a Strasburgo sullo Stato dell’Unione europea.
Dal mio punto di vista ci sono argomenti che destano forte preoccupazione che spero siano tenuti in considerazione nella riflessione della presidente della Commissione europea.
Il primo che non riguarda le competenze delle istituzioni europee, ma riguarda il contesto politico che si registra negli Stati dell’Unione europea ha a che fare con la situazione in Francia.
Si può essere francofobi o francofili ma un dato è certo: la situazione francese sia sul piano della tenuta economico-finanziaria sia sul piano della tenuta politica riguarda tutti noi e riguarda il futuro dell’Unione europea.
La Francia con la Germania e con l’Italia hanno rappresentato il nucleo principale del motore che ha spinto l’integrazione europea in questi anni e augurarsi una debacle finanziaria della Francia o dell’Italia o della Germania significa essere suicidi così come sul piano eminentemente politico le dimissioni del governo Bayrou, molto probabili, potrebbero aprire la strada ad un governo di minoranza della destra lepenista che per le sorti dell’Unione europea, considerando il legame molto stretto tra il partito dalla Le Pen e le posizioni di Putin sarebbe un varco molto più grande di quello attuale con i Fico e gli Orban, che Putin avrebbe nella cuore dell’Unione europea.
Il secondo elemento di preoccupazione concerne la gestione di tutto il dossier relativo ai rapporti commerciali tra Unione europea e Stati Uniti d’America che la Ursula von der Leyen, ha venduto come un risultato storico (con dazi reciproci al 15%) ma che altri hanno criticato aspramente definendolo un atto di sottomissione.
A ciò si aggiunga il fatto che dopo aver sottoscritto questi accordi Trump è tornato alla carica, mettendo in discussione l’autonomia dell’Unione europea a legiferare nel settore digitale, cioè interferendo direttamente e con i suoi modi in una sfera di competenza esclusiva dell’Unione europea.
Ora se il risultato dei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti è un accordo sui dazi che non è il migliore del mondo condito con una pretesa di rinunciare all’autonomia legislativa in alcuni settori chiave da parte dell’Unione europea, credo che qualche interrogativo sulla gestione e sulla modalità di approccio nei rapporti con Trump la presidente della commissione europea dovrebbe porselo.
Il terzo argomento di preoccupazione riguarda il tentativo di negoziato per far cessare il fuoco tra la Russia e l’Ucraina.
Non c’è dubbio che l’Unione europea sia stato e giustamente a mio parere il soggetto istituzionale più vicino sia politicamente che con i fatti cioè con le risorse finanziarie alla causa della Ucraina e tuttavia, aldilà della richiamo in campo da parte di Trump per assicurare le garanzie di sicurezza per la Ucraina nel momento in cui si dovesse (speriamo) arrivare ad un cessato il fuoco, nei negoziati veri e propri l’Unione europea è stato sinora un interlocutore secondario. Secondo il detto famoso “se non stai nel tavolo stai sul menu”, sembra che l’Unione europea si sforzi di stare su tavoli secondari, ma sicuramente non è nel tavolo principale e questo è obiettivamente un limite.
Così come è un grande limite, quello che riguarda l’ultimo punto del nostro ragionamento, che si riconnette alla situazione di Gaza.
Questa è una vicenda oltremodo drammatica, tragica e vergognosa nella sua atrocità e nella quasi indifferenza con cui lo sterminio va avanti senza che ci sia la capacità di interromperlo fermando la mano del governo israeliano che punta alla pulizia etnica, alla rimozione di di persone, di uomini e donne, bambini e anziani, reporters, ospedali e chiese, qualsiasi cosa!
Anche su questo mi pare che ci sia una grande difficoltà dell’Unione europea che annaspa sul tema di possibili sanzioni al governo israeliano e persino sulle limitazioni all’accesso a programmi europei come il programma Horizon.
A questi quattro punti di ragionamento aggiungerei un quinto punto che non si riferisce direttamente all’Unione europea, ma ad un nazione che da pochi anni è uscita dall’Ue, parla del Regno Unito, che però si è riavvicinato soprattutto sulla vicenda Ucraina al concerto dei paesi dell’Unione europea.
Anche su questo versante mi pare che vi sia in atto una crisi politica che sta dando fiato alla più pericolosa forza populista, filo trumpiana e antieuropeista che vi sia e cioè il partito di Nagel Farage che nei sondaggi supererebbe sia il partito conservatore che il partito laburista.
Sicuramente una prospettiva di questo genere sarebbe infausta per i rapporti tra Regno Unito e l’Unione Europea.
Sono elementi di discussione di ragionamento a cui mi permetto di accompagnare la riflessione che è ancora riecheggia nella mia mente, di Mario Draghi al meeting di Rimini di CL.
Draghi ha detto sostanzialmente che lo scetticismo che oggi è presente nell’opinione pubbliche europea non riguarda i valori per i quali è nata l’Unione europea, la pace e la giustizia e l’equità il rispetto dei diritti umani e quant’altro ma riguarda la capacità dell’Unione europea di realizzare questi valori e cioè il fatto che l’Unione europea non è riuscita in questi anni a diventare un grande soggetto politico e un attore anche economico e geoeconomico e geopolitico capace di darsi anche una governance sia politica che economica con un debito comune, con un ministro del tesoro dell’Unione europea, con un ministro degli esteri e della difesa dell’Unione europea, con procedure decisionali che siano democratiche, quindi eliminando il potere di veto che è connesso con la regola dell’unanimità in Consiglio europeo.
Sono tutte riflessioni che riflessioni che scrivo come se parlassi a voce alta e che vogliono rappresentare un contributo ad un dibattito.
Non possiedo la verità, ma penso a quello che sta avvenendo e offro queste mie riflessioni a chi mi legge e spero che di queste riflessioni possa tener conto anche la presidente della commissione europea e quanti interverranno nel dibattito il 10 settembre.
Credo che forse e senza forse sia venuto il momento di darsi uno scossone e di dare uno scossone alla postura dell’Unione europea.





