Salute

Aviaria, fari puntati su parchi e allevamenti. Ma niente panico

03
Marzo 2023
Di Giuliana Mastri

Cresce il turbamento per l’influenza aviaria H5N1, che in Perù ha fatto registrare quasi 3.500 leoni marini morti. Questo giovedì, il governo peruviano ha annunciato che da novembre sono stati trovati morti almeno 3487 leoni marini in sette aree naturali, cinque volte di più rispetto a quanto riportato a metà febbraio. Dall’inizio dell’epidemia, sempre in Perù, sono morti anche almeno 63000 uccelli in 8 siti naturali protetti. «La situazione globale dell’H5N1 è preoccupante data l’ampia diffusione del virus negli uccelli in tutto il mondo e le crescenti segnalazioni di casi nei mammiferi, compresi gli esseri umani», ha affermato venerdì la dottoressa Sylvie Briand, funzionaria dell’Oms. «L’Oms prende sul serio il rischio di questo virus e sollecita una maggiore vigilanza da parte di tutti i paesi», ha concluso.

L’Italia

Per adesso i i casi di trasmissione all’uomo sono sporadici e poco rilevanti. L’impatto però sulla fauna non è da trascurare e può condizionare i settori merceologici. Per quanto riguarda l’Italia, si è ravvisata la moria di gabbiani sul Lago di Garda, poi le segnalazioni di ulteriori esemplari morti in Trentino e qualche segnalazione di positività accertata.

In Asia positivi anche gli umani

Cambogia e Cina segnalano di aver rilevato alcuni casi di H5N1 anche nell’uomo, da contatto con pollame infetto. L’intensa circolazione del virus fra gli uccelli selvatici non tranquillizza gli esperti. Questo – spiega all’Adnkronos Salute il virologo Massimo Clementi – è uno degli aspetti che impensierisce di più la comunità scientifica perché, da un punto di vista epidemiologico, i veterinari segnalano che questa infezione sta emergendo in varie specie selvatiche. Ci sono state delle segnalazioni di casi umani, soprattutto in Estremo Oriente, ma sembra che siano sempre di carattere zoonotico (da animale a uomo). L’assenza di trasmissione da uomo a uomo è stata per esempio confermata dalle autorità sanitarie della Cambogia. Finché le cose stanno così, e non c’è infezione interumana, ovviamente va relativamente bene», osserva Clementi, che ha diretto per anni il Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano. «C’è però sempre il rischio che l’infezione possa passare da un ambiente selvatico, come quello appunto del lago di Garda, a un ambiente che coinvolga anche i nostri allevamenti. In termini di trasmissione all’uomo per il momento non c’è niente di concreto, se non appunto casi sporadici. Però è una situazione da tenere assolutamente sotto monitoraggio», ha sottolineato Clementi.

Per adesso il nostro Paese è tranquillo. E si sa dove andare a guardare in base ai possibili pericoli. Chiara la strategia per Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali dell’Irccs Negrar a Verona: «Dobbiamo monitorare e avere più dati possibili, essere pronti se le condizioni dovessero cambiare rapidamente. Dopo i casi umani di influenza aviaria in Cina e il decesso dei gabbiani sul Lago di Garda e in Trentino, occorre rafforzare la sorveglianza negli allevamenti o nei parchi cittadini, dove ci sono diverse specie di volatili. I dati possibili ci permettono di fare una fotografia della realtà ed essere pronti se le condizioni dovessero cambiare rapidamente».