Cultura

Quel che conta nella vita, Bill Viola torna a far riflettere. La grande mostra a Milano

31
Marzo 2023
Di Alessandro Caruso

Acqua, fuoco, vita e morte, tempo e spazio, ancora una volta Bill Viola ci riporta agli elementi e alle emozioni primarie. Ci parla di relazioni, di emozioni e di viaggi, per poter indagare una più profonda conoscenza dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente, le influenze della filosofia orientale e occidentale, l’importanza iconica del mondo naturale. La grande retrospettiva di Palazzo Reale a Milano, curata da Kira Perov e Valentino Catricalà, visibile fino al 25 giugno, è un omaggio alla carriera del pioniere della videoarte. Una raccolta delle sue opere più interessanti e iconiche, tra cui non mancano Emergence (2002) e The Raft (2004). L’allestimento è una perfetta cornice per la mostra: esalta e sublima la poetica dell’artista, profondamente intrisa di Rinascimento e classicità, una sintesi che invade la scena soprattutto nell’opera finale del percorso espositivo, Fire woman, dove la teatrale videoinstallazione interagisce in modo armonico ed efficace con gli specchi barocchi ai lati della stanza.

Le opere di Bill Viola sembrano un gioco di passati ricostruiti e futuri anticipati, di temporalità espanse. A differenza degli altri artisti della sua generazione, Bill Viola già dai primi anni Settanta inizia ad annullare il troppo tecnologismo sperimentale, tornando agli elementi di base della tecnologia video (il monitor e la telecamera) fino addirittura a superare il medium arrivando allo studio degli elementi naturali di base che rendono possibile l’avvento di qualsiasi immagine come la luce, il tempo, lo spazio. Il video diventa con Viola uno dei media a disposizione dell’arte contemporanea, un nuovo mezzo attraverso il cui linguaggio poter indagare una più profonda conoscenza dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente, gli intrecci tra tradizione orientale e occidentale, l’importanza iconica degli elementi naturali, e molte altre tematiche a cuore dell’artista. Un passaggio che ci fa capire quanto Viola, riletto oggi, possa essere una figura chiave non solo per la storia della videoarte, ma anche per la storia dell’arte più in generale. Un artista attraverso cui poter comprendere gli ultimi quarant’anni di cultura visiva.

The Veiling, 1995. Foto Kira Perov. Credits: Bill Viola Studio

Nel percorso espositivo sono presenti alcuni dei capolavori dell’artista, dalla riflessiva The quintet of the silent, alla suggestiva Ocean without a shore, fino a The Veiling. Opere di anni diversi, ma che nello scenario del presente sembrano quasi tornare di attualità. Viola fa riflettere, infatti, sulla necessità della lentezza, sul significato delle emozioni, sul contrasto tra realtà e finzione, prova a mostrarci alcuni aspetti occulti dello spirito umano, o comunque poco visibili dall’occhio umano distratto molto spesso dalla frenetica velocità della società contemporanea. Pone l’osservatore di fronte alla fugacità della vita e alla inevitabilità della morte, che impone delle scelte, come quella su come vivere la vita e l’approccio con la morte stessi. Una narrazione che è magistralmente raccontata nella serie Martyrs.

L’ARTISTA
Nato a New York nel 1951, di origini italo-americane, Bill Viola è riconosciuto a livello internazionale come l’artista che, attraverso la sperimentazione della videoarte, ha realizzato opere uniche, considerate a tutti gli effetti dei capolavori dell’arte contemporanea. Partendo dallo studio della musica elettronica, dalle potenzialità della performance arte dai film sperimentali, da oltre 40 anni Viola realizza lavori che, attraverso un nuovo linguaggio artistico, si rivolgono costantemente alla vita, alla morte e al viaggio intermedio, per poter indagare una più profonda conoscenza dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente, le influenze della filosofia orientale e occidentale, l’importanza iconica del mondo naturale e molte altre tematiche.

L’esperienza del viaggio, per Viola, è fondamentale nello sviluppo del suo lavoro. Prendendo spunto dalle realtà che incontra nei suoi viaggi in giro per il mondo con la moglie Kira Perov, tra gli anni Settanta e Ottanta, Viola delinea il suo percorso artistico e giunge alla creazione di opere che avvolgono l’osservatore con composizioni e suoni, cercando di rappresentare le infinite possibilità della psiche e dell’animo umano. Tra questi, fondamentali tappe sono i 18 mesi trascorsi a Firenze, dove incontra per la prima volta l’arte rinascimentale. Nel 1997, durante un progetto di ricerca del Getty, ha continuato a esplorare l’iconografia cristiana antica, con particolare attenzione all’immaginario medievale, rinascimentale e manierista in un dialogo continuo con pale d’altare, polittici e dipinti votivi di artisti antichi. Viola ha poi proposto una nuova composizione dell’immagine attraverso la costruzione di elaborate scene teatrali ispirate alla tradizione storico-artistica occidentale, cinematografica nel vero senso della parola, con ambientazioni, attori, scenografie, disegno luci, fotografia – e anche un regista. Fuoco e acqua – elementi simbolici per il passaggio dalla vita alla morte, così come da questa vitaall’altra; il mondo digitale; un mondo visivo immateriale; un’esistenza dipendente da impulsi di elettricità: tutto richiama alla mente la fragilità e la fugacità della natura umana.

In cover: The Raft, 2004. Foto Kira Perov. Credits: Bill Viola Studio

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