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La statista Giorgia

26
Luglio 2025
Di Redazione

Dicesi “statista”, secondo la definizione della Treccani, “Uomo, donna di stato; persona che ha una profonda esperienza, teorica e pratica, dell’arte di governare uno stato”. 

Ci chiediamo: da quando scatterà l’esperienza sufficientemente profonda per definire Giorgia Meloni una vera “statista”? 

Nell’inedia politica di questi giorni di fine luglio preferiamo porci queste domande para-esistenziali, piuttosto che commentare i contorcimenti del centrosinistra per trovare una postura comune di fronte alle inchieste più o meno serie che attraversano l’Italia dei suoi Amministratori locali, un po’ come quando sei costretto a dormire con 40°, l’aria condizionata funziona male e non sai come disporti nel letto.

Parentesi: la strategia di costante differenziazione di Giuseppe Conte offre segnali di funzionamento, come certifica il sondaggio IPSOS di oggi che assegna un +1% nell’ultimo mese al M5S, a fronte di un triste -0,3% del PD. 

Non a caso Dario Franceschini, nume tutelare della saggezza PD, ha deciso di intervenire dopo lungo tempo in Senato per lanciare un messaggio di vicinanza alla Magistratura e assicurare sostegno perinde ac cadaver per bocciare il futuro referendum costituzionale sulla “separazione delle carriere”.

Come a dire: dividiamoci su tutto, ma non sulla radice “giustizialista”, perché sarà l’unico collante che potrà unirci in un’alternativa a questa destra becera e incurante delle regole costituzionali di cui siamo gli unici custodi. E poi, cari signori, chi vince le elezioni elegge il prossimo Presidente della Repubblica. Serve altro?

Ma torniamo a Giorgia, centro delle attenzioni dentro e fuori l’Italia, come certificato dalla doppietta di prime pagine di magazine internazionali: Time negli Stati Uniti e Le Point in Francia. 

Pur essendo farcita di ovvie negazioni (“non sono fascista”, “non sono contro l’Europa”, “non, non, non”), la conversazione con Time evidenzia i 4 criteri fondamentali dell’azione politica della Premier: pragmatismo, Occidentalismo & Americanismo senza tentennamenti, conservatorismo in materia di valori, ricerca della stabilità politica (al limite della stagnazione, aggiungiamo noi). 

Quattro capisaldi che dopo più di 1000 giorni al governo l’hanno portata ad essere un esempio per tutta l’Europa e un pilastro delle relazioni euro-atlantiche. Non a caso il titolo che accompagna la foto di copertina è: «Where Giorgia Meloni Is Leading Europe».

Associare le parole “Meloni” e “Europe”, connesse da “leading” come verbo che si traduce in un ruolo di guida per l’Italia in Europa, è qualcosa che non ricordiamo di aver mai visto, soprattutto a partire dalla nascita della II Repubblica 30 anni fa. 

E astenersi paragoni con Mario Draghi, “alieno” atterrato sul pianeta della politica nel 2021 forte di un contesto emergenziale e di un bagaglio di competenza, autorevolezza e relazioni personali globali senza alcun possibile metro di paragone con i politici italiani. 

Torniamo quindi alla domanda iniziale, che nasce dall’unione di vari puntini di cui le copertine delle testate internazionali sono solo l’ultimo pezzo del disegno complessivo: a quando il riconoscimento di “Giorgia” come statista? 

Quello dei suoi supporter c’è già, ovviamente, ma la curiosità risiede più nelle opinioni dei sempre più rari commentatori terzi e autorevoli. 

Nel 2008 Massimo Giannini, che per i pochi che non lo conoscessero è una firma storica di La Repubblica ed è stato anche Direttore de La Stampa, scrisse un libro dedicato a Silvio Berlusconi che si intitolava, per l’appunto, “Lo Statista”. 

Lettura interessante perché, di fronte ad una fase di successo incontestabile per il Cavaliere di quel periodo (elezioni stravinte ad aprile 2008 e sondaggi stratosfericamente positivi), anche Giannini fu costretto a delineare alcuni (pochi) tratti positivi dell’esperienza politica berlusconiana, al netto delle tante (a suo dire) nefandezze. 

A quando quindi la pubblicazione di un libro, o anche solo di un semplice editoriale, dal titolo “La statista” e riferito alla nostra Premier? E chi sarà la prima coraggiosa penna a firmarlo? 

Nel dubbio, cominciamo noi.