Esteri

Prime lezioni dal Qatargate (e una preghiera)

25
Gennaio 2023
Di Mattia Silvestri

I Paesi arabi non sono tutti uguali. Non sono corruttori in quanto Arabi, così come noi non siamo mafiosi perché Italiani, perciò per definizione tutti corruttibili. Monta il rischio di trarre conclusioni affrettate e alimentare sciocchi stereotipi già all’alba del cosiddetto Qatargate, cioè il caso di presunta corruzione di Europarlamentari da parte di Stati esteri (Qatar e Marocco) per orientare le scelte a Bruxelles. Bisogna imparare subito alcune lezioni, perché c’è il rischio immediato per l’Italia di perdere interessanti occasioni sia di collaborazione sia di crescita economica e culturale nei rapporti col Medio Oriente e con l’area del Mediterraneo allargato. 

Nel giorno in cui il giudice istruttore belga che dirige l’inchiesta, Michel Claise, sbarca a Milano per collaborare con i magistrati milanesi, si viene a sapere che l’ex eurodeputato Antonio Panzeri è sceso a miti consigli e pronto a collaborare seriamente con i magistrati titolari dell’inchiesta. Sarebbe in procinto di fare i nomi di altri coinvolti: Francesi, Tedeschi e Belgi oltre che Italiani secondo il suo avvocato. E’ bene dunque a iniziare oggi a sgombrare il campo da alcuni misunderstandings e da semplificazioni mediatiche, per disporre non soltanto di mani pulite, ma di mani libere. 

Il mondo arabo è variegato

Non si puo’ fare di tutta erba un fascio. O ragionare per semplicistici sillogismi. Ovvio che se il Qatar come il Marocco abbia corrotto Europarlamentari, funzionari comunitari, assistenti parlamentari o responsabili di Ong lo stabilirà presto la giustizia. Ma la giustizia ha i suoi tempi e intanto non si puo’ pensare, ad esempio, che se lo stesso Qatar ha organizzato i recenti Mondiali di Calcio e l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Grecia si stanno candidando ad ospitare l’edizione 2030 dell’evento principe della FIFA, allora Riyadh, El Cairo e Atene hanno già conquistato di diritto l’etichetta di corruttori. E sono interessati al calcio per esclusive ragioni di sportwashing. Sarebbe a dir poco qualunquista.

Piano con le parole

Anzitutto Qatargate, quando invece sta già emergendo che non è un caso che riguarda solo il Qatar. In secondo luogo sportwashing (sovente abusato), così come greenwashing (abusato anch’esso). A leggere i giornali si ha sempre di più l’impressione che il mondo Arabo venga percepito quasi esclusivamente come una grande lavatrice, costantemente accesa e impegnata in una centrifuga di pulizia profonda di scheletri nell’armadio. E poco altro. Non solo è sbagliato, ma controproducente. 

Quello che l’Italia ha da perdere

Vale la pena ricordare che l’Italia è da sempre uno dei principali fornitori internazionali dell’area MENA. Uno studio di Confindustria del 2019 sottolinea come nel 2018 gli scambi commerciali tra Italia e paesi MENA hanno movimentato oltre 75 miliardi di euro. Stiamo parlando di oltre il 5% del Pil del nostro Paese. E la musica non è cambiata con la pandemia. Tra gennaio e settembre 2022 l’export italiano verso l’area MENA ha fatto segnare quota 46 miliardi di euro, mentre l’import ha toccato quota 49,2 miliardi di euro. Non certo peanuts! Varrebbe dunque la pena anche per noi giornalisti pesare bene le parole, senza cercare ossessivamente titoli ad effetto o andare a caccia di clic.  

Come si allarga l’inchiesta

“Panzeri farà nuovi nomi”, ha fatto sapere l’avvocato di Eva Kaili, Michalis Dimitrakopoulos, che ha anche indicato le nazionalità degli europarlamentari che saranno coinvolti dall’inchiesta: “Italiani, Tedeschi, Francesi e Belgi”. L’ex eurodeputato ha deciso di collaborare attivamente con la magistratura. Intanto la moglie e la figlia di Antonio Panzeri (Maria Dolores Colleoni e Silvia Panzeri) hanno intenzione di farsi interrogare dal giudice istruttore Michel Claise. Lo hanno spiegato gli avvocati Angelo De Riso e Nicola Colli che difendono le due donne. Non appena saranno rimesse in libertà (sono ai domiciliari da dicembre e destinatarie di un mandato di arresto europeo) “le accompagneremo in Belgio” per rendere interrogatorio.

A Milano il giudice istruttore belga, Michel Claise insieme a un sostituto procuratore stanno lavorando negli uffici di polizia giudiziaria per copiare tutti i dati contenuti nei supporti informatici sequestrati anche a casa di Panzeri e nei cellulari sequestrati nell’ufficio della commercialista Monica Rossana Bellini. La magistratura milanese dell’aggiunto Fabio De Pasquale (dipartimento Affari internazionali) potrebbe aprire un fascicolo autonomo sull’ipotesi di riciclaggio.

La preghiera

La preghiera è duplice: da un lato attendere che la giustizia faccia il suo corso ed evitare gogne mediatiche di ancora fresca memoria che potrebbero lasciare segni indelebili su soggetti estranei dalle responsabilità, dall’altro lato per l’Italia non peccare di provincialismo nei confronti dei Paesi del Medio Oriente e del Mediterraneo allargato. Non è giusto, non conviene, non vorremmo che fosse fatto a noi.

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