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Spesa sanitaria privata, tra mito e realtà: presentato il rapporto AIOP
Di Gianluca Lambiase
La narrazione del rapporto tra spesa sanitaria pubblica e privata è stata accompagnata nel corso degli anni da superficialità, approssimazione, semplificazione e battaglie ideologiche. Ma il sistema sanitario sta realmente andando incontro ad una privatizzazione e fino a che punto il modello attuale è da considerarsi completamente pubblico? Per fare chiarezza e riflettere – dati alla mano – AIOP, l’Associazione Italiana delle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali e delle aziende socio-sanitarie residenziali e territoriali di diritto privato, ha presentato presso l’Hotel Nazionale di Roma un nuovo rapporto in cui ha analizzato la complementarietà tra sfera pubblica e privata nel campo sanitario.
I dati presentati mostrano un sistema sanitario italiano strutturalmente duale, dove la spesa sanitaria privata rappresenta circa un quarto della spesa sanitaria totale, senza sostanziali variazioni nel tempo.
La mancata variazione della spesa privata si spiega anche con la sua composizione: oltre la metà della sanità a pagamento è costituita da servizi odontoiatrici e prodotti farmaceutici, ovvero servizi e beni extra-LEA, originariamente esclusi dalla tutela pubblica.
Pur rappresentando una quota rilevante del finanziamento dei beni e dei servizi sanitari, la spesa sanitaria privata non è in progressivo aumento, ma al contrario, nell’ultimo anno di rilevazione assume uno dei valori più contenuti di sempre, scendendo al di sotto del 2% del PIL.
“Dal 2010 al 2019 la spesa pubblica sanitaria è calata (-0,10% del PIL all’anno), risalendo solo nel 2024 (dal 6,19% al 6,31% del PIL). Tuttavia, le tariffe sono ferme, mentre i costi aumentano, con conseguenze sui rapporti di lavoro” ha spiegato Gabriele Pelissero, Presidente Nazionale di AIOP. “La spesa sanitaria privata in Italia si attesta stabilmente intorno ai 46 miliardi di euro e non cresce a scapito del pubblico. Negli ultimi due anni, nonostante la pressione sul sistema pubblico, non si è registrato un aumento della spesa privata, né un effetto compensativo. Oggi coesistono due sistemi: la sanità pubblica – con operatori pubblici e privati accreditati – e un sistema parallelo, che esiste da sempre e rappresenta il 25% della spesa complessiva. Non possiamo ignorare questa realtà. Se vogliamo tutelare la salute dei cittadini in modo efficace, dobbiamo partire dai dati e lavorare per migliorare l’integrazione tra pubblico e privato. La spesa privata è ormai una componente strutturale e imprescindibile del nostro sistema sanitario”.
Dal rapporto, elaborato dal Centro Studi AIOP e parte di un progetto più ampio che vede coinvolti la Fondazione Sanità Futura di Milano, il Cergas Bocconi e l’Università Roma Tre, emerge come sia innanzitutto pubblica la maggior parte del finanziamento che riceve il Sistema Sanitario, mentre non è di proprietà solo pubblica la rete di erogatori che concretamente producono le prestazioni fruite dai cittadini tramite la tessera sanitaria.
Infatti, il 28,1% di tutti i ricoveri ospedalieri che il SSN rende disponibili ai cittadini, pari a 2.141.086 milioni di ricoveri, e il 36,2% di tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale, pari a 291.188.564 milioni, sono prodotti da erogatori di diritto privato.
Il rapporto pone inoltre l’accento sul ruolo dei privati come parte integrante del sistema pubblico, da non confondere con la sanità a pagamento, sostenuta invece da altro tipi di finanziamenti.
“Ai cittadini non interessa la proprietà delle strutture, se pubbliche o private; quello che giustamente preme loro è avere un servizio di qualità, in grado di garantire assistenza ovunque ce ne sia bisogno, senza sprechi ma allo stesso tempo garantendo il più ampio accesso alle cure. E per ottenere questo bisogna fare squadra” ha commentato Marco Osnato, Presidente della Commissione Finanze alla Camera (Fratelli d’Italia). “Troppo spesso abbiamo visto fare campagna elettorale su presunti record nelle risorse destinate al Fondo sanitario nazionale, che in realtà hanno raggiunto il massimo storico grazie al Governo Meloni, e presunte inefficienze di un sistema che, a dispetto dei tanti problemi, riesce ancora a difendere l’universalità del servizio proprio in virtù della complementarità tra i diversi attori, capaci di collaborare e integrarsi. I recenti interventi per il taglio delle liste d’attesa, come anche l’importante ddl sulle prestazioni sanitarie che sarà in Aula la prossima settimana, confermano che nessuno più di questo esecutivo è alleato del Ssn e dei suoi operatori, dunque dei pazienti. Il sistema salute ha bisogno non di slogan fondati su un’impostazione dogmatica, ma di soluzioni concrete in grado di valorizzare ogni professionalità”.
“Questo Rapporto ci aiuterà nei lavori della Commissione, che già da alcuni mesi sta approfondendo il rapporto tra sanità privata e sanità pubblica” ha aggiunto la Senatrice Elena Murelli, Commissione Sanità e Lavoro (Lega). “I numeri parlano chiaro: 30% dei posti letto, il 28% dei ricoveri ospedalieri e ben il 36% delle prestazioni ambulatoriali del SSN sono erogati da strutture di diritto privato accreditato. Sono numeri che parlano da soli, e che dimostrano quanto il privato non sia un “invasore” nel sistema pubblico, ma al contrario un pilastro imprescindibile della sua sostenibilità. Ci sono Regioni dove l’integrazione tra pubblico e privato funziona molto bene, e altre dove, purtroppo, anche nel pubblico i cittadini rinunciano a curarsi a causa delle liste d’attesa. Con il decreto legge sulle liste d’attesa abbiamo voluto imprimere una svolta: il Governo non si limita a stanziare fondi (come già fatto in legge bilancio 2023), ma interviene per governare il sistema. È stata creata una piattaforma nazionale, che sarà gestita centralmente per ovviare alle criticità. Le risorse immesse nel sistema non devono essere usate per ripianare i bilanci delle Asl: devono servire a garantire l’equità di accesso alle cure, alla reperibilità dei farmaci, all’innovazione terapeutica. Dobbiamo intervenire prima, con screening, campagne di promozione della salute e presa in carico anticipata, per garantire un invecchiamento attivo della popolazione. Va incentivata anche la medicina del lavoro, per rafforzare la prevenzione all’interno delle aziende, dove si può arrivare a offrire persino un’assicurazione sanitaria integrativa. L’integrazione pubblico-privato non deve essere vista come alternativa, ma come una possibilità da offrire al cittadino, che deve essere sempre libero di scegliere dove curarsi ed avere accesso alle cure in modo equo su tutto il territorio nazionale”.
“Sono convinto che il sistema sanitario privato svolga una funzione pubblica. Il vero nodo, però, non è ideologico, ma concreto: riguarda l’accessibilità e il costo delle cure. Il quadro è preoccupante. A tal proposito il fenomeno della rinuncia alle cure, come emerge da altri studi, è in crescita e non possiamo ignorarlo” ha aggiunto Davide Faraone, Commissione Bilancio Camera (Italia Viva). “Ma la crisi della sanità è diffusa ovunque, e pubblico e privato si trovano sulla stessa barca: vale per il personale sanitario, che spesso emigra all’estero, come per il nodo delle tariffe. Quando non si riesce ad accedere al pubblico e mancano le risorse per il privato, si crea un cortocircuito. Pensiamo, ad esempio, a esami istologici o cure oncologiche post-intervento: ci sono attese di mesi, e chi può cerca alternative nella sanità a pagamento. Ancora una volta noi chiediamo di sapere il perché non si decida di usufruire dei fondi del MES sanitario. Questa è la vera emergenza: servono risorse straordinarie, aggiuntive e immediate”.
Riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica
