Esteri

Guerre: MO, un barlume di speranza dal negoziato; Ucraina, Russia colpisce Merloni

30
Aprile 2024
Di Giampiero Gramaglia

Ci avevamo messo una pietra sopra, al negoziato e alle speranze di una tregua. Ed, all’improvviso, la trattativa si rianima: c’è una proposta israeliana, che Hamas non ha subito respinto (“La stiamo studiando”); il segretario di Stato Usa Antony Blinken ritorna nella Regione – per la settima volta, finora sempre senza risultati positivi – e definisce la proposta israeliana “generosa”; l’Egitto invita delegazioni di Israele e di Hamas al Cairo per negoziare.

Israele agita una carota, per i palestinesi: la tregua, si dice di 40 giorni, e la scarcerazione di detenuti in cambio della liberazione degli ostaggi ancora trattenuti, o di una parte di essi – sulla carta, circa 130; ma i superstiti sarebbero molti meno -. Ma Israele tiene anche bene in evidenza un bastone: l’operazione di terra a Rafah, nel sud della Striscia, dove raid israeliani continuano a fare vittime (una trentina tra domenica e lunedì e altrettante la notte successiva). I caccia d’Israele colpiscono lungo tutto la Striscia, da nord a sud.

Da Riad, sua prima tappa di questa tournée mediorientale, Blinken ribadisce l’opposizione degli Usa a un’offensiva israeliana su Rafah, perché – spiega – “non abbiamo ancora visto un piano che ci permetta di credere che i civili possano essere efficacemente protetti”. A Riad, dove c’è il World Economic Forum, è presente pure il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che ha incontri e tiunioni sulla crisi mediorientale. Anche l’Egitto aborre un attacco a Rafah, dove un milione e mezzo di palestinesi vivono accampati in tende, dopo avere lasciato il nord e il centro della Striscia: Il Cairo paventa un esodo di massa, sotto la spinta dell’esercito israeliano.

Alla fase negoziale contribuisce il presidente Usa Joe Biden, che discute al telefono l’ipotesi d’intesa con il premier Benjamin Netanyahu, con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e con l’emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al-Thani. Biden assicura che gli Stati Uniti, con Egitto e Qatar, “lavoreranno per garantire la piena attuazione di tutti i termini” dell’accordo ed esorta a compiere tutti gli sforzi necessari per garantire il rilascio degli ostaggi, “unico ostacolo a un cessate-il-fuoco immediato e agli aiuti per i civili a Gaza”. Il presidente, inoltre, ribadisce l’importanza di proteggere “le vite dei civili e di garantire che i palestinesi non siano sfollati in Egitto o in qualsiasi altro luogo al di fuori di Gaza”.

Dal canto suo, il presidente dell’Anp Abu Mazen avverte che Israele è pronto ad entrare a Rafah: “Solo gli Usa possono ancora impedirlo”. Ma finora l’Amministrazione Biden non è mai riuscita, nei quasi sette mesi di questa guerra sanguinosa, a convincere Israele a cambiare i propri piani. Secondo Abu Mazen, l’esercito israeliano attende il via libera del governo, che dipende da almeno due fattori: il primo è l’ipotesi di un’intesa su tregua e ostaggi; il secondo è il timore che la Corte penale internazionale, la prossima settimana, spicchi mandati di cattura per crimini di guerra contro il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Aluf Yoav Gallant.

Fra i reati che potrebbero loro essere attribuiti, c’è la risposta sproporzionata agli attacchi terroristici del 7 ottobre di Hamas con altre sigle palestinesi in territorio israeliano: circa 1200 vittime e quasi 300 ostaggi catturati. Il conflitto nella Striscia, scattato come ritorsione immediatamente dopo, ha già fatto oltre 34 mila vittime, soprattutto donne e bambini. A Netanyahu e a Gallant possono, inoltre, essere addebitati gli ostacoli frapposti alla distribuzioni di aiuti umanitari, viveri e medicinali, ai rifugiati palestinesi.

Sul fronte ucraino, invece, c’è da registrare un cambio di passo di Mosca, che mette nel mirino industrie europee operanti in Russia, fra cui la Ariston Thermo Rus, del Gruppo Ariston, affidata temporaneamente in amministrazione a un’impresa del gruppo Gazprom, gigante energetico russo. L’Italia chiede che il provvedimento sia revocato; l’ambasciatore russo Alexei Paramonov, convocato al Ministero degli Esteri, replica che “Roma sacrifica gli interessi nazionali a pericolose avventure anti-russe”.

Le punture di spillo economico-industriali con l’Occidente, che continua a usare contro Mosca l’arma delle sanzioni, fanno mediaticamente velo agli sviluppi del conflitto, “un carnaio in cui salgono le perdite russe e ucraine”, osserva il Washington Post. Le cronache – ormai una routine – degli attacchi notturni incrociati con droni e missili s’intersecano con  una frase di Blinken da Riad un po’ sibillina: “Se Mosca vuole negoziare, noi ci saremo”. Qualcosa si muove sotto traccia? E’ presto per dirlo.

Guerre: Medio Oriente, lavorio diplomatico e fermento studentesco
Invece, in Medio Oriente il lavorio diplomatico è evidente. L’Arabia Saudita fa sapere che nuove intese bilaterali con gli Stati Uniti sono ‘molto vicine’, anche sul futuro assetto della Striscia di Gaza dopo la fine del conflitto tra Israele e Hamas. Il doppio ‘filo rosso’ dell’ennesima missione  Blinken è innescare l’intesa tra Israele e Hamas e scongiurare i rischi di nuove escalation e d’un allargamento del conflitto, che pareva imminente dopo le fiammate tra Israele e Iran.

Per l’Amministrazione Biden, la crisi mediorientale ha un’importante componente elettorale. Cresce, infatti, il fermento pro-palestinese nelle Università statunitensi: campus occupati, lezioni sospese, studenti espulsi, centinaia di manifestanti arrestati – anche la candidata dei verdi alla Casa Bianca, Jill Stein, fermata a St.Louis -. Proteste pro-Palestina hanno pure fatto da contorno, sabato sera, fuori dall’Hilton Hotel di Washington, alla cena dei corrispondenti dalla Casa Bianca con Biden.

Minimo comune denominatore delle manifestazioni studentesche è la richiesta che le università allentino la cooperazione con atenei e/o entità israeliane ed esprimano sostegno a un cessate-il-fuoco. La maggior parte delle università si sono rifiutate di rompere o sospendere intese esistenti, esprimendo dubbi sull’utilità e l’efficacia d’una simile mossa. Nel fine settimana, a Gaza si sono viste manifestazioni palestinesi di gratitudine e solidarietà con gli studenti americani in lotta.

Il protrarsi della situazione potrebbe alienare a Biden, nelle elezioni presidenziali del 5 novembre, sia il voto degli arabo-americani, cruciale in Stati in bilico come il Michigan, sia quello dei giovani della sinistra democratica. Né gli arabo-americani né i giovani di sinistra voteranno Donald Trump, ma, a compromettere la vittoria di Biden, basterebbe la loro astensione o il dirottamento dei suffragi su un candidato terzo.

Guerre: Ucraina
A Kiev, è tornato in visita il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, forse per l’ultima volta – sta per lasciare l’incarico -. In una conferenza stampa congiunta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Stoltenberg ha ammesso che “seri ritardi nell’invio di aiuti hanno comportato serie conseguenze” per la difesa ucraina. Ma, ha aggiunto, “non è troppo tardi perché l’Ucraina vinca”, ora che gli Stati Uniti hanno sbloccato i loro aiuti e i Paesi europei fanno ulteriori sforzi. “Gli alleati hanno ascoltato il tuo appello’, ha detto Stoltenberg rivolto a Zelensky, anticipando “annunci di nuovi aiuti’ da parte degli alleati atlantici. Per Zelensky, “È importante che la consegna degli aiuti sia più rapida … Sappiamo che cosa i nostri partner possono offrirci, ma più veloce sarà l’invio di aiuti prima potremo stabilizzare l’Ucraina”.

Dove la situazione è ancora “peggiorata”, secondo il comandante in capo delle forze armate ucraine Oleksandr Syrsky, che ammette che l’esercito russo ha ottenuto dei “successi tattici”. Mosca ha infatti annunciato di avere preso il controllo dell’insediamento di Novobakhmutovka, nel Donetsk, una decina di chilometri da Avdiivka. È la terza località a cadere in poche settimane; ed è in atto un’avanzata russa nella regione settentrionale di Kharkiv, su cui i bombardamenti sono particolarmente intensi.

“Il terrore russo è efficace perché abbiamo capacità di difesa inferiori alle capacità di distruzione russe”, commenta Zelensky. Che incassa dal capo della diplomazia europea Josep Borrell promesse di sostegno “fino alla fine delle ostilità”: più delle parole, e delle visite, Kiev, però, aspetta armi ed aiuti.

Del resto, non sempre la armi attese sortiscono gli effetti voluti. Se i sistemi anti-aerei sono efficaci nel ridurre l’impatto degli attacchi russi con droni e missili e se i missili Usa Atacm recentemente forniti consentono di colpire in profondità le riserve, la logistica e le basi russe, non altrettanto si può dire dei carri Usa Abrams M1A1. L’Ucraina ha dovuto ritirarli dalla prima linea perché sono vulnerabili alla minaccia dei droni. Lo rivela l’Ap, citando fonti militari statunitensi.

Nel gennaio 2023, Washington aveva concordato l’invio a Kiev di 31 carri Abrams, del valore di 10 milioni di dollari l’uno, ritenendoli vitali per la capacità degli ucraini di sfondare le linee russe nell’offensiva di primavera che allora si preparava e che si sarebbe poi rivelata un flop. Ma errori nell’utilizzo dei carri da parte degli ucraini – è la versione statunitense – hanno reso quei carri esposti al nemico e poco utili. Adesso, stazionano nelle retrovie e militari americani e ucraini lavorano insieme a migliorarne l’impiego.

L’Ucraina, intanto, è a corto di soldati e i maschi adulti residenti all’estero possono ormai essere richiamati. Fino al 18 maggio saranno sospesi i servizi consolari, una misura che può riguardare, solo nei Paesi dell’Ue, 860 mila uomini. La data coincide con l’entrata in vigore della nuova legge sulla mobilitazione, che prevede l’obbligo per tutti gli uomini in età militare di contattare gli uffici di leva per aggiornare i propri dati, a distanza o di persona, entro 60 giorni. Gli adulti che abitano all’estero dovranno farlo per continuare a ricevere servizi di base: dal rinnovo dei documenti d’identità ai certificati di matrimonio.

Da Mosca, vengono notizie che imbarazzano il regime, tipo la storia di Timur Ivanov, vice-ministro della Difesa, destituito perché accusato di tradimento: avrebbe utilizzato i fondi per la ricostruzione di Mariupol a fini personali.