Arrivano luci e ombre dalle previsioni europee economiche d’autunno. Se da un lato l’Italia è diventata la formica d’Europa a livello di stabilità dei conti pubblici e con il deficit ora sotto l’asticella UE del 3% del Pil uscirà plausibilmente dalla procedura d’infrazione già nella prossima primavera, Roma si ritrova nuovamente fanalino di coda per quel che riguarda la crescita. Bruxelles la stima a +0,4% quest’anno, +0,8% nel 2026 e +1% nel 2027. Troppo poco per parlare di ripresa, troppo flebile per parlare di ripresa. Nella settimana che vedrà Moody’s esprimersi nuovamente sul nostro Paese, è bene guardare alla nostra economica da più punti di vista possibili per avere un quadro quanto più completo della situazione.
Italia fanalino di coda della crescita 2025-2027
Scorrendo a ritroso la classifica della crescita 2025-2027 prevista da Bruxelles, Roma è maglia nera UE con un complessivo 2%. Tra i quattro grandi Paesi europei per popolazione fa male quasi quanto l’Italia la Germania (+2,6%), appena meglio la Francia (+2,7%). Mosca bianca la Spagna (+7,4%). Guida questo ranking l’Irlanda (+14,1%), davanti a Malta (+11,7%), seguite da Croazia (+8,8%), Cipro (+8,6%) e Lituania (+7,8%). Per completare il quadro PIGS guida la Spagna, davanti al Portogallo (+6,3%) e alla Grecia (+6,1%).
L’Italia degli zero virgola
Guardando in casa nostra va ricordato anzitutto che il potere d’acquisto delle famiglie ha perso l’8% dall’uscita dal Covid a oggi, a fronte di un rincaro del 24,8% dei prezzi dei generi alimentari. Va da sé che i consumi italiani non se la passino proprio bene: ISTAT ha registrato nei primi mesi del 2025 una sostanziale stagnazione per ciò che concerne acquisti di beni durevoli (+0,5%) che non durevoli (+0,1%). Lato inflazione i segnali che arrivano sono positivi: a ottobre è scesa a +1,2% su base annua. Viaggia a due cifre (purtroppo) la quota di economia sommersa, che ha raggiunto nel 2023 (ultimo dato ISTAT) il livello preoccupante del 10,2% del Pil.
Le imprese del made in Italy non mollano
Nonostante tutto le imprese del made in Italy ci credono, e non mollano. Lo dimostra la produzione industriale, che a settembre è cresciuta del +2,8% rispetto ad agosto, con una crescita diffusa in tutti i comparti e un aumento tendenziale dell’1,5% su base annua. In crescita la produzione di beni di consumo (+2,3%), i beni intermedi (+1,3%) e in misura marcata i beni strumentali (+0,9%) e l’energia (+0,6%). Non solo. La grande fibrillazione e incertezza provocate dai dazi USA a giudicare dai numeri sembrano già un ricordo. Dopo il tonfo agostano a settembre c’è stato un vero e proprio boom dell’export direzione Washington: +34,7% su base annua. Risulta migliorato anche l’interscambio ITA-USA che fa segnare un avanzo da circa 2 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono il Paese che fornisce il contributo maggiore alla crescita dell’export nazionale. Senza meno è dal sostegno alle imprese che l’Italia può costruire una nuova strategia di crescita.





