Politica

La lotta infinita per la leadership nel centrodestra

10
Febbraio 2018
Di Redazione

Con l’avvicinarsi del voto si fa sempre più marcato lo scontro per la leadership nel centrodestra. La dichiarazione del leader leghista Matteo Salvini sulla presunta incompatibilità della religione islamica con i valori costituzionali italiani è difatti solo l’ultimo atto di una partita che raggiungerà il suo apice il prossimo 4 marzo. Mai come in questa fase di profonda incertezza preelettorale, il segretario della Lega vede possibile concretizzare lo storico sorpasso su un alleato ingombrante come Forza Italia.

Non stupiscono allora gli strali ricorrenti sull’uscita dall’Ue, le diverse ricette di politica fiscale e, più in generale, un atteggiamento che sembra pensato in primo luogo per rimarcare la specificità leghista all’interno del centrodestra piuttosto che a dare battaglia a quelli che nominalmente dovrebbero esserne gli avversari nelle urne.

Gli accordi fra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia assegnano la guida della coalizione al partito che avrà preso più voti all’indomani del 4 marzo, benché su questo punto l’esito dell’elezione potrebbe concretizzare ben altro genere di scenari. Il riferimento in questo caso è alle risibili chance di vittoria della coalizione Fi-LegaFdi (gli ultimi sondaggi la danno in difetto di circa 600 mila voti dalla soglia di governabilità) e alla molto più probabile ipotesi di grande coalizione fra le forze moderate che siederanno nel prossimo Parlamento italiano. Ecco perché ci apprestiamo ad assistere a una vera e propria battaglia di posizione in cui ciascun protagonista cercherà di ritagliarsi il suo spazio d’influenza per non essere escluso dalle trattative che indirizzeranno la Legislatura entrante. A oggi i sondaggi disegnano un quadro di polarizzazione pura: vittoria relativa al centrodestra, Pd primo partito in Parlamento, M5S primo partito nel Paese.

Nemmeno un caso come quello di Macerata sembra essere in grado di spezzare l’attuale impasse. Piuttosto, la vicenda ha riacceso i riflettori sulle spaccature che continuano a contrapporre le diverse anime della sinistra italiana. La linea ufficiale Pd (stemperare i toni per non fare da cassa di risonanza al terrorismo fascista) è stata infatti contestata molto duramente da una galassia di piccoli partiti, sigle, associazioni e circoli proprio mentre il segretario Renzi cercava di lasciarsi alle spalle le tensioni sulle liste elettorali e di ricompattare partito e schieramento per recuperare (almeno) un paio di punti percentuali nei sondaggi. La settimana non è stata facile neppure per il M5s, con l’accusa di plagio di parti del programma elettorale, il caso rimborsi della responsabile della comunicazione Cinquestelle all’Europarlamento e dei parlamentari e candidati rei di non aver restituito parte degli stipendi secondo le regole interne del Movimento. Da ultime le parole di Di Battista sugli italiani “rincoglioniti” e l’ennesimo attacco alla stampa da parte del candidato premier Di Maio, arrivato a chiamare in causa persino il capo dello Stato Mattarella. Nel mentre, con buona pace di tutti, l’Istat ha certificato l’ennesimo tracollo di nascite, mai così in basso in un Paese che ha smesso del tutto di pensare al suo futuro.

 

Alberto De Sanctis

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