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Usa 2024 – 336: clima e guerra, due chances per Kamala Harris

04
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Usa 2024 – 336 – Kamala Harris vice-presidente semi-desaparecida della Casa Bianca, ha avuto due chances per dimostrare che è ancora politicamente viva e che si batte, al fianco di Joe Biden, per una riconferma a Usa 2024: ha partecipato, al posto del suo boss, alla Cop 28 di Dubai e, nell’occasione, ha intrecciato incontri e contatti sulla guerra tra Israele e Hamas.

Il problema è che, su entrambi i fronti, Harris ha agito in seconda battuta: a Dubai, era anche presente John Kerry, il negoziatore degli Usa sull’ambiente; e, in giro per il Medio Oriente, c’è Antony Blinken, il segretario di Stato.

Inoltre, i risultati non sono appariscenti, né a Dubai né nella Striscia di Gaza. Alla Cop 28, Harris ha comunque potuto annunciare che gli Stati Uniti destinano tre miliardi di dollari al fondo per il clima – più di qualsiasi altro Paese -.

“La vice-presidente sottolineerà il successo dell’Amministrazione nel portare avanti l’agenda climatica più ambiziosa della storia, sia in patria che all’estero”, aveva dichiarato alla vigilia la portavoce di Harris, Kirsten Allen, sottolineando che la ‘numero due’ della Casa Bianca è accompagnata da una delegazione di circa 20 funzionari.

Sul fronte mediorientale, il messaggio della vice di Biden agli interlocutori è stato chiaro: ai leader di Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti e altri ancora, Harris ha detto che “la legge umanitaria internazionale deve essere rispettata… Troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi a Gaza… “. Tessendo la tela diplomatica degli Stati Uniti sul conflitto Israele –Hamas, la vice-presidente indica i cinque principi Usa del post-conflitto nella Striscia di Gaza: “Nessun forzato trasferimento, nessuna rioccupazione, nessun assedio, nessuna riduzione del territorio e nessun uso di Gaza come piattaforma per il terrorismo”.

Nell’immediato, le priorità sono il rilascio degli ostaggi e il cambio di strategia di Israele per limitare il numero delle vittime civili.

Alla Cop 28, più che le presenze si sono notate le assenze: Biden, il presidente cinese Xi Jinping – cioè i due grandi inquinatori planetari – e Papa Francesco, che, ieri, all’Angelus, s’è detto “vicino” alla conferenza: “Rinnovo l’appello perché ai cambiamenti climatici si risponda con cambiamenti politici concreti. Usciamo dalle strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi, schemi del passato, e abbracciamo una visione comune, impegnandoci tutti e ora, senza rimandare, per una necessaria conversione ecologica globale”. Parole in cui qualcuno legge una sottile replica alle affermazioni della premier italiana Giorgia Meloni, secondo cui la transizione energetica deve essere “ecologica e non ideologica”.

Finora, i dati contrastano, però, con le promesse dei leader e pure con gli impegni presi: le emissioni di gas serra da parte di Cina, India, Stati Uniti sono aumentate dal 2015, cioè dagli accordi di Parigi sul clima che fissano l’obiettivo di limitare l’innalzamento della temperatura globale a 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali. Lo indica un rapporto di Climate Trace, per cui ‘i grandi inquinatori’ sono anche responsabili di nascondere i dati reali.

Nel segno del solco tra il dire e il fare, a Dubai, dove si parla più di nucleare che di energie pulite, diventano un caso le parole di Sultan Al Jaber, capo della delegazione emiratina organizzatrice e ‘numero uno’ della compagnia petrolifera statale, la Adnoc.

Al Jaber è contrario all’eliminazione dei combustibili fossili e sostiene che questo significherebbe “un ritorno al tempo delle caverne”. Per il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, sono “affermazioni assolutamente preoccupanti e sull’orlo del negazionismo climatico”.

Queste le frasi di al Jaber riportato dal Guardian e dall’organizzazione di giornalismo investigativo Centre for Climate Reporting: “Nessuna scienza dimostra che un’uscita dai combustibili fossili è necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi sopra i livelli pre-industriali” e seguire questa strada non permetterebbe uno sviluppo sostenibile, “a meno che qualcuno non voglia riportare il mondo indietro all’era delle caverne”.