Salute

Storia di ordinaria pandemia

17
Novembre 2020
Di Redazione

Questa è la storia non ancora conclusa di una famiglia che ha accolto in casa l’ospite inatteso, lo tratta con rispetto e ci convive da settimane. Ancora non lo ha congedato. Ma si sa, l’ospite dopo qualche giorno inizia a maleodorare. E non ci è proprio simpatico…

Siamo in 6 e tutti ancora positivi. Dai 5 ai 73 anni. Non abitiamo in zona rossa e ve lo precisiamo, così magari siate ancora più attenti anche se abitate zone solo teoricamente a rischio più contenuto. Abbiamo sempre rispettato i dispositivi di sicurezza, selezionato le frequentazioni, lavorato da casa quando opportuno ecc. ecc. Insomma, del Covid come tutti voi abbiamo avuto il necessario rispetto misto a timore.

Caso 1 – La prima a manifestare sintomi è nonna Elvira, classe 1949, 71 anni. Sembrava una brutta influenza, ma poi i sintomi si sono protratti troppo a lungo e grazie al saturimetro ormai a portata di mano nelle nostre case (sotto quota 90) la diagnosi di Covid e polmonite interstiziale sono arrivate insieme. Ambulanza, Pronto Soccorso, Tac d’urgenza e inizio della terapia (ossigeno 30%). La tempestività delle figlie l’ha letteralmente salvata, considerato anche il fatto che soffre di diabete, una patologia che col Covid non va proprio d’amore e d’accordo. È ricoverata da quasi 10 giorni e ancora sotto ossigeno, ma ogni giorno migliora. E fa ben sperare.

Caso 2 – Sara (39 anni) per parecchi giorni ha mal di gola, spossatezza, sintomi di reumatismi alle gambe. Si occupa di Elvira senza sapere di aver a che fare col virus e non ci ha neanche badato troppo perché necessità fa virtù, ma anche forza fisica all’occorrenza. Poi negli stessi giorni della diagnosi di Elvira ha perso gusto e olfatto. Antigenico rapido e via: Covid anche per lei. Dopo oltre 15 giorni i sintomi persistono. Ma le priorità sono altre (prendersi cura della “famiglia Covid”).

Caso 3 – Nonno Massimo (73 anni e da 55 insieme ad Elvira) durante i sintomi influenzali della moglie ha continuato a lavorare più di 10 ore al giorno. Ma si sentiva molto debole e troppo sonnolente. Ricoverata Elvira arriva il tracollo: fisico e psicologico. Lo abbiamo accolto in casa, ha sofferto molto per giorni, non riuscendosi più ad alzare dal letto, con zero forza e nessun appetito. Diafasico, assente, è sembrato invecchiare di una ventina d’anni in pochi giorni (saturava 91). I posti all’ospedale intanto per i casi come il suo erano terminati e i Pronti Soccorso locali accettano solo i casi più gravi. Cala la saturazione e chiamiamo un’auto medica. Il dottore consiglia di continuare a casa la terapia. Non siamo in una situazione così preoccupante da prevedere un ricovero. Ma non facciamo i medici né siamo tipi da diagnosi “fai da te” (da evitare), perciò lasciamo fare al medico la diagnosi. Antibiotico, cortisone e molta pazienza (superato il giorno 10 dei sintomi) lo stanno facendo risorgere, recuperando un anno perso ogni mezza giornata che passa. È tornato a Rai Storia e ha versato lacrime per il film di Francesco Totti di Alex Infascelli che lo ha fatto commuovere. Sta migliorando.

Caso 4 – Pietro (5 anni). Figlio di Sara e di chi scrive. Asintomatico. E meno male! Diagnosticata la positività della mamma e dei nonni fa il tampone insieme al fratello Tommaso (12 anni). Tommaso è negativo, mentre lui è un tipo “più positivo”, con carica virale 44. Continua a chiedere: “Ho il virus?”. Il primo giorno rispondiamo: “No, hai il 44”. Poi gli spieghiamo in parole semplici la positività di tutti, ma lui continua a chiamare il virus “44” per convenzione. Non chiede se là fuori i bambini continuano ad andare a scuola, al parco o a fare sport. Per lui c’è il “44”. E quando passerà potrà tornare a scuola, al parco e a scuola di calcio a 5. Intanto aiuta la mamma e il nonno, gioca molto da solo e quasi si autogestisce.

Caso 5 – Tommaso (12 anni) lo avete letto “negativo” poche righe fa. Poi però (inevitabilmente) si positivizza e accusa sintomi come di una spossante influenza da qualche giorno. A giudicare dalla tempistica dei sintomi è l’ultimo contagiato. Riesce comunque a seguire la didattica a distanza (frequenta la seconda media) e i sintomi sono lievi, gestibili. Gioca con suo fratello, ha la carica virale/vitale più alta di tutti (99).

Caso 6 – Paolo (48 anni). Chi scrive. Ufficialmente non sono ancora positivo. Sono in attesa dell’esito di un tampone molecolare eseguito ieri, ero negativo settimana scorsa dopo antigenico. Intanto ho perso gusto e olfatto e da giorni sono spossato, con un mal di testa latente e non in forma. Mi definisco già “caso 6” perché sarei un miracolato qualora fossi ancora negativo. Comunque ho vissuto separato in casa dagli altri 5 positivi. Mangiato e dormito in solitudine ecc. ecc. Anche questa è un’indicazione per voi. Seguite alla lettera il protocollo disponibile sui siti regionali. Anche quando per deduzione vi sentite immuni, contatto di positivo o avvisate i primi sintomi.

Il Covid non è uno scherzo. Ma proviamo a scherzarci su. Agli angeli che ci portano la spesa o i medicinali a casa (parenti stretti e amici di sempre) e che ci coccolano quanto e come possono (conversazioni dal balcone in stile Giulietta e Romeo) si sono aggiunti nuovi amici: gli infermieri e i medici che ci chiamano e tengono aggiornati su Elvira ricoverata, i colleghi che ci riempiono di affettuose telefonate, persino i genitori dei compagni di classe dei nostri figli costretti anche a causa nostra a tenere i bambini a casa in isolamento fiduciario.

Siamo molto fortunati e ce ne rendiamo conto. Speriamo presto non di poter ricambiare (non sarebbe carino per chi ci aiuta), ma di supportare chi ne avrà più bisogno come abbiamo fatto offrendo la consegna a domicilio della spesa per i condomini over70 durante la prima ondata.

Nel mentre vi strappiamo una promessa: state più attenti. Perché non sapete quanto possa farci rabbia vedere dalla finestra gente che passeggia incurante senza mascherina o con la guardia abbassata.

    

Se volete inviare la vostra storia legata alla pandemia scrivete a: [email protected]

 

Paolo Bozzacchi

 

 

 

 

photo credits: reglass