Politica

Riforma della giustizia, secondo sì in Senato: separazione delle carriere e scontro aperto tra i partiti

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Luglio 2025
Di Ilaria Donatio

Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti, il Senato ha approvato in seconda lettura la riforma costituzionale della giustizia. Un provvedimento fortemente voluto dal ministro Carlo Nordio e dalla maggioranza, che mira a introdurre la separazione netta tra i giudici e i pubblici ministeri.

Il testo modifica l’articolo 104 della Costituzione, prevedendo due carriere distinte all’interno della magistratura, accessibili attraverso concorsi separati fin dall’inizio. Non sarà più possibile, come avviene oggi, passare da una funzione all’altra entro i dieci anni dall’assegnazione.

La riforma ridisegna anche l’assetto istituzionale del Consiglio Superiore della Magistratura, che si sdoppia: nasceranno due Csm autonomi, uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente. Cambiano i criteri di composizione: un terzo dei membri sarà sorteggiato da un elenco predisposto dal Parlamento, i restanti due terzi selezionati tra magistrati che rispettano requisiti di esperienza. Entrambi i Csm saranno presieduti dal presidente della Repubblica.

Ma a far discutere è soprattutto la perdita della funzione disciplinare, che verrà affidata a una nuova Alta Corte. Composta da 15 membri, l’organo avrà competenza esclusiva nei procedimenti contro i magistrati. Sarà composta in maggioranza da togati, ma con la presidenza affidata a un membro laico eletto tra i non magistrati.

Secondo i proponenti, l’obiettivo è rafforzare l’indipendenza e l’equilibrio tra poteri, mettendo fine a una “confusione di ruoli” che – nelle parole del vicepremier Tajani – «non può più essere tollerata in uno Stato di diritto». Forza Italia ha celebrato l’approvazione come una “vittoria berlusconiana postuma”: «Silvio ci credeva dal 1994, oggi realizziamo un suo sogno», ha detto il capogruppo Gasparri.

Di tutt’altro avviso le opposizioni. Il M5S ha parlato di “riforma P2”, con Giuseppe Conte che accusa: «Vogliono una giustizia su misura per i potenti». Il PD ha sventolato in aula la Costituzione, denunciando il rischio di uno squilibrio sistemico. L’ANM ha definito la proposta “pericolosa e addomesticante”.

La riforma prosegue ora il suo iter parlamentare: mancano ancora due letture, una alla Camera e una ulteriore al Senato. Se il testo non verrà approvato con i due terzi dei voti, sarà sottoposto a referendum confermativo. La maggioranza si dice pronta anche a questa eventualità. Intanto, una cosa è certa: la riforma della giustizia è entrata nel vivo. E con essa, anche la battaglia politica.