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La schizofrenia Trumpiana ci consegna un nuovo capitolo inaspettato

14
Luglio 2025
Di Gianni Pittella

Dopo i segnali positivi di riavvicinamento verso l’Unione Europea – tra cui la partecipazione degli Stati Uniti alla recente Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina tenutasi a Roma e promossa dal Governo italiano – Donald Trump torna ad alzare la posta sui dazi, sfidando direttamente l’Unione, a cui compete la politica commerciale.

I dazi, di per sé, rappresentano uno strumento odioso e controproducente, tanto per chi li impone quanto per chi li subisce. Ostacolano la crescita economica, colpiscono duramente i produttori e gli esportatori, accelerano processi recessivi, generano disoccupazione e alimentano tensioni sociali.

In questo contesto, risulta stucchevole la consueta divisione interna all’Unione Europea tra gli Stati membri: da un lato, i trattativisti che invocano prudenza e diplomazia; dall’altro, i reattivi che spingono per risposte immediate e decise. Dopo mesi di chiari segnali da parte di Trump, dovrebbe essere ormai evidente che la priorità assoluta della UE è restare unita, rafforzare questa unità e trasferirla anche sul piano politico. Il sovranismo, al contrario, è la risposta più debole e controproducente di fronte alle sfide al libero commercio, al diritto internazionale e alla cooperazione multilaterale.

È necessario affrontare questa situazione con fermezza e coerenza, evitando approcci disordinati o timorosi. Non bisogna presentarsi “col cappello in mano”, ma agire con determinazione, proponendo contromisure efficaci che colpiscano i punti nevralgici degli interessi americani. L’atteggiamento di Trump ricorda le parole di Pietro Nenni: “forti con i deboli, deboli con i forti”. Se si cede, Trump ti travolge. La Cina ha dimostrato che, di fronte a una risposta decisa, Trump è pronto a fare marcia indietro. L’arrendevolezza mostrata dalla premier Meloni e l’entusiasmo dei suoi sostenitori non appaiono come il preludio a una mediazione efficace, bensì come il segnale di una debolezza dell’Europa, una mancanza di compattezza che finisce per rafforzare il potere contrattuale americano.

Il mondo sta cambiando, così come la sua geoeconomia e la sua geopolitica. L’Unione Europea, se compatta, rappresenta un’economia più forte di quella statunitense. Deve quindi saper guardare oltre l’Atlantico, verso le nuove economie emergenti: dall’America Latina all’Asia, fino all’Africa. In questi mercati si possono collocare i prodotti europei, ma per farlo dobbiamo credere di più in noi stessi, agire con autorevolezza e determinazione. Non siamo noi a voler iniziare una guerra commerciale: la stiamo subendo. Il nostro obiettivo è evitarla, assumendo il ruolo che ci compete nel mondo. L’Unione Europea è la più grande realtà democratica globale e il più coerente sostenitore di un ordine mondiale fondato sulla cooperazione, la libertà e il rispetto del diritto internazionale.