Lavoro

Bilancio di genere: con la pandemia meno lavoro per le donne

19
Gennaio 2022
Di Paolo Bozzacchi

Il Bilancio di genere 2021 ha due facce. L’impatto della crisi pandemica è stato particolarmente negativo sia in termini di posti di lavoro per le donne sia peggiorativo per la condizione di lavoro al femminile. Mentre cresce l’occupazione maschile. Il tutto fa riferimento all’anno 2020, annus horribilis della pandemia.

“L’analisi dei divari tra uomini e donne evidenzia come la crisi generata dalla pandemia da Covid-19, abbia avuto effetti differenziati in base al sesso”. Sono le parole della sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra, che nei prossimi giorni illustrerà alle commissioni Bilancio di Camera e di Senato il dettaglio del Bilancio di genere edizione 2021 relativo all’esercizio finanziario 2020 dello Stato.

“Diversamente rispetto alle crisi precedenti – spiega Guerra – l’impatto di quella pandemica è stato particolarmente negativo sulle donne: si è tradotto non solo in una significativa perdita di posti di lavoro in settori dominati dalla presenza femminile, ma anche in condizioni di lavoro peggiori, in una accresciuta fragilità economica e in un conflitto vita-lavoro ancora più aspro del passato”

Dei 128 indicatori utilizzati nella relazione al Parlamento sull’analisi del bilancio dello Stato secondo una prospettiva di genere, i più rilevanti in questa edizione sono proprio quelli sull’occupazione e sulla conciliazione dei tempi di vita.

Per la prima volta dal 2013 la curva del tasso di occupazione femminile scende: nel 2020 è tornata minoritaria, al 49%. Proprio nell’anno del G20 Empower che ha puntato forte sulla leadership al femminile.

Particolarmente critico nel Bilancio di genere 2020 il dato relativo alle donne giovani (33,5%) e a quelle residenti nel Sud del Paese (32,5%). Cresce ancora il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile che arriva a 18,2 punti percentuali.

‘Avevamo faticosamente superato la soglia psicologica del 50% nel tasso di occupazione femminile e con la pandemia siamo rovinosamente scivolati indietro – spiega la sottosegretaria – per altro senza che si sia ancora riusciti a recuperare il terreno nonostante la ripresa economica’. Il dato sull’occupazione femminile è tanto più grave se viene letto in confronto con la media europea che si attesta al 62,7%, con un divario di genere pari a 10,1 punti percentuali.

Nè studentesse, nè lavoratrici. Nè in cerca di un titolo di studio nè di un’occupazione. Sono le cosiddette Neet che nel 2020 sono cresciute passando dal 27,9% del 2019 al 29,3% contro una media Ue femminile del 18%.

Venendo poi ai dati sul part-time involontario, la quota di donne costrette ad accettare un orario ridotto è passata, tra il 2019 e il 2020, dal 60,8 al 61,2% delle occupate part-time contro una media Ue del 21,6%. Anche in questo caso la forbice è molto ampia: in termini assoluti sono 1.866.000 le donne con contratto part-time involontario contro 849mila uomini.

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