Politica
La violenza come questione economica: senza reddito e servizi le donne restano intrappolate
Di *Vittoria Ferdinandi
*(Articolo di Di Vittoria Ferdinandi, sindaca di Perugia e delegata Anci per le Pari opportunità, pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Quando parliamo di violenza sulle donne rischiamo di ripeterci, parole di cordoglio, parole di condanna, parole di impegno. Ma la verità è che le parole, da sole, non bastano più. La violenza contro le donne continua a mostrare il suo volto crudele e spesso viene ancora raccontata come un dramma privato. In realtà è un fenomeno strutturale, che parla di potere, di disuguaglianza e, profondamente, di economia. Quando una donna non può lasciare una relazione violenta perché non ha un reddito proprio, quella non è una scelta, è una prigione. La dipendenza economica è una delle catene più forti che tengono molte donne dentro rapporti segnati dalla paura. E troppo spesso questa dipendenza non nasce solo dalla violenza, ma da un sistema che continua a penalizzare il lavoro femminile.
In Italia le donne guadagnano meno, hanno carriere più fragili, più contratti precari, più part time non scelto. E su tutto pesa la maternità. Circa una donna su cinque lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio, e la quota cresce dopo il secondo. Non per mancanza di volontà, ma per mancanza di servizi, di nidi accessibili, di supporto familiare, di un’organizzazione sociale che permetta davvero di conciliare vita e lavoro. Così la maternità, che dovrebbe essere un tempo di libertà, rischia invece di diventare un fattore di dipendenza economica e di vulnerabilità.
È in questo intreccio tra divario retributivo, precarietà e carichi familiari non condivisi che si radica la violenza economica, quella forma spesso invisibile di abuso che passa dal controllare il denaro al limitare l’accesso a un lavoro, fino a decidere ogni spesa. Dove c’è disuguaglianza economica aumenta il rischio di violenza e diminuiscono le possibilità di uscirne. E questo ha un costo per tutta la collettività, sanità, giustizia, servizi sociali, perdita di produttività, rinuncia al talento di milioni di donne. Ogni progetto interrotto, ogni percorso spezzato non è solo una vita ferita, è una ricchezza che il Paese perde.
Per questo, da delegata nazionale ANCI alle pari opportunità, sento il dovere di dirlo con chiarezza, la lotta alla violenza di genere è una grande questione economica e politica. Non riguarda solo l’emergenza, ma il modo in cui costruiamo bilanci, welfare, priorità pubbliche. Non ci sarà crescita reale finché milioni di donne resteranno ai margini dell’autonomia economica.
Servono più servizi educativi, più stabilità lavorativa, più sostegno alla maternità libera e non penalizzante. E serve potenziare gli strumenti già esistenti. Il Reddito di Libertà è il primo presidio economico per una donna che decide di uscire dalla violenza, e va rafforzato, reso stabile, garantito e tempestivo. Nessuna deve essere lasciata senza un sostegno concreto proprio nel momento in cui trova il coraggio di dire basta.
Accanto al reddito servono casa, formazione, lavoro, trasporti, una rete territoriale forte. Ogni euro investito in autonomia femminile non è una spesa assistenziale, è un investimento in sicurezza, coesione e sviluppo. Le città e i comuni possono e devono essere la prima linea di questa infrastruttura di libertà, insieme ai centri antiviolenza e alle realtà sociali.
Ma serve anche un cambiamento culturale profondo. Finché la cura sarà considerata un destino femminile, finché la maternità sarà un rischio per il lavoro, finché il reddito delle donne verrà trattato come accessorio, la violenza troverà spazio. Dobbiamo riconoscere che non c’è libertà senza autonomia economica e non c’è sicurezza se una donna non ha i mezzi per decidere della propria vita.
Oggi non chiediamo solo indignazione. Chiediamo scelte coraggiose, politiche che mettano al centro la dignità e i diritti, istituzioni capaci di accompagnare ogni donna nel momento più fragile del suo percorso. Chiediamo un Paese che riconosca nella parità il proprio futuro.
La violenza si può prevenire. E la strada passa dal lavoro, dalla cura condivisa, dall’autonomia. Passa dal garantire a ogni donna la possibilità, concreta e quotidiana, di scegliere la propria vita.





