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Non farsi coinvolgere da un congresso allargato del Pd chiamato “referendum”
Di Daniele Capezzone
Ma perché dovremmo farci coinvolgere da una forma anomala di congresso allargato del Pd a cui stavolta si è dato il nome di “referendum”?
E qui la lingua va a battere dove il dente duole, e cioè su una campagna referendaria scombiccheratissima e il cui esito appare segnato, perché portare al voto il 50% più uno degli italiani l’8-9 giugno è una missione impossibile.
Eppure Schlein e Landini negano l’evidenza: “Non è testimonianza, il quorum si può raggiungere”, dicono da quelle parti.
E si capisce che lo dicano, anche se il loro obiettivo reale è tutto diverso, e cioè imporre una loro egemonia su chiunque voglia stare la prossima volta nel tendone del centrosinistra. Come dire: o si aderisce a questa piattaforma oppure non c’è spazio, con i poveri “riformisti” chiamati a una via di mezzo tra un’abiura e una sottomissione.
Tirando le somme, sgomenta il fatto che a sinistra nemmeno si rendano conto di quanto tutto questo giovi al centrodestra, a cui tutto sommato basterà sbagliare poco nei prossimi mesi per rendersi incomparabilmente preferibile, anzi per recitare la parte degli adulti nella stanza, mentre i bambini (progressisti) fanno chiasso su posizioni massimaliste e in ultima analisi minoritarie .
Pensare – in queste condizioni – di battere il centrodestra è utopia. Ma ancora più irrealistico è ipotizzare che una quota rilevante di italiani (di quelli, diciamo, meno schierati politicamente, con un minore senso di appartenenza partitica, con scarsi o nulli vincoli ideologici) possa anche solo prendere in considerazione un’offerta politica del genere.





