Esteri
Ucraina: i pezzi del puzzle della pace non combaciano
Di Giampiero Gramaglia
È un puzzle i cui pezzi non combaciano quello della pace in Ucraina, che team di negoziatori diversi, a tavoli diversi, da Ginevra ad Abu Dhabi, cercano di comporre per ora senza successo, nonostante la Casa Bianca “batta la grancassa” – l’espressione è della Cnn – sui progressi fatti.
Washington, Kiev, gli europei parlano di passi avanti, ma danno l’impressione di avere in mente progetti di accordo diversi. Mosca non avalla nessuna delle ipotesi sul tavolo, neppure quelle a lei più favorevoli, e, intanto, continua a mettere sotto pressione sul terreno le difese ucraine e la notte ad attaccare con missili e droni città e infrastrutture militari, energetiche, industriali.
Una cosa è sicura: la scadenza di domani per un sì o un no definitivi, fissata con consueta sicumera dal presidente Usa Donald Trump, non sarà rispettata. Già si parla di una nuova missione a Mosca, la prossima settimana, del negoziatore Usa Steve Witkoff, forse accompagnato dal ‘primo genero’ Jared Kushner; e Trump dice di non vedere l’ora di incontrare i presidenti russo Vladimir Putin e ucraino Volodymyr Zelensky, ma solo quando tutto sarà definito “o quasi”.
Gli sviluppi, ma anche le incertezze, dei negoziati di pace per l’Ucraina tengono banco ogni giorno sui media Usa ed europei. C’è chi sostiene che Kiev ha accettato un accordo di pace in 19 punti concordato con gli Usa, dopo che, solo una settimana fa, Washington ne proponeva uno in 28 punti apparentemente già condiviso con Mosca – anzi, secondo alcuni, dettato da Mosca -.
Per Le Monde, gli europei, che si sono intromessi nella trattativa non invitati, ma a giusto titolo, “cercano, senza illusioni, di approfittare dell’ennesimo voltafaccia americano per ottenere garanzie di sicurezza” per sé e per l’Ucraina. Dopo un consulto Ue/G7, a margine del G20 di Johannesburg; un incontro a 27 a Luanda in Angola, a margine di un vertice tra Ue e Africa; e i negoziati a Ginevra nel fine settimana; i Volenterosi, cioè i Paesi più determinati ad aiutare l’Ucraina, hanno ieri discusso ieri con il segretario di Stato Usa Marco Rubio. Secondo il Cremlino, le controproposte degli europei “non sono per nulla costruttive”.
La Cnn fa il punto degli ostacoli che restano da superare: tre sarebbero i più significativi, “dettagli” per gli americani, ”macigni” per ucraini ed europei. Il primo è la cessione alla Russia di territori del Donbass, nell’Ucraina orientale, che non sono stati ancora conquistati, compresa la cosiddetta “cintura delle fortezze”, città e località fortificate considerate vitali per la sicurezza ucraina.
Il secondo è la limitazione delle dimensioni dell’apparato militare ucraino a 600 mila uominj – cifra contenuta nel piano in 28 punti e ora corretta a 800 mila -. Il terzo è la rinuncia di Kiev a entrare nella Nato, una richiesta che resta inaccettabile anche perché costituirebbe “un cattivo precedente” e riconoscerebbe di fatto un diritto di veto alla Russia sull’ingresso nell’Alleanza atlantica.
Nonostante i disaccordi, il presidente Trump esalta “i tremendi progressi” fatti dai suoi negoziatori, a Ginevra e ad Abu Dhabi, dove il confronto è a livello militare e di intelligence, verso una fine della guerra tra Russia e Ucraina. E il segretario di Stato Rubio mantiene un tono “molto positivo” sull’andamento dei contatti, assicurando che “i punti che rimangono non sono insormontabili”.
Sul fatto che ci sia stata un’ennesima ”virata” americana, nel conflitto russo–ucraino, i media Usa sono sostanzialmente concordi: La Casa Bianca, che una settimana fa appariva filo-russa, vuole oggi mostrarsi neutrale. In genere, le analisi fanno emergere una linea di frattura fra la diplomazia più o meno tradizionale di Rubio e quella più spregiudicata e affaristica dell’inviato di Witkoff: Politico titola “Rubio cambia rotta ai negoziati di Trump sull’Ucraina dopo una settimana di caos”.
Witkoff finisce sotto accusa per il carattere non convenzionale dei suoi contatti con emissari russi e per avere suggerito al Cremlino come trattare con Trump – bisogna prima riempirlo di elogi e poi presentargli delle richieste -. Ma la Casa Bianca difende l’operato dell’immobiliarista divenuto ‘negoziatore in capo’ nel Trump 2.
Il New York Times racconta che Rubio ha cercato di portare un piano pro-russo in terreno neutro e ha preso il controllo di trattative che parevano deragliare nel triangolo Usa – Ucraina – Europa, mentre Trump attaccava verbalmente Kiev che tracciava “linee rosse”. Il Washington Post svela retroscena del piano in 28 punti, stilato in base agli input di un confidente del Cremlino.
Da inserire, nel grande quadro, anche una telefonata tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping: ne è uscito l’auspicio, buono per tutte le stagioni e per tutte le latitudini, di una pace “equa e duratura”.





