Esteri

Via della Seta, l’Italia deve decidere se rinnovare l’accordo con la Cina

12
Maggio 2023
Di Giampiero Cinelli

Al posto della globalizzazione americana i cinesi hanno proposto la propria. Comunemente chiamata “Via della Seta”, il progetto ufficialmente si intitola Belt and Road iniziative (BRI) ed è un programma infrastrutturale, commerciale e logistico che va da Pechino fino alla Germania. Se ne parla poco ma, non è da poco, il fatto che l’Italia avesse aderito alla collaborazione con la Cina nella legislatura del Conte I. Dopo quasi quattro anni tutto è cambiato e ora Giorgia Meloni deve decidere se rinnovare o meno il memorandum. Secondo quanto circola, infatti, in questi giorni il governo italiano non avrebbe intenzione di continuare l’accordo con la Cina, in scadenza a inizio 2024. Senza un avviso tra le parti, però, il memorandum si rinnoverà automaticamente.

Tutto fa pensare a un mancato rinnovo. Per le posizioni filo-Nato della destra di governo e della Meloni esplicitamente, adesso accentuate dalla situazione generata dalla guerra. Ma altri addetti ai lavori parlano di un dibattito interno che comunque non sarà da trascurare. Il memorandum è della durata di 5 anni, era stato firmato nel marzo 2019, e aveva reso l’Italia di fatto l’unico paese del G7 ad aver accettato un documento politico con Pechino, suscitando al tempo le attenzioni (e le reazioni, per fortuna solo verbali) di Washington.  

L’accordo ha portato vantaggi commerciali limitati per le imprese italiane rispetto alla concorrenza europea. Parigi e Berlino, per esempio, non hanno firmato nulla di simile. Ma, benché l’espansione del loro export sia inferiore a quella italiano, i dati non sembrano suggerire l’esistenza di una doppia velocità. 
Ciò che rimane perciò è l’adesione politica (e simbolica) alla BRI, un progetto al centro dello sforzo cinese di ridisegnare l’ordine internazionale. Giusto rendere più facile il progetto della potenza asiatica?

Per Roma la decisione sarebbe facile sulla carta. Meno se calata in un quadro di rapporti concreti dove si possono intravedere rischi e opportunità. E se la Casa Bianca fa pressioni, Pechino non sta certo a guardare. Da nazione a cui è stato attaccato lo stereotipo di minaccia per i Paesi dell’occidente, e probabilmente lo è perché troppo più forte economicamente, ma il cui pericolo a dire il vero è difficile da analizzare e quantificare lucidamente, siccome il dragone è pure notoriamente un ottimo acquirente. A Giorgia Meloni l’onere della decisione, che non dovrebbe arrivare prima del G7 in calendario dal 19 al 21 maggio.

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