Politica

Ma perché il centrodestra ha smesso di parlare contro il reddito di cittadinanza? 

19
Settembre 2022
Di Daniele Capezzone

Pur in una campagna elettorale condotta in largo vantaggio (almeno secondo quanto affermavano i sondaggi fino al momento in cui erano pubblicabili in base alle norme vigenti), c’è qualcosa che stupisce nella volata finale del centrodestra.

Con rare e individuali eccezioni, sembra infatti sparito il tema del reddito di cittadinanza. Per lunghi mesi, indipendentemente da quanto era avvenuto nel corso della legislatura (fu il governo gialloverde a istituire il sussidio alla grillina, ed è stato il governo Draghi, nell’ultima finanziaria, a rifinanziarlo in modo poderoso), le tre forze del centrodestra – ciascuna con il proprio linguaggio – avevano tenuto a prendere le distanze dal reddito di cittadinanza, a polemizzare in modo aperto. I più cauti ne avevano proposto una profonda rivisitazione; i più coraggiosi una sua eliminazione (o una sua limitazione alle categorie davvero più bisognose: sessantenni non ancora pensionati e senza lavoro, capifamiglia disoccupati con figli a carico, disabili). 

Dopo di che, però, in coincidenza con un trend in crescita dei grillini nel Sud, realisticamente legato proprio alla mitica tesserina gialla, il centrodestra si è improvvisamente fatto più silenzioso, quasi intimidito. E sottovoce personalità autorevoli dei partiti alternativi alla sinistra sussurrano: “Meglio non esagerare contro il sussidio: Conte ci sta facendo sopra una campagna efficace”. Ed effettivamente fanno impressione le cronache giornalistiche e anche alcuni video che raccontano di un Conte accolto – paese per paese – da folle di “percettori” che lo ringraziano e lo applaudono. 

Sinceramente, però, fatico a comprendere la logica che porta il centrodestra ad abbassare i toni. Se Conte punta (comprensibilmente dal suo punto di vista) su quel tipo di elettorato, a qualcun altro non converrebbe puntare – anche al Sud – su un blocco sociale alternativo, fatto di autonomi, partite Iva, imprese e lavoratori del privato? Oppure un po’ tutti hanno introiettato l’idea che per il Mezzogiorno, anche nei prossimi anni, l’unica prospettiva sia un mix di piani pubblici e di sussidi, con il sottinteso di lasciare spazio al “super ammortizzatore” rappresentato da una quota di lavoro nero? 

Mi sembrerebbe una resa culturale – prim’ancora che politica – piuttosto scoraggiante. A maggior ragione chi ha la prospettiva di vincere dovrebbe indicare (a giovani e meno giovani, e in particolare nel Sud) la speranza e la determinazione di una scossa, di una frustata positiva, di una spinta economica improntata al dinamismo, al fare e al poter fare, alla creazione di opportunità. Speriamo che ciò accada almeno in quest’ultima settimana.