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Si riparla di legge elettorale, vuol dire che…

05
Maggio 2025
Di Daniele Capezzone

Se vi capita di entrare nella “bubble”, nella bolla politico-mediatica di Roma Centro, insomma se prendete un caffè con un esponente politico (a voi la scelta sullo schieramento), dopo quattro-cinque minuti di convenevoli (Trump, il Papa, il meteo, i ponti di primavera) si arriverà dritti a ciò che oggi sta a cuore a diversi onorevoli. 

Chi per speranza, chi per timore, chi per comprensione di ciò che si muove davvero tra i leader, chi come meno consapevole massa di manovra parlamentare. 

Sto parlando della eventuale modifica della legge elettorale. I dettagli sono da definire: un po’ più dí proporzionale, un po’ meno di collegi, un po’ più di preferenze, un po’ meno di liste bloccate, un po’ più di premio di maggioranza, e forse l’indicazione sulla scheda di un candidato premier. Quest’ultimo, esercizio agevole a destra, e potenzialmente motivo di lite a sinistra. Ma queste sono – appunto – tecnicalità, per quanto cariche di conseguenze tattiche. 

Il punto di fondo è che, quando si comincia a discutere di legge elettorale, vuol dire invariabilmente che la legislatura volge al termine. Scadenza anticipata, dunque? Penso di no: si voterà nella primavera del 2027. Ma politicamente vuol dire che la parabola della legislatura è già in fase discendente. 

A destra si calcola un vantaggio elettorale (che indubbiamente e meritatamente c’è), ma forse si sottovaluta il fatto che gli elettori desidererebbero qualcosa in più su sicurezza e tasse. A sinistra dovranno sbrigarsi a comporre qualcosa che assomigli a una coalizione (esercizio non facile), ma quasi certamente si sottovaluta il fatto che gli elettori non saranno orientati a considerare un’ammucchiata anti-centrodestra come un’opzione di governo credibile. 

Siamo ancora a questo punto, come sei mesi fa, e probabilmente come fra altri sei mesi.