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Stabilità e “vediamo”, le due parole chiave della settimana

06
Luglio 2025
Di Redazione

La settimana che si conclude ci ha offerto la possibilità di partecipare ad un evento ascrivibile alla categoria della “festa comandata”, sebbene senza una data fissa per l’Italia ma solo nella Nazione da cui essa deriva. 

All’interno di questa “festa”, condizionata dal caldo ma non priva dell’opportunità di conversare con conoscenze storiche e più recenti, sono emerse varie opinioni su quanto stia succedendo in Italia e nel mondo, su come leggere gli accadimenti interni rispetto a quelli internazionali e su come giudicare l’operato del Governo presieduto da colei che è stata l’ospite d’onore della festa stessa. 

“Stabilità” è stata la parola più utilizzata, accompagnata da un’altra che nella sua costante ripetizione ha quasi perso la sua natura verbale per mutare in una sorta di sostantivo: “vediamo…”, necessariamente accompagnato da puntini di sospensione di variabile interpretazione.  

E quindi “vediamo” nel senso di “stare a vedere”, prendere atto del senso di attesa di qualcosa che potrebbe accadere, immaginare possibili accadimenti e scenari futuri, che siano guidati o subiti, magari sperati e chissà imprevisti. Vediamo” come consapevolezza di essere solamente in parte padroni del proprio destino politico di Nazione inserita in un contesto che si muove a velocità supersonica nella comunicazione ma anche in alcuni fondamentali che sembravano ormai acquisiti nel tempo. 
Ma siccome di questo concetto della stabilità ne già abbiamo parlato più volte, e ormai osserviamo con un sorriso di condiscendenza pasticci auto-creati dalla maggioranza come quello sui pedaggi autostradali (vedi Matteo cosa succede a voler far finta che vada tutto bene e non spiegare le scelte difficili ma necessarie?), lasciamo spazio alla penna di Antonio Polito che ieri, nel suo editoriale sul Corriere della Sera dal titolo “La politica che non c’è“, esprimeva ancora meglio di noi il nostro pensiero (solo estratti, il pezzo integrale è leggibile qui): “Che fine ha fatto la politica interna? Non che la si debba rimpiangere, figuriamoci: soprattutto quella degli anni passati. Ma, insomma, un po’ di sano dibattito nel Paese, di scontro sulle grandi questioni, di battaglie parlamentari, di spostamenti di consensi, di suspense, sono il sale della democrazia. O almeno, lo erano. Dove sono finite tutte queste tradizioni della un tempo tumultuosa e sorprendente politica italiana?”

“Pagnoncelli fotografa nei suoi sondaggi lo stesso panorama di tre estati fa: Fratelli d’Italia ha oggi il 28,2% e aveva alle elezioni il 26%, caso raro di partito che guadagna consensi mentre è al governo. Il Pd ha il 21,4 e aveva il 19,1, ma i due punti che ha guadagnato li ha persi il M5S, oggi al 13,3”.

“La verità è che il mondo sta cambiando vertiginosamente, e la politica italiana è troppo piccola per contare, per fare davvero la differenza nella vita della gente. Si sta di nuovo verificando ciò che don Luigi Sturzo diceva più o meno un secolo fa: la politica estera è diventata la chiave della politica interna e di quella economica”.

“(…) l’opinione pubblica avverte tutto ciò, e forse questo spiega come mai — sempre Pagnoncelli dixit — nel mese in cui l’America ha attaccato l’Iran con armi mai usate prima, e il Medio Oriente è stato sull’orlo di una guerra senza precedenti, le forze di governo hanno guadagnato 2,5 punti percentuali (…) Si chiama effetto «rally around the flag»: la gente si raccoglie quasi naturalmente intorno al proprio governo nei momenti di pericolo. E i dati record del nostro spread, diamo a Giorgetti ciò che è di Giorgetti, contribuiscono a garantire all’esecutivo un’immagine rassicurante e protettiva nelle tempeste mondiali. Soprattutto, quel sondaggio suona come una campana a morte per il «campo largo», perché se c’è una cosa su cui a sinistra non s’intendono è proprio la politica estera.

“Ma se le cose si dovessero metter male per l’Europa, in termini di crescita economica, sicurezza e autonomia, si metteranno male anche per l’Italia, e allora un forte vento dell’ovest potrebbe spazzare via la grande bonaccia politica italiana”.
Ci sia perdonata la lunghezza, ma ci sembrava corretto dare coerenza alla ricostruzione degli estratti inserendo anche la conclusione, l’unico punto che ci lascia in disaccordo con Polito perché convinti di quanto la coerenza politica di Giorgia Meloni verso gli Stati Uniti, anche prima e oltre l’Amministrazione Trump, sia il punto di aggancio migliore per la sua permanenza da Commander-in-Chief. 

E quindi? E quindi non ci resta che il “vediamo”, conferma della nostra saggezza stoica di osservatori distaccati, pronti ad accogliere con gioia quanto diceva il poeta: “Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo” (Eugenio Montale, Prima del viaggio, Satura).