News
Ma quindi qual è la posizione della sinistra su Gaza dopo la pace?
Di Daniele Capezzone
Anche ai più distratti non può essere sfuggito l’imbarazzo, la sensazione di sconcerto, la chiarissima situazione di impasse della sinistra dopo l’annuncio della tregua a Gaza.
Chi si è rifugiato nell’afasia, chi si è limitato a dirsi vagamente “sollevato” (ma senza entrare nel merito di ciò che era successo per merito di Donald Trump), chi si è avventurato in spiegazioni risibili (rivendicando inesistenti meriti delle piazze e perfino della Flotilla: ipotesi francamente surreali), chi infine ha continuato a dare supporto all’inspiegabile e insensato pulviscolo di manifestazioni che sono rimaste convocate anche dopo la notizia della pace.
Ora, capisco che le quattro parole “Trump ha avuto ragione” siano difficili da pronunciare per alcuni, ma da adesso ai prossimi mesi – pena il silenzio su un tema decisivo – la sinistra dovrà pur assumere una posizione sul dopoguerra a Gaza, sulla ricostruzione, e – più complessivamente – su una prospettiva in Medio Oriente che si fa più luminosa, con una sorta di rilancio dell’idea che stava alla base degli Accordi di Abramo e che ora potrebbe realizzarsi su scala molto maggiore di quanto fosse riuscito a Trump durante il suo primo mandato.
Oppure – c’è da chiedersi – la linea della sinistra consisterà solo nello stare alla finestra e sperare che le cose vadano male?





