Economia

Auto aziendali, il nodo del fringe benefit pesa su imprese e Stato

13
Novembre 2025
Di Paolo Bozzacchi

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Minimo sforzo, massima resa. Correggere con la manovra i danni provocati dalla modifica della tassazione del fringe benefit per le auto aziendali in vigore dallo scorso gennaio sarebbe un’ottima idea. Per le casse dello Stato e per le aziende del settore.

«È stata una norma infelice che ha danneggiato un milione di famiglie» spiega Pietro Teofilatto, Direttore area fisco ed economia di Aniasa (Associazione nazionale industria dell’autonoleggio, della sharing mobility e dell’automotive digital). Che poi aggiunge: «Il provvedimento di fine anno è un’occasione anche per porre rimedio a precedenti passaggi legislativi inadeguati». Ma andiamo con ordine, perché ad oggi prevale la confusione normativa. Dal primo gennaio scorso l’Agenzia delle entrate ha sancito che esistono ben tre diversi regimi di tassazione sulle auto aziendali.

Tra questi c’è quello del cosiddetto «valore normale», molto complesso da mettere a fuoco, anche per professionisti come commercialisti e contabili. Un vero dazio occulto che grava sull’efficienza delle imprese, costrette a elaborati calcoli e adempimenti. In sintesi, a partire dal 1°gennaio 2025, il valore del fringe benefit per i veicoli di nuova immatricolazione, assegnati dalle aziende ai dipendenti in uso promiscuo, si basa sulle alimentazioni e su una percentuale pari al 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza annua convenzionale di 15.000 km. Importo calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle Aci pubblicate sulla Gazzetta ufficiale. Una percentuale che scende al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in. Per garantire un passaggio senza creare conflitti, il governo con il decreto bollette introduceva una clausola di salvaguardia, continuando ad applicare il vecchio regime basato sulle emissioni di Co2 per i veicoli assegnati entro il 31 dicembre 2024, nonché per quelli ordinati entro la stessa data e consegnati ai dipendenti entro il 30 giugno 2025.

«Un’inutile complicazione causata da incongrue politiche ambientali, che ha prodotto finora un calo delle immatricolazioni di auto aziendali del 2,7%, con conseguente minore offerta di usato di qualità, e soprattutto 75 milioni di euro di mancate entrate per le casse dello Stato e degli enti locali. Per favorire i veicoli a zero e basse emissioni, obiettivi che il settore del noleggio persegue da sempre, la norma ha generato un vero e proprio blocco del rinnovo delle flotte aziendali, aumentando del 70% i costi per le auto endotermiche ed ibride, cioè l’86% della flotta aziendale circolante. È vero che si è registrato nel settore un aumento di auto elettriche e plug-in, ma stiamo parlando di circa 12-15mila auto agevolate contro le 40mila proroghe di contratti di noleggio richiesti da driver e aziende per rinviare il notevole aumento dei costi».

Ma come potrebbe la manovra ridurre i danni? «Nell’immediato si potrebbe prevedere, come misura minima, riportare i veicoli che sono riassegnati ad altro dipendente, fenomeno frequente nelle aziende, dal sistema del calcolo del valore normale a quello forfettario oggi in vigore». Una misura legislativa praticamente a costo zero per l’erario, spiega Teofilatto, e che contribuirebbe non poco all’efficienza degli uffici contabili, evitando pesanti elaborazioni analitiche. In Italia la diffusione delle auto aziendali, pari al 40% del mercato mentre il Europa è al 60%, è frenata principalmente proprio dalla penalizzante configurazione del regime fiscale vigente. Basti pensare che gli importi annuali su cui calcolare la deducibilità per le aziende sono fermi ai valori del 1997 (quasi 30 anni fa!). Non solo. La percentuale di deducibilità è nel tempo diminuita, tanto che le aziende italiane possono dedurre oggi solamente un giorno ogni cinque di noleggio. Senza dimenticare l’IVA, che dal 2007 è al 40%, laddove in altri Paesi si detrae il 100%. Per Aniasa serve una riforma strutturata, un riequilibrio in ottica europea, atteso che la Commissione Ue a dicembre definirà il documento della decarbonizzazione delle flotte aziendali lanciato a marzo scorso con i conseguenti effetti tributari.