Politica

Riforma istituzionale. Celotto: «Serve garantire stabilità agli esecutivi»

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Aprile 2022
Di Andrea Maccagno

Riforma semipresidenziale a livello statale. È questa l’ultima proposta di modifica costituzionale avanzata da Fratelli d’Italia, con poche chance di arrivare ad approvazione entro la fine della legislatura. Sul tema abbiamo coinvolto il costituzionalista Alfonso Celotto, secondo il quale «l’Italia oggi ha un serio problema di governabilità» che va affrontato.

Professor Celotto, da dove origina la proposta di un sistema semipresidenziale a livello statale?
«Il nostro ordinamento nasce come parlamentare a tutti i livelli: statale, regionale e comunale. L’elettorato, quindi, aveva il compito di eleggere l’assemblea, la quale a sua volta sceglieva il proprio vertice dell’esecutivo. Negli ultimi trent’anni, invece, sia per i comuni sia per le regioni siamo passati a modelli presidenziali, volti ad eleggere direttamente il capo del governo. Il vero problema che avevamo davanti, infatti, era garantire la governabilità».

E una riforma semipresidenzialista la agevolerebbe?
«Sì, presidenzialismo e semi-presidenzialismo la favoriscono. Il problema di fondo, però, è che noi abbiamo affidato alla questione elettorale il tema della stabilità degli esecutivi, ma è un’impostazione dalla quale dissento. Il sistema elettorale, infatti, deve coinvolgere unicamente il tema della rappresentanza».

Un dibattito recentemente uscito anche con l’Italicum prima ed il Rosatellum poi…
«Esatto. Italicum, Porcellum, Rosatellum: sono tutti sistemi elettorali che non devono fare altro che garantire la rappresentanza. Possono sì portare alla governabilità se accompagnati da correttivi come premi di maggioranza o soglie di sbarramento. Ma per incidere su di essa bisogna affrontare la questione della forma di governo. Oggi si è maturi per portare il modello presidenziale degli enti locali a livello statale: la repubblica parlamentare, finora, ha generato esecutivi la cui durata media è stata di appena 13 mesi. Serve un cambio di passo».

Perché il semi-presidenzialismo rimane una proposta “di parte”?
«Non è vero non sia bipartisan. Mercoledì, per esempio, c’è un convegno organizzato da Italia Viva sul tema, che si innesta su un dibattito lungo ormai 40 anni che coinvolge tutto l’arco parlamentare. È sì vero che tale proposta è stata portata avanti principalmente dal centrodestra, ma ricordo più recentemente anche il progetto di Renzi del “Sindaco d’Italia”, che aveva l’ambizione di far eleggere direttamente il Presidente del Consiglio».

La proposta di Fratelli d’Italia mira a introdurre la sfiducia costruttiva: uno strumento utile anche a sistema vigente?
«In un sistema presidenziale la sfiducia costruttiva, che rappresenta uno dei correttivi per evitare le derive del parlamentarismo, sarebbe inutile, mentre con l’attuale assetto è persino auspicabile. Certo, la sfiducia costruttiva risolve solo una parte del problema, mentre il presidenzialismo lo districherebbe in maniera più netta. Una cosa è certa: l’Italia oggi ha un serio problema di governabilità».

Quale misura, a suo giudizio, sarebbe la più urgente da apportare?
«Revisione della forma di governo e superamento del bicameralismo perfetto. Ma soprattutto dirimere la questione delle autonomie locali». 

E sugli strumenti di democrazia diretta?
«Altro tema importantissimo. Il sistema attuale è ancora alla “Don Camillo”, basato cioè su partiti forti ed elevata partecipazione popolare. Venuti meno i partiti, invece, è necessario aprire la strada alla democrazia digitale. La firma elettronica per i referendum è stata un pezzo del percorso, ma il sistema andrebbe ripensato nella sua interezza».