Il presidente Usa Donald Trump incontrerà il presidente risso Vladimir Putin a Budapest, non si sa
quando, per discutere della fine della guerra in Ucraina. L’incontro, imprevisto, è stato concordato
ieri, durante una lunga telefonata di circa due ore fra Trump e Putin, proprio alla vigilia del ritorno
alla Casa Bianca, oggi, del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che viene a chiedere di potere
disporre dei missili Usa a lunga gittata Tomahawk.
Nella lettura dell’Ap e di molti media Usa, l’annuncio dell’incontro Trump – Putin, anche in assenza
di una data, potrebbe preludere al rinvio della decisione – o almeno dell’attuazione della decisione –
sui Tomahwak: una conferma o meno di questa deduzione si avrà nelle prossime ore. Per Zelensky,
“le capacità missilistiche a lungo raggio” sono uno strumento per indurre il Cremlino a negoziare e
a chiudere il conflitto.
Il presidente ucraino giunge alla Casa Bianca dopo l’ennesima pioggia di droni e missili russi
sull’Ucraina da lui definiti “terrorismo russo”. L’Ucraina ha colpito a sua volta una raffineria russa
a Saratov.
Trump e Putin non si sono più incontrati dopo il vertice di Ferragosto ad Anchorage in Alaska,
quando sembrava che la fine della guerra fosse a un passo. Invece, dopo non ci sono più stati
sviluppi positivi; anzi, il conflitto s’è ulteriormente incancrenito.
La scelta del luogo del prossimo incontro desta perplessità europee: l’Ungheria è il Paese più filo-
russo dell’Unione europea, in palese contrasto con la linea Ue pro-Ucraina. La presenza del tutto estemporanea del premier ungherese Viktor Orban era già stata notata al vertice di Sharm-el-Sheik
lunedì scorso, dove non aveva né ruolo né rilevanza: come se Trump lo volesse premiare per essere,
più di altri, la sua ‘quinta colonna’ europea.
Il magnate presidente aveva ieri dato notizia sul suo social Truth della telefonata con Putin mentre
era ancora in corso. Circa due ore dopo, la Casa Bianca aveva dichiarato che il colloquio era stato
produttivo, anzi molto produttivo: “Ci vedremo a Budapest per finire una guerra ingloriosa”, il post
di Trump.
La prossima settimana saranno avviati colloqui preparatori tra esponenti di alto livello Usa e russi.
Per parte Usa, “i primi incontri saranno guidati dal segretario di Stato Marco Rubio”. Il luogo
dell’incontro resta da definire”.
Putin si è anche congratulato con Trump per “il grande risultato ottenuto in Medio Oriente, qualcosa
che… è stata sognato per secoli”: “Credo che il successo in Medio Oriente ci aiuterà a mettere fine
al conflitto tra Russia e Ucraina”, le parole e i concetti attribuiti al russo dall’americano.
Ma dal Medio Oriente vengono notizie preoccupanti e propositi bellicosi. Secondo la Cnn, Hamas è
“la maggiore minaccia” all’attuazione del piano di pace di Trump: “le azioni del gruppo terroristico
palestinese indicano che resta concentrato a mantenere con pugno di ferro il controllo della Striscia
di Gaza”. Mercoledì, in un’intervista proprio alla Cnn, Trump aveva detto che l’esercito israeliano
potrebbe riprendere i combattimenti nella Striscia “appena glielo dico”, se Hamas non rispettasse
l’intesa. “Se Hamas continua a uccidere – le parole di Trump -, non ci resta altro da fare che andar
lì e ucciderli”.
I media Usa raccontano “la nuova, violenta campagna di Hamas per riaffermare il controllo su Gaza
con esecuzioni pubbliche e caccia alle gangs rivali: “Profittando della tregua, Hamas fa così sapere
di rimanere l’unica autorità visibile a Gaza, con pesanti conseguenze sul piano di pace di Trump”.
In un’analisi, il Wall Street Journal s’interroga se il premier israeliano Bemhamin Netanyahu, dopo
“avere vinto la guerra”, sia “in grado di vincere la pace”,
Il sito Axios, spesso ben informato sulle vicende mediorientali, nota che l’Amministrazione Trump
sta lavorando per istituire una forza di sicurezza multinazionale nella Striscia, per selezionare
potenziali leader civili palestinesi e per compiere i primi passi verso la ricostruzione, a cominciare
da Rafah, il valico al confine con l’Egitto.
Ma diverse questioni restano insolute: Hamas ha finora restituito solo nove corpi di ostaggi catturati
nei raid del 7 ottobre 2023 e deceduti in cattività e ne ha ancora 19, molti dei quali devono essere
recuperati sotto le macerie. Di conseguenza, il Forum delle famiglie degli ostaggi chiede al governo
di bloccare l’intesa: Israele tiene chiuso il valico di Rafah e limita il flusso degli aiuti, che entrano
solo da altri valichi, tra cui quello di Kerem Shalom; e il premier israeliano Benjamin Netanyahu
non esclude una ripresa delle ostilità..





