Raccolta dimezzata (con punte di -70%), prezzi alle stelle, produttori e industria dolciaria in difficoltà. Sono questi gli ingredienti della crisi del settore corilicolo. L’Italia dopo la Turchia è il più importante produttore di nocciole al mondo, e fino allo scorso anno deteneva una quota di mercato globale tra il 10 e il 15%. Il colosso mondiale resta la Türkiye con i tre quarti della produzione mondiale. L’Italia resta seguita in classifica a grande distanza da: Stati Uniti (4%), Azerbaigian (3%), Georgia (2%) e Spagna (1%). Ma il nostro Paese sta vivendo una crisi senza precedenti dovuta a diversi fattori. Anzitutto i cambiamenti climatici e gli avvenimenti meteorologici estremi: siccità, ondate di calore, piogge intense concentrate e gelate tardive.
Tutte condizioni che danneggiano fioritura, allegagione e maturazione del frutto. Aggravati dall’allungamento della stagione estiva, gli sbalzi termici e le carenze idriche che provocano la caduta anticipata della nocciola dall’albero prima della completa maturazione. La situazione è piuttosto grave, tanto che tutte le associazioni di settore stanno rivolgendo appelli alle Istituzioni per interventi urgenti. Confagricoltura ha informato il Ministro Lollobrigida, sottolineando come in alcune aree delle regioni corilicole Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia si siano registrate perdite del raccolto fino a -70%, e in alcuni casi non si raccoglierà affatto. Il dato è più allarmante se si considera che negli ultimi 10 anni le superfici coltivate a nocciole in Italia sono aumentate di oltre il 30%, a fronte di una produzione in calo già da diversi anni. Per completezza d’informazione va rilevato che anche la raccolta turca è in calo, nell’ordine di circa il 20%, ma soprattutto con una qualità in calo del prodotto. «Il comparto corilicolo italiano è in estrema difficoltà» ha dichiarato Dario Di Vincenzo, presidente Federazione nazionale di prodotto frutta in guscio di Confagricoltura «e necessita di misure immediate per garantire un futuro alle aziende. Indispensabile prevedere ristori urgenti per far fronte alle perdite di quest’anno, ma anche interventi strutturali per tutelare la redditività, la competitività e la tenuta produttiva di un settore strategico per molti territori».
Sulla redditività è utile sottolineare come un altro fattore di crisi è l’invecchiamento delle piantagioni, dato che le piante di oltre 25-30 anni tendono a ridurre la produttività e molti impianti non sono stati rinnovati o adattati alle nuove condizioni ambientali. I prezzi delle nocciole già in apertura della stagione commerciale hanno subito aumenti notevoli (tra il 30 e il 50% rispetto a inizio campagna 2024) soprattutto a causa dell’offerta scarsa, ma anche perché i costi operativi di raccolta sono alle stelle e alcuni produttori non hanno raccolto perché questi ultimi superavano i ricavi attesi. Il mercato di settore sta vivendo una fase di volatilità rialzista senza precedenti. Il prezzo della sgusciata 11/13 consegnata in Europa quest’anno è più che raddoppiato rispetto al 2024 (+135%), e ha superato quota 18mila dollari a tonnellata, in rialzo di oltre il 25% da inizio settembre a oggi.
Come si sta organizzando Ferrero
Scrivendo di nocciole il pensiero non può non andare al colosso Ferrero. La crisi del settore corilicolo non preoccupa più di tanto l’industria oggi molto più globale che piemontese. Ferrero ha fatto sapere di diversificare le fonti di approvvigionamento delle nocciole a livello globale e che non prevede discontinuità nella filiera, nonostante la crisi produttiva. L’azienda utilizza nocciole provenienti da tutti i principali produttori mondiali: Turchia, Italia, Stati Uniti, Cile), anche per bilanciare i tipici effetti stagionali degli emisferi nord e sud. In termini di strategia Ferrero ha annunciato un piano per sviluppare almeno mille ettari di nuove piantagioni di nocciole in Serbia nei prossimi 4 anni, con investimenti diretti e partnership locali.
Il settore corilicolo è in fermento. E come ogni fermento è bene si controlli a vista, con saggezza.





