Politica

È difficile ammazzare il Drago

25
Agosto 2022
Di Pietro Cristoferi

Martedì mattina si sono confrontati sul palco del Meeting di Rimini i leader dei principali partiti in un panel dal titolo “Nella diversità il bene comune”. Le intenzioni degli organizzatori erano quelle di far confrontare Di Maio, Letta, Lupi, Meloni, Salvini, Rosato e Tajani sulla possibilità di una politica che veda, pur nelle diversità, l’interesse condiviso per il bene comune. Il palco del Meeting che, come abbiamo anche già raccontato, riesce a colmare le differenze e placare gli animi della rissa nell’arena politica, stavolta ha giocato la sua magia solo in parte: se il confronto si mantiene nei toni moderati (eccetto un momento di fischi da parte del pubblico a Letta sull’estensione dell’obbligo scolastico e scuola dell’infanzia), tuttavia dal dibattito emergono le sostanziali differenze di vedute e le contrapposizioni. Difficile parlare stavolta di un dialogo aperto.

Ma chiaramente non poteva andare diversamente: le contrapposizioni delle ultime settimane ci hanno già annunciato che il cammino verso il voto del 25 settembre sarà uno scontro senza esclusione di colpi. Questo non è un mondo fantasy fatto di unicorni e arcobaleni ma è piuttosto una sanguinaria arena dove gladiatori si battono in uno scontro all’ultimo sangue. Non c’è da essere scandalizzati, fa parte del gioco.

Malgrado lo scontro i leader non rifiutano un piacevole momento di confronto al bordo delle piscine della fiera prima del dibattito. L’immagine è immortalata in una foto pubblicata subito sui social. “Hanno trovato l’accordo” tuona subito Giuseppe Conte sui social, il capo politico dei 5 stelle è l’unico dei big a non far parte dello scontro tra gladiatori. Non invitato perché “scomodo” afferma, ma pare anche che il Movimento 5 Stelle non abbia mai aderito all’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà che organizzava il panel.

A tavola, forse, il compromesso. Nella pubblica piazza dell’Auditorium della kermesse, invece, lo scontro.

Una cosa è evidente al termine dell’incontro: Giorgia Meloni vincitrice indiscussa dell’applausometro dell’arena di martedì, tanto che i principali quotidiani del nostro paese la incoronano regina del Meeting di Rimini e conquistatrice del popolo di CL. Tuttavia non hanno fatto i conti con una variabile: la politica non sarà come il mondo della Terra di Mezzo immaginato da Tolkien dove alla fine l’unità di intenti vince sempre ma una cosa è certa, anche in questo mondo tremendamente reale è comunque difficile ammazzare il “drago”.

È passato oltre un mese dal “siete pronti?” che tuonava nell’emiciclo del Senato preludio della crisi di governo e in un soleggiato mercoledì mattina, Mario Draghi scende dalla Passat grigia che ben conosciamo, a passo fermo e rigoroso sfila tra i padiglioni del Meeting di Rimini e si guadagna le piazze gremite di volontari e visitatori sotto scroscianti applausi. Un ragazzo si avvicina intrepido rispetto al cordone di sicurezza che circonda il Presidente e gli grida “Mario, Mario sei grande, grazie” e lui sornione e sorridente risponde “Grazie a te davvero”. Funiciello, capo di gabinetto, qualche passo indietro, sorride forse cosciente che il suo Presidente conquisterà la folla ancora una volta seppur dimissionario. 

Draghi tiene un discorso dall’alto tono istituzionale: le cose fatte, l’impegno sulla guerra in Ucraina e il difficile tema dell’energia, i lasciti del PNRR per il prossimo Governo (abbiamo completato tutti gli obiettivi richiesti per la tranche di finanziamenti previsti) e un sentito invito ad andare a votare. Apre e conclude il suo intervento con un accorato appello ai giovani, qualcuno in sala si commuove. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, il tifo è da stadio e perciò tutti in piedi sulle sedie dell’Auditorium. Al saluto rompe l’etichetta istituzionale e scatta un selfie con i colorati volontari del Meeting di Rimini.

Il Presidente non è nuovo al contesto del Meeting di Rimini, che già nella special edition del 2020 in piena pandemia lo aveva incoronato leader indiscusso della platea e lanciato nella corsa per Palazzo Chigi, fresco di fine mandato alla Banca Centrale Europea; dietro al fascino draghiano, duro a morire, ci si può leggere una rincorsa al Draghi-bis o un impegno europeo. Le elezioni per il Parlamento europeo si terranno nel 2024 e successivamente dovrà essere nominato un nuovo Presidente della Commissione europea al posto di Ursula Von Der Leyen e potrebbe essere proprio lui, l’uomo giusto per palazzo Berlaymont.

Accade sempre così quando pensi che tutto indichi una vittoria schiacciante dei “patrioti”, c’è un “drago” dietro l’angolo, è l’imprevisto e mai ci abitueremo…

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