Salute

Farmaci nel mirino: le tariffe USA minacciano la tenuta dell’export europeo

08
Ottobre 2025
Di Giampiero Cinelli

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Le politiche commerciali di Trump stanno rallentando il commercio mondiale ma non lo stesso Trump, che ha annunciato nuove tariffe doganali su vari prodotti tra cui quelli farmaceutici. La data dell’entrata in vigore quella del primo ottobre, anche se, come abbiamo osservato, per iter del genere ci vogliono giorni di assestamento. Inutile dire quanto lo spettro di un’aliquota del 100% per i medicinali preoccupi enormemente consumatori e addetti. La questione è a tutti gli effetti di sicurezza e l’amministrazione USA intende mitigarla ad un patto: che le aziende pharma europee portino oltreoceano nuovi stabilimenti produttivi.

Sulla vicenda le fonti non hanno ancora ufficialità, eppure sembra che l’Unione europea debba riuscire a mantenere invariata la tariffa sui farmaci, fissata al 15% nell’accordo tra Bruxelles e Washington. Il 28 settembre, infatti, avevamo appreso dalle agenzie che “l’amministrazione Trump è pronta a rispettare il tetto tariffario del 15% sulle importazioni di prodotti farmaceutici dall’Ue e dal Giappone, offrendo un significativo sollievo dall’imposta del 100% sui farmaci annunciata dal presidente degli Stati Uniti”. Lo riportava un articolo pubblicato dal Financial Times. I farmaci generici, che rappresentano la maggior parte delle importazioni negli Stati Uniti, erano esenti dall’imposta. A differenza di molti precedenti annunci tariffari della Casa Bianca, l’imposta sui prodotti farmaceutici era stata ampiamente attesa. Ad aprile – ricorda FT – l’amministrazione Trump aveva avviato un’indagine sulla sicurezza nazionale sui prodotti farmaceutici, facendo prevedere l’arrivo di nuove tariffe.

C’è un aspetto chiave che spiegherebbe il perché del tutto invariato tra Europa e Stati Uniti, si chiama sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962. Il dispositivo prevede indagini sul settore interessato da possibili dazi. Qualora non vengano riscontrati particolari pericoli per la sicurezza e l’approvvigionamento degli Stati Uniti, il Presidente deve quindi valutare l’entità delle restrizioni, in questo caso moderate. Il Commissario europeo per il Commercio e la sicurezza Maros Sefcovic ha ricordato che «avevamo già indagini in corso in base all’articolo 232, pertanto i prodotti farmaceutici, il legname e i semiconduttori sono stati inseriti in questa categoria. Ci aspettiamo che questo impegno venga rispettato». Le tariffe ad ogni modo esistono già e iniziano a farsi sentire anche se dagli Usa si parla di effetti non particolarmente gravi in termini di prezzo finale. Ma cosa succederebbe se Donald Trump decidesse di portare il dazio sui farmaci fino al 30%? Secondo le proiezioni di Farmindustria e CGA Mestre, un incremento compreso tra il 25% e il 30% potrebbe generare un impatto superiore ai 4 miliardi di euro, con circa 2,5 miliardi di costi diretti per le aziende italiane in caso di misure reciproche.

A ciò si aggiungerebbe il rischio di un effetto domino lungo tutta la catena del settore sanitario, con conseguenti aumenti dei prezzi dei medicinali che finirebbero per gravare su pazienti, sistema sanitario pubblico e compagnie assicurative. Potrebbe forse mitigare il danno, per i produttori europei, il fatto che una prescrizione su 10 negli Stati Uniti riguarda farmaci di marca; la stragrande maggioranza riguarda farmaci generici, molto più economici e non interessati da questi dazi, fa notare Nbc News, dove si spiega che, se i pazienti vedranno o meno aumenti di prezzo dipenderà da quante case farmaceutiche riceveranno esenzioni e se le aziende sceglieranno di trasferire tali costi ai pazienti al banco della farmacia. Per ora, appunto, la situazione è sotto controllo.