Trasporti

La sfida green del trasporto marittimo europeo: decarbonizzare senza perdere competitività

01
Agosto 2025
Di Jacopo Bernardini

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Il commercio globale vale circa 30mila miliardi di dollari. Una cifra impressionante, che corrisponde a una quantità enorme di merci scambiate, di cui circa il 90% viene trasportato via mare. Numeri che fanno del trasporto marittimo una delle infrastrutture più ramificate e complesse al mondo, spina dorsale della globalizzazione, ma anche uno dei settori più difficili da decarbonizzare, responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di CO₂.

Proprio da qui passa una delle sfide più ambiziose della transizione ecologica: decarbonizzare una macchina gigantesca e interconnessa, senza rallentare l’economia globale. Come? Con un mix di carburanti alternativi, logistica e digitalizzazione.

Secondo le stime, entro il 2050 saranno necessari fino a 24 miliardi di euro per adeguare il sistema portuale europeo alle nuove esigenze climatiche. Intanto, i grandi operatori stanno già accelerando, con un obiettivo condiviso: raggiungere la neutralità carbonica entro metà secolo.

«Troppo spesso c’è scarsa consapevolezza del peso e dell’importanza che il trasporto marittimo ha per l’Europa, che vanta i più grandi player a livello globale nel settore», avverte Luigi Merlo, direttore dei rapporti istituzionali per l’Italia di MSC, il primo operatore marittimo mondiale. «Il settore sta investendo molto in innovazione e nella ricerca, rinnovando profondamente flotte cargo, traghetti e crociere».

Al centro della transizione c’è l’alimentazione. Le navi del futuro – e sempre più quelle già operative – saranno alimentate con una combinazione di metanolo e biometanolo, GNL di origine biologica o sintetica, ammoniaca verde, mentre per le tratte brevi o le unità più piccole si sperimentano soluzioni elettriche.

In parallelo, gli armatori stanno investendo nel retrofit delle flotte esistenti – ovvero l’ammodernamento delle navi, con motori e sistemi di combustione più flessibili – e nella costruzione di nuove unità più efficienti e sostenibili. Accanto alle tecnologie, la digitalizzazione gioca un ruolo cruciale: sistemi intelligenti per l’ottimizzazione delle rotte, la manutenzione predittiva e la gestione energetica aiutano a migliorare l’efficienza e ridurre consumi ed emissioni.

Ma oltre alla sfida tecnologica, resta aperta quella normativa. Il sistema ETS (Emission Trading System) europeo ha introdotto una tassazione sulle emissioni navali, ma secondo molti operatori non è stato accompagnato da un piano industriale coerente. «Il meccanismo ha introdotto una forte tassazione, ma dall’altro lato né la Commissione Europea né i singoli governi hanno investito adeguatamente in tecnologia e ricerca, lasciando gli oneri solo ai privati», osserva Merlo. «Si tratta di un provvedimento molto penalizzante se tocca solo l’Europa, perché rischia di spostare traffico e investimenti altrove».

Il rischio? Perdere competitività. «Oggi se una merce parte dalla Cina e arriva nel Nord Africa non è soggetta a tassazione. Se invece arriva a Gioia Tauro – un porto cresciuto molto negli ultimi anni – il costo del trasporto è aggravato dalla tassa», spiega. «Questo crea un divario che rischia di sottrarre centralità ai porti europei, con conseguenze importanti sull’occupazione e sull’indotto industriale lungo tutta la filiera».

A rendere tutto più urgente è il contesto geopolitico. Il mare è tornato ad avere un peso strategico per le grandi potenze. «Gli USA non hanno grandi compagnie armatoriali, ma con alcune azioni di Trump – come porre la questione sulla governance del Canale di Panama o il cambio di nome al Golfo del Messico – hanno dimostrato quanto il settore sia rilevante nelle scelte geopolitiche», continua Merlo. «La Cina investe da anni nella sua Via della Seta marittima, rafforzando la sua posizione globale. L’Europa, invece, pur vantando 4 dei primi 5 armatori al mondo, resta sostanzialmente assente».

Il settore, conclude Merlo, «è un elemento fondante della geopolitica mondiale. Serve una strategia condivisa, non solo per regolare, ma per supportare chi fa impresa e guida l’innovazione, tenendo conto del ruolo fondamentale che ha l’esportazione per il nostro Paese».