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USA 2024: – 202, l’esordio da imputato dell’ex presidente, e aspirante presidente, Donald Trump

16
Aprile 2024
Di Giampiero Gramaglia

“Il suo cliente è un imputato in un processo penale: deve essere presente in aula”: il fermo monito del giudice Juan M. Merchan a uno degli avvocati difensori di Donald Trump suggella uno degli scontri che segnano l’esordio da imputato in un processo penale di un ex presidente USA (e candidato per USA 2024): non era mai successo nella storia dell’Unione, quasi 250 anni.

Trump non è contento di dovere trascorrere le prossime sei/otto settimane – quanto si ipotizza che il processo possa durare, al ritmo di quattro udienze la settimana (mai il mercoledì) – nell’aula del tribunale di New York, per rispondere dell’accusa di avere comprato in nero, durante la campagna elettorale di Usa 2026, il silenzio di una pornostar su una loro relazione di anni addietro, nel 2006, quando il magnate era già sposato con Melania, che attendeva il loro figlio Baron. Lui si dichiara non colpevole di tutti e 34 i capi d’accusa e nega pure la storia con Stormy Daniels, all’anagrafe Stephany Clifford.

Di qui a giugno, la campagna elettorale di Usa 2024 cambia ‘location’, cambia ritmo e esplora il terreno ignoto d’un candidato imputato. Che se ne lamenta: il suo – dice – “è un processo all’America”; o, forse, solo a un americano disonesto.

Trump voleva che il giudice lo autorizzasse a seguire, il 22 aprile, la prossima settimana, l’audizione della Corte Suprema sulla sua pretesa d’immunità su quanto fatto quand’era presidente. Il giudizio della Corte Suprema, atteso prima dell’estate, impatterà sugli altri tre processi penali in cui Trump è imputato: a Washington, per avere sobillato l’insurrezione del 6 gennaio 2021 contro il Congresso, perché ribaltasse il risultato delle elezioni; in Georgia per avere tentato di rovesciare l’esito del voto nello Stato; e in Florida per avere portato via dalla Casa Bianca centinaia di documenti riservati ed essersi rifiutato di restituirli, negando di averli.

Ammesso che inizino, nessuno degli altri tre processi potrà verosimilmente concludersi prima dell’Election Day di Usa 2024, il 5 novembre. Le tattiche dilatorie dei legali di Trump hanno già sortito un effetto.

A New York, il giudice Merchan ricorda all’ex presidente che deve essere presente ad ogni udienza, mentre la sua presenza all’udienza preliminare della Corte Suprema non è necessaria – altrimenti, potrebbe essere ricercato dalle autorità – e che rischia il carcere se disturba il dibattimento. Il giudice non gli mostra alcuna riverenza: lo accoglie con un “buongiorno signor Trump”, senza dire “signor presidente”. E rimprovera i suoi difensori per un ritardo dopo l’interruzione per il pranzo,

 invitandoli a rispettare i tempi delle pause. Merchan lascia però aperta la porta a che l’imputato possa essere presente il 17 maggio al diploma del figlio Baron: “Vedremo a che punto del processo saremo allora”.

I media sottolineano l’anomalia, per Trump, ma anche per i suoi sostenitori, e per tutta l’America, d’un Trump ridotto al rango di semplice cittadino, del quale lui s’è sempre considerato e s’è sempre comportato come se fosse al di sopra. Ma s’interrogano anche sull’impatto che tutto questo circo mediatico-giudiziario potrà avere sugli elettori e sulle elezioni: pure se fosse condannato – e di tutti i suoi processi, questo è il più esile dal punto di vista dell’accusa -, il magnate, che è incensurato, difficilmente andrà in prigione e potrà quindi continuare a fare campagna, con l’aura accresciuta del perseguitato politico; ma, contestualmente, il processo potrebbe rendere palesi sue menzogne e suoi comportamenti impropri, oltre che illeciti. E, inoltre, se condannato, anche senza andare in carcere, Trump diventerà un “convicted felon”, un criminale condannato.

USA 2024: processo a Trump, le tesi dell’accusa e le tattiche della difesa
Il magnate è accusato di avere falsificato documenti aziendali per celare un pagamento di 130.000 dollari fatto nel 2016 all’attrice e regista hard perché non rivelasse una loro relazione del 2006. Secondo il pm Alvin Braggs, l’ex faccendiere di Trump, Michael Cohen, uno dei testimoni chiave, staccò materialmente gli assegni e venne poi rimborsato dalla società di Trump che fece passare quelle somme come “spese legali”.

Inoltre, la procura di Manhattan attribuisce all’ex presidente altre due mazzette in cambio di silenzi su sue ‘disavventure’: una da 30.000 dollari a un portiere della Trump Tower, per un presunto figlio illegittimo, e una da 150.000 dollari a una ex coniglietta di Playboy Karen McDougall, con la quale ci sarebbe stata una storia, sempre nel 2006.

Per l’accusa, dunque, il magnate, all’epoca candidato, aveva messo in piedi uno schema più ampio per tutelarsi dagli scandali durante la corsa alla Casa Bianca, che poi vinse. La procura chiamerà, fra gli altri, sul banco dei testimoni McDougall, l’editore del National Enquirer, il tabloid vicino all’ex presidente che si sarebbe fatto carico dei pagamenti a quest’ultima, e Hope Hicks, ex manager della campagna e poi direttrice delle comunicazioni alla Casa Bianca.

La difesa punterà sulla scarsa credibilità dei principali testi d’accusa: la pornostar, che dalla vicenda trae vantaggi pubblicitari – è appena uscito un docufilm sulla sua vita – e l’ex avvocato e paraninfo Cohen, già condannato e radiato dall’albo.

Gli avvocati di Trump hanno elaborato una strategia difensiva basata, come riferiscono i media Usa, sulle tre ‘d’, ‘delay, deny and denigrate’, ovvero ritarda, nega e denigra. Trump, nonostante gli ordini del giudice Merchan, continua a pubblicare post al vetriolo contro Daniels e Cohen accusati di volta in volta di essere “bugiardi”, “opportunisti” e da ultimo “sacchi della spazzatura”.

Le accuse sono tutti crimini di classe E, la categoria più bassa a New York, e ognuna comporta una pena detentiva massima di quattro anni di carcere. Merchan ha già chiarito che prende sul serio “i reati di colletti bianchi”: se condannato, potrebbe mandarlo dietro le sbarre, ma potrebbe anche concedergli la libertà vigilata.

USA 2024: processo a Trump, la prima giornata
La prima giornata, dedicata ai preliminari e alla selezione della giuria, s’è conclusa senza che sia stato scelto un solo giurato, fra le decine di esaminati: si prosegue oggi, nell’esercizio reso complicato dalla difficoltà di trovare persone che siano e si dichiarino imparziali, specie in una città fortemente democratica come New York, dove Trump è pochissimo apprezzato.

Oltre la metà dei 96 candidati giurati pre-selezionati ed esaminati sono stati esclusi per avere detto di non potere essere imparziali nel giudizio – un modo facile , va osservato, per sottrarsi all’impegno della giuria, che non tutti gradiscono -. Si prevede che tutta la prima settimana sarà assorbita dalla selezione dei 12 membri della giuria popolare e delle loro riserve.

La giornata era cominciata con l’arrivo del corteo ex presidenziale, accolto, fra misure di sicurezza rafforzate, da sostenitori e contestatori – ma la folla era inferiore alle attese e non ci sono stati incidenti -: Trump ha salutato con il pugno destro levato, il sorriso tirato. Alla fine dell’udienza, Trump, che in aula ha fatto smorfie, ha lanciato occhiatacce, ma s’è astenuto dal fare commenti,  incontra i giornalisti: “Ho un vero problema con questo giudice … che è molto conflittuale … Non mi verrà concesso un processo equo…”.

E siccome le cattive notizie non vengono mai sole, mentre lui era in aula il suo social Truth crollava a Wall Street dove, prima dell’avvio degli scambi, aveva già perso quasi il 18% del valore residuo – un terzo se n’era già andato a inizio mese -. A pesare sul titolo sono le nuove comunicazioni alla Sec in cui si ipotizza l’emissione di azioni aggiuntive. Gli investitori non sembrano convinti che il social dell’ex presidente e forse futuro presidente sia un affare.