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Usa-Venezuela: il ‘second strike’ che mette nei guai Hegseth. Scoppia il caso crimine di guerra
Di Giampiero Gramaglia
La questione del ‘second strike’, cioè del secondo attacco, contro un’imbarcazione di presunti narcotrafficanti venezuelani nel Mar dei Caraibi, fatto per uccidere i superstiti di un primo attacco, esplode negli Stati Uniti e fa l’apertura dei maggiori media Usa, accanto agli sviluppi di un’altra vicenda latino-americana inopinatamente in primo piano, le elezioni presidenziali in Honduras.
Venezuela: per la Cnn. “Trump si avvita”
Le iniziative militari dell’Amministrazione Trump nel Mar dei Caraibi hanno posto fin dall’inizio questioni di legittimità e di giurisdizione internazionale. Ma il Pentagono e il suo capo, il discusso segretario alla Guerra Pete Hegseth, sono ora più che mai sotto accusa. E la Casa Bianca protegge Hegseth, fortemente voluto a quel posto dal presidente Trump, malgrado riserve anche repubblicane in Senato, deviando le critiche sull’ammiraglio che avrebbe dato l’ordine del secondo attacco.
I fatti risalgono al 2 settembre, ma solo recentemente s’è saputo che un primo attacco aveva lasciato due superstiti e che, invece di organizzare il loro prelievo, il Pentagono ordinò un secondo attacco per eliminarli.
Il New York Times oggi titola: “Hegseth ordinò l’attacco letale, ma non l’uccisione dei superstiti, dicono fonti dell’Amministrazione. Mentre si levano voci di crimine di guerra, la precisa sequenza dell’attacco a un’imbarcazione nei Caraibi viene sottoposta a un accurato esame”.
In un’analisi, il giornale scrive che “l’approccio di Hegseth di ‘non fare prigionieri’ sta diventando un fattore di debolezza crescente per Trump” e che “le indagini sulla legalità degli attacchi, che hanno ucciso decine di persone”, quasi un centinaio, nelle acque al largo del Venezuela, “vanno intensificandosi”.
Per il Washington Post, “Crescono le preoccupazioni che Hegseth e la Casa Bianca cerchino di fare di un ammiraglio il capro espiatorio del secondo attacco. Il Congresso chiede che i responsabili paghino le conseguenze. L’Amministrazione Trump rileva che a guidare l’azione non era Hegseth, ma un alto comandante militare”.
Il Wall Street Journal scrive: “La Casa Bianca difende Hegseth per l’attacco che uccise superstiti… Ma ammette che l’ammiraglio che lo ordinò … agiva sotto l’autorità del capo del Pentagono”. Che, ricorda l’Ap in una sintesi della vicenda, avrebbe impartito “un ordine verbale”.
Per la Cnn, “I piani di Trump sul Venezuela iniziano ad avvitarsi”. Il presidente – scrive la tv – “è alle prese con il dilemma venezuelano, mentre il presidente venezuelano Nicolas Maduro si arrocca e la tempesta monta negli Usa su un crimine di guerra potenziale” – così ne parla Tim Kaine, senatore democratico della Virginia -. Il Congresso chiede audio e video dell’operazione nei Caraibi sotto accusa.
Il 21 novembre, Trump e Maduro si sono parlati al telefono e Trump avrebbe dato a Maduro tempo fino al 28 per andarsene. Cosa che non è avvenuta. Successivamente, Trump, che non ha voluto finora commentare il tenore della conversazione con Maduro, ha lasciato intendere che un’azione contro il Venezuela potrebbe essere imminente, ‘ordinando’ alle compagnie aeree di tutto il Mondo, con un post sul suo social Truth, di considerare “chiuso” lo spazio aereo venezuelano, salvo poi ridimensionare la portata della sortita.
Honduras: quando i narco-trafficanti sono ‘buoni’
Le elezioni presidenziali in Honduras conquistano molta attenzione perché il presidente Trump pare incline a concedere la grazia a un ex presidente honduregno condannato per narco-traffico e ha dato il suo endorsement al candidato conservatore.
Axios pubblica oggi, in esclusiva, la lettera con cui l’ex presidente Juan Orlando Hernández chiede a Trump la grazia, nonostante l’essersi vantato in passato di potere “inondare di cocaina” gli Usa e l’avere accettato una mazzetta da un milione di dollari dal ‘capo dei capi’ dei ‘narco’ El Chapo.
Non sono chiare le ragioni della diversità di atteggiamento di Trump verso il presunto narco-traffico venezuelano e quello comprovato honduregno. Il magnate presidente ha pure cercato di influenzare l’esito delle presidenziali in Honduras, prendendo posizione a favore del candidato conservatore Nasry ‘Tito’ Asfura e minacciando di bloccare gli aiuti al Paese se non avesse vinto.
I risultati, dopo che i primi dati vedevano un piccolo margine per Asfura, restano molto incerti: Asfura e il centrista Salvador Nasralla, del Partito Liberale, sono testa a testa, entrambi al 39,9%, quando poco più della metà delle schede sono state contate. La candidata di sinistra Rixi Moncada è ferma al 19%.
Trump scrive su Truth: “Sembra che l’Honduras cerchi di cambiare i risultati delle sue presidenziali. Se lo faranno, ci sarà l’inferno per pagare … E’ imperativo che il conteggio finisca … La democrazia deve prevalere”.





