Esteri

Qatargate, Carlo Fidanza: «Chiarire il ruolo delle ong». L’intervista

06
Febbraio 2023
Di Alessandro Caruso

«Il buco nero che si è evidenziato nella vicenda Qatargate riguarda non la rappresentanza di interessi nel suo complesso, ma la mancata efficace regolamentazione delle ong», Carlo Fidanza, europarlamentare di FdI e uno dei più stretti sodali di Giorgia Meloni, torna in carreggiata dopo il lungo silenzio che aveva scelto di adottare in attesa di chiarire la sua posizione nell’inchiesta sulla lobby nera milanese: il caso è chiuso (la procura ha richiesto l’archiviazione, ndr).
E adesso è un fiume in piena, dal Qatargate al caso Cospito, fino alle elezioni regionali e ad alcune complesse questioni legislative europee.

Onorevole Fidanza, partiamo inevitabilmente dal caso Cospito con il corollario di polemiche politiche che lo sta accompagnando.
«Le confesso che sono molto preoccupato e non posso che condividere l’appello di Giorgia Meloni ad abbassare i toni. La polemica politica sta facendo passare in secondo piano il dato più inquietante: ovvero la possibile saldatura tra la galassia anarco-insurrezionalista e la mafia, che trovano nella battaglia contro il 41-bis il terreno di incontro. Gli attacchi concertati alle nostre sedi diplomatiche, le minacce in tv, la scorta attribuita a esponenti del Governo e del Parlamento, i manifesti alla Sapienza, gli attacchi contro le forze dell’ordine, ci riportano indietro di tanti anni. Ci siamo già passati e non dobbiamo sottovalutare nulla: quando si addita un nemico pubblico, come è avvenuto in questi giorni, c’è sempre la possibilità che qualche esaltato compia qualche gesto inconsulto. Abbassare i toni non vuol dire abbassare la guardia, anzi: le istituzioni devono essere difese da tutte le forze politiche, lo Stato deve fare lo Stato e non cedere di un millimetro di fronte a minacce e violenze».

A proposito di giustizia, qual è il suo giudizio sulla proposta di riforma di cui si sta parlando in queste settimane, anche alla luce della sua recente esperienza?
«Sono molto felice che Giorgia Meloni abbia scelto Carlo Nordio come ministro della Giustizia. La considero anche una maturazione culturale importante per la destra italiana che in qualche caso ha peccato di un eccesso di giustizialismo. Le garanzie per indagati e imputati sono fondamentali, almeno quanto la certezza della pena verso i condannati. Allo stesso tempo è importantissimo assicurare tempi certi, garantire organici adeguati, separare le carriere, porre fine alla degenerazione correntizia del Csm, intervenire sull’abuso delle intercettazioni senza naturalmente mai indebolire la lotta al crimine».

Si avvicinano le regionali del 12-13 febbraio. Ha avuto un ruolo nella decisione del candidato del centrodestra in Lombardia? Cosa ne pensa Fidanza di Fontana? E quali saranno le sue principali difficoltà da superare?
«L’accordo per la ricandidatura di Attilio Fontana è stato siglato dai leader nazionali del centrodestra. Fontana è un amministratore capace e una persona di grande spessore umano. Insieme a lui, spetterà a FdI il compito di trainare la coalizione e orientare le future scelte della regione. La Lombardia è stata la prima trincea nella lotta alla pandemia e, nonostante abbia pagato un prezzo altissimo, ha resistito ed è ripartita grazie al suo straordinario personale sanitario e a un tessuto imprenditoriale sano che l’Europa ci invidia. Dopo 27 anni ininterrotti di governo avvertiamo la fisiologica volontà di costruire una stagione di rilancio, a partire dal sistema sanitario che necessita di un tagliando su liste di attesa e territorialità. E questo si potrà fare soltanto nel solco della tradizione di libertà e di buon governo del centrodestra, che sono certo prevarrà sulla proposta di una sinistra massimalista alleata con il partito del “No” rappresentato dal M5S». 

Secondo lei quello delle regionali è un primo test di governo?
«Quando si vota nelle due principali regioni italiane è sempre un test politico che ha valenza e ricadute nazionali. E noi siamo convinti che i lombardi confermeranno la fiducia nel centrodestra e in FdI perché, da pragmatici quali sono, sanno quanto sia importante la sintonia politica e culturale tra il governo nazionale e quello regionale. Una valutazione che sono convinto verrà sposata anche dalla maggioranza degli elettori laziali che avranno in Francesco Rocca un ottimo governatore».

Veniamo alle questioni europee… alcuni giorni fa avete votato la revoca dell’immunità di Tarabella e Cozzolino, coinvolti da Panzeri nella vicenda Qatargate. Ci racconti… che aria tira a Strasburgo da quando è scoppiato questo scandalo?
«Sono state settimane difficili, nelle quali la reputazione del Parlamento europeo e di chi vi opera è stata messa a dura prova. Sul piano giudiziario attendiamo gli sviluppi dell’inchiesta; su quello politico mi ha dato particolarmente fastidio che qualcuno, per coprire politicamente la sinistra, lo abbia definito un “Italian job”. Il coinvolgimento nell’inchiesta di parlamentari di altre nazionalità, ma dello stesso gruppo politico, ci fa pensare piuttosto a un “socialist job”. Preoccupa poi la debolezza culturale della sinistra verso certi governi autocratici, che peraltro in Europa penetrano sia con ingenti capitali sia con la predicazione radicale nelle comunità musulmane».

Dopo lo scoppio dello scandalo si è tornato a parlare con forza del condizionamento delle cosiddette “lobby” nei palazzi Ue. Che indirizzo dovrebbe avere secondo lei un’eventuale ulteriore regolamentazione della rappresentanza di interessi?
«Non dobbiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca. Il Parlamento Ue è sempre stato visto come un modello di trasparenza per le altre istituzioni democratiche, anche nazionali. Il buco nero che si è evidenziato in questa vicenda riguarda non la rappresentanza di interessi nel suo complesso, ma la mancata efficace regolamentazione delle Ong. Mi spiego: se io, nella mia veste di parlamentare, mi trovo di fronte un’azienda privata o un’associazione di categoria so già in partenza quali interessi cercherà di tutelare. Persino se mi viene a trovare l’Ambasciatore del Qatar gli interessi in gioco sono chiari. Se invece viene un ex deputato a capo di una Ong (peraltro non iscritta al registro della trasparenza) che dice di battersi per i diritti umani e poi questa è finanziata dal Qatar per fare il contrario, io non sono in condizioni di valutarlo e di difendermi. È su questo che bisogna intervenire!».

Lei nell’ultima settimana ha espresso preoccupazioni per il nuovo regolamento Ue sulla pubblicità e il targeting elettorale sul web. Cosa non la convince?
«La democrazia europea è minacciata e dobbiamo assolutamente rafforzare gli strumenti contro le ingerenze esterne, a maggior ragione in questa nuova fase storica. Ma questo regolamento pone vincoli e sanzioni talmente pesanti ai provider che, per non rischiare di incorrervi, probabilmente questi sceglieranno una “censura” preventiva e generalizzata. Inoltre nel testo che abbiamo appena approvato in Parlamento si mischiano pericolosamente pubblicità e comunicazione politica, che invece dovrebbero rimanere ambiti distinti. Si rischia insomma una compressione della libertà di espressione, che è un bene altrettanto prezioso della impermeabilità dei nostri processi decisionali alle ingerenze straniere. Mi auguro che nel negoziato con il Consiglio il testo possa essere migliorato e anche il governo italiano difenda le ragioni del free speech».

Sulla vicenda dell’etichettatura del vino sembra proprio che si voglia fare uno sgambetto ai paesi mediterranei, principali produttori di vino in Europa. E’ lecito pensarlo? Come si sta muovendo la deputazione italiana a Strasburgo? C’è unione di intenti?
«Sì, siamo abbastanza uniti. Tra etichette sul vino, Nutriscore, carne sintetica, farine di insetti e normative ultra-green, le nostre eccellenze sono sotto attacco. Il tutto avviene con argomentazioni pseudo-scientifiche, nel nome di una presunta difesa della salute o dell’ambiente. Dobbiamo fare fronte comune, con i produttori ma anche con i cittadini, per difendere la nostra dieta mediterranea e le nostre tradizioni enogastronomiche. La sensazione a Bruxelles è che, se l’Italia su questi temi alza la voce con credibilità e compattezza, ci siano molti Paesi pronti a seguirci. E l’azione del Ministro Lollobrigida in questa direzione sta già dando frutti importanti».

A proposito di Mediterraneo, è davvero conseguibile un nuovo “Piano Mattei”? Quali saranno le prossime tappe?
«Noi lo riteniamo un progetto decisivo: chiudere la stagione predatoria verso l’Africa e avviarne una nuova all’insegna di una vera cooperazione sarà fondamnetale per restituire all’Italia centralità geopolitica nel Mediterraneo, per diversificare i fornitori di energia in vista della rinuncia definitiva al gas russo, per contenere l’immigrazione irregolare. Mi auguro che il grande lavoro messo in campo da Giorgia Meloni con Algeria, Libia e presto con la Tunisia, possa avere un seguito anche verso l’East Med, sfruttandone appieno le potenzialità politiche ed economiche».

Fidanza, per chiudere, torniamo a un tema prettamente politico: ci sono sviluppi sull’avvicinamento tra Ecr e Ppe?
«C’è un dialogo in corso, alla luce del sole e con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la collaborazione tra i due gruppi e creare un’alternativa di governo alla “maggioranza Ursula” che, con l’aiuto ideologicamente determinante dei Verdi, ha condizionato in modo negativo questa legislatura europea. Chi lavora a Bruxelles sa quanto la strada sia lunga e quanto passi anche, inevitabilmente, dalle prossime competizioni elettorali in alcuni importanti Paesi e poi dalle Europee del 2024. L’importante per ora è parlarsi e cercare di limitare i danni di un eccesso di ideologia rossoverde che l’Italia e l’Europa stanno pagando a caro prezzo».