Ambiente

Gazprom, taglio gas. Il governo ripensa alle trivelle

17
Giugno 2022
Di Giampiero Cinelli

«Il taglio delle forniture di gas solo ad uso politico. I problemi tecnici sono scuse». Non le manda a dire Mario Draghi, dopo che Gazprom ha reso fattuale la riduzione delle erogazioni. Il costo della materia prima ora sulla borsa di Amsterdam sale a 124 MW/h, dopo aver sfiorato i 150 euro. Cingolani rassicura, « danno limitato», ma già la settimana prossima ci si aspetta una riunione del governo, che potrebbe decidere per misure di emergenza, tra le quali spicca la riattivazione repentina delle trivelle nel Mar Adriatico. Ma anche carbone e razionamenti a privati e imprese (qui i dettagli degli aiuti per l’energia già in programma). Il ministro della transizione ecologica è in costante contatto con Terna e Snam e ha affermato nel Question Time al Senato di aver monitorato nelle ultime 36 ore le quotazioni del gas. Affermando che era attesa da parte di Gazprom una riduzione del 40% poi risultata inferiore. L’allarme è arrivato nelle ultime ora da Eni, che ha ricevuto il 65% delle forniture pattuite, recuperando però la quota di gas tagliato l’altro ieri.

A questo punto, se le tensioni continueranno, e tale scenario è reale siccome il premier teme che la guerra continuerà anche nel 2023, è fondamentale agire sullo stoccaggio. Serve mettere da parte 17 miliardi di metri cubi. Attualmente siamo a 10. Intanto Snam è riuscita a mettere da parte tutto il gas che usa in un anno ma ci vuole uno sforzo corale. Il problema riguarda anche il prezzo di acquisto. Se è troppo alto, non è comunque fattibile scaricare tutto il peso sulle bollette invernali, del resto esiste ancora in buona parte un mercato tutelato, dunque alcuni operatori fronteggiano il rischio di andare in perdita. Ecco perché lo stoccaggio non procede a ritmo serrato. Nella peggiore ipotesi, dovrà essere lo Stato a intervenire assicurando il fabbisogno.

Roberto Cingolani infatti è stato schietto, dicendo che sarebbe il caso di rivedere il piano per la transizione ecologica (il già controverso Pitesai), non abolendolo ma rallentandolo a causa della situazione, e rilanciando le estrazioni di metano in Italia, soprattutto nell’Adriatico, ricco di giacimenti. Ma il primo impulso più immediato sarebbe quello delle centrali a carbone. Con un risparmio pari a 5 miliardi di metri cubi di metano. Successivamente si lavorerebbe a un accordo per razionare le forniture di gas alle aziende che ne hanno minore bisogno, in cambio di uno sconto in bolletta, e solo poi arriverebbe il turno delle industrie ad alto consumo necessario alla produzione. Dunque si passerebbe alle famiglie, chiedendo di ridurre le temperature. Un sacrificio sempre difficile per i privati, bisognosi se non di riscaldamento, di refrigerio in estate.